È morto Papa Francesco, il riformatore che ha parlato al cuore dell’umanità
Il Pontefice si è spento in Vaticano all’età di 88 anni. Figura carismatica e rivoluzionaria, ha lasciato un segno profondo nella storia della Chiesa e nel cuore di milioni di persone. La causa della morte è legata alle complicanze di una broncopneumopatia cronica ostruttiva. Il mondo infermieristico lo ricorda con commozione.
Roma – Papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio, è morto oggi in Vaticano all’età di 88 anni. La sua scomparsa lascia orfana la Chiesa di una delle figure più amate, discusse e rivoluzionarie degli ultimi secoli. Il primo Papa sudamericano, il primo gesuita sul soglio di Pietro, il “Papa venuto dalla fine del mondo”, come si era definito nel giorno della sua elezione nel 2013, ha scritto pagine straordinarie di Vangelo vissuto e di cura verso gli ultimi.
Il peso della malattia
Negli ultimi anni, Francesco ha affrontato molteplici sfide di salute. Tra queste, la più grave è stata una broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), una malattia polmonare progressiva che limita il flusso d’aria nei polmoni. Questa patologia, spesso causata da pregresse infezioni respiratorie, fumo o inquinamento, si manifesta con tosse cronica, produzione di muco e difficoltà respiratorie. Nella fase terminale, la malattia può causare una grave insufficienza respiratoria, esponendo il paziente a infezioni acute e a un peggioramento rapido delle condizioni cliniche.
Il legame profondo con gli infermieri
Papa Francesco ha sempre avuto parole di profonda stima per gli operatori sanitari, in particolare per gli infermieri. Nel pieno della pandemia, in un messaggio indirizzato agli infermieri di tutto il mondo, disse:
“Siete immagini della Chiesa come ‘ospedale da campo’, che continua l’opera di Gesù Cristo, il quale si è chinato sull’umanità sofferente per guarirla.”
Nel 2021, parlando al Consiglio Internazionale degli Infermieri, aggiunse:
“La pandemia ha messo in luce quanto la vostra professione sia fondamentale per la cura della salute. Non solo per le competenze tecniche, ma per il cuore, per l’umanità con cui vi prendete cura delle persone.”
E ancora, in un gesto di commovente umiltà, confidò:
“Un infermiere mi ha salvato la vita”, ricordando quando, da giovane, fu convinto a cambiare medico da un infermiere argentino, evitando complicazioni fatali per una polmonite.
Un’eredità che supera i confini religiosi
Papa Francesco ha saputo parlare al mondo con un linguaggio semplice, profondo, spesso poetico. La sua attenzione verso i malati, i poveri, i migranti, le vittime di guerra, ha ridisegnato il volto della Chiesa, rendendola più prossima, più umana. Ha abbracciato con lo stesso amore bambini e carcerati, leader mondiali e persone dimenticate. Ha camminato con chi soffre e parlato per chi non ha voce.
L’abbraccio della comunità sanitaria
Il mondo infermieristico, che il Papa ha sempre chiamato “prossimità incarnata”, lo ricorda oggi con immensa gratitudine. In un tempo segnato da emergenze sanitarie e fragilità, Francesco ha fatto sentire agli operatori della salute che il loro lavoro è vocazione, è missione, è vangelo vissuto:
“La vostra è una vocazione: non solo un mestiere, ma una dedizione alla vita, ogni giorno, ogni notte, con pazienza e compassione.”
Un addio che è seme di speranza
Papa Francesco lascia in eredità un’immagine di Chiesa che ascolta, che accompagna, che si prende cura. Il dolore per la sua perdita si unisce alla speranza che il suo esempio continui a ispirare generazioni di credenti e non credenti, operatori della salute e semplici cittadini. Perché, come amava ripetere:
“La realtà si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie.”
E oggi, da ogni periferia del mondo, si leva un grazie.