Le “anzianuove†proposte IPASVI
introduzione di Chiara D'Angelo
E’ sarcastico il commento di Patrizia Leoni in merito alla proposta IPASVI di ampliamento delle competenze infermieristiche. Sarcastico, pungente, ma tremendamente concreto. Una concretezza che muove da considerazioni fondate sull’osservazione della realtà, quella delle corsie, delle strutture sanitarie dove ogni giorno gli infermieri svolgono la loro opera, con passione e con l’ardente desiderio di affrancarla dal mansionismo.
Ma l’infermiere “generalista” incombe su di loro, pronto a riportarli nel mansionario, a spartirsi i compiti con gli OSS, assurti a professione. 13 anni di studio e una laurea per portare padelle e cambiare pannoloni, dice Patrizia. Una bella conquista, non c’è che dire. Ma c’è sempre la possibilità di migliorare, con perfezionamenti, master e, per i più audaci (o per coloro che troveranno aperte porte ad altri precluse?) la laurea magistrale.
Leoni si rivolge al team di esperti che hanno ideato la proposta per farsi chiarire le idee, per farsi dire che la sua visione è distorta, negativa, che la proposta, che trae spunti da argomentazioni ormai ultratrentenni, è la svolta che gli infermieri attendevano. Forse... ma forse assomiglia più alla svolta che attendevano trent’anni fa e che non è mai venuta, mentre oggi le esigenze probabilmente sono altre. Solo le “intelligenze esperte” rimangono sempre le stesse.
Il Mondo sta cambiando, ci piaccia o no...
di Patrizia Leoni
Si continua a difendere, a spada tratta, la proposta della FNC IPASVI, sia da parte del gruppo di “super-esperti” coordinato dalla senatrice Silvestro e che giustamente fa da portavoce (mi chiedo: il titolo di coordinatore di questa proposta non dovrebbe spettare al Presidente IPASVI?) e da coloro, pochi, che sognano un piccolo posto al sole.
Le tante testimonianze arrivate dai colleghi infermieri sembra non abbiano scalfito minimamente il loro carapace così ispessito da tanti anni di “esperienza sul campo”.
Provo quindi a rivolgermi a questo gruppo di esperti e a chi, dei nostri colleghi, cerca di far passare questa proposta come la panacea per tutti i mali.
- l’infermiere generalista, “core” della professione infermieristica ha la possibilità di svolgere le “mansioni” di manovale del reparto, ma solo dopo aver conseguito la laurea triennale o da chi ha conseguito un titolo equipollente. Costui è una persona che ha studiato 13 anni, deve superare un concorso per poter accedere al corso di laurea in infermieristica, dovrà poi sostenere un esame di abilitazione e acquisterà così il titolo di dottore, che non significa certo medico, ma “dotto in”, cioè preparato per quella professione e, dopo un’iscrizione all’albo, si troverà finalmente a sbattersi tra padelle, pannoloni, rifacimento letti, passaggio del vitto ed poco altro visto che deve sopperire a tutte queste incombenze.
In una Sanità che ha sempre più bisogno di “saperi” approfonditi, si vuole tornare agli infermieri tuttologi? Ma sapere tutto non equivale a non sapere niente?
Qual' è la differenza tra infermiere e OSS? Rispondo io: nella quotidianità l’infermiere può firmare l’avvenuta somministrazione della terapia e assumersi responsabilità davanti alla giustizia, mentre all’OSS questo non è permesso. Per il resto, anche a livello economico, le due “professioni” si equivalgono, tanto che nei periodi di vacanza, i coordinatori chiedono proprio agli infermieri di sostituire gli OSS. Ho intenzionalmente definito professione quella dell’OSS perché così la definisce la FNC IPASVI.
Strano questo Infermiere, che per la legge italiana viene definito il responsabile dell’educazione, prevenzione, cura e riabilitazione……
Il secondo infermiere in gioco è l’infermiere perfezionato, e gli esperti ci fanno degli esempi altamente chiarificatori: egli si occuperà della gestione del catetere venoso (chi li ha gestiti fino ad oggi?) oppure sarà un bed manager, parole ridondanti per dire che, un infermiere seduto nello stanzino delle scope, cercherà dei posti letto liberi nei reparti…..
Ed ecco il turno dell’infermiere con master. Non ho compreso cosa farà e quali saranno i master ai quali potrà accedere e se verranno riconosciuti quelli già in possesso degli infermieri….
In ultimo, et voilà, il grande eroe della situazione: l’infermiere con laurea magistrale, che va rivista, perché dovrà specializzarsi in una o più delle sei aree previste dalle normative. Cosa dovrà farsene delle specializzazioni questa figura?
A questo punto voglio sottoporre a lor signori delle domande, scusandomi anticipatamente se in questo modo li obbligo a scendere al mio livello, ma avranno per sempre la mia gratitudine per le delucidazioni che vorranno elargire.
Nessun professionista ha mai dimostrato, come hanno fatto gli infermieri negli ultimi anni, di voler crescere intellettualmente oltre che professionalmente. A dimostrazione di ciò che affermo, molti colleghi che avevano già un titolo che permetteva loro di esercitare, infatti, sono tornati a studiare per laurearsi (Chapeau al loro grande coraggio e spirito di sacrificio). Quindi sicuramente tutti gli infermieri vorranno completare il loro percorso di studi, ma al tempo stesso si avrà bisogno del maggior numero possibile di infermieri generalisti. In quale modo si intendono bloccare gli studi a questi colleghi? Dopo i primi anni, quando si avrà un’inflazione dei dirigenti infermieristici, si limiterà sempre di più il numero di accessi ai vari corsi? Tornerà, come già successo in passato, un numero minimo di anni di lavoro, senza aver raggiunto il quale, l’infermiere non potrà accedere al livello di studi successivo? In che modo si potrà giustificare questa diseguaglianza? Non è incostituzionale chiedere di non terminare il corso di laurea perché c’è bisogno di manovalanza? I medici ci forniscono un esempio concreto di come vengono gestite le specializzazioni in Italia. Essi, però, hanno già una laurea magistrale che elargisce loro la dignità professionale che meritano e che a noi, ancora una volta, vuole essere negata.
A questo punto i giovani infermieri generalisti che vorranno completare il loro percorso di studi, dovranno rivolgersi al resto d’Europa come succede sempre più spesso? E tornati in Italia verranno poi riconosciuti gli studi compiuti in un altro Stato?
Visto il voler per forza rifarsi a qualcun altro, allora questi infermieri generalisti dovrebbero frequentare un corso di formazione al di fuori dell’università, proprio come succede nella maggior parte degli Stati.
La Silvestro ha voluto sottolineare, in una intervista, che si parla di livelli formativi non gerarchici. Per l’appunto nella formazione non c’è gerarchia. Ma quando si entra nel mondo del lavoro italiano, la parola dirigente, cioè colui che permette ai professionisti di lavorare nel miglior modo possibile, risolvendo i problemi a monte, si trasforma in realtà in: “classe dominante su un gruppo di lavoratori”. Inoltre basta gettare un’occhiata alla proposta, per notare chiaramente che si tratta di un organigramma che per definizione è il principale strumento, a livello macro, di formalizzazione della reale gerarchia organizzativa di un’azienda. Esso è, infatti, la rappresentazione grafica della struttura organizzativa finalizzato a rappresentare la dimensione verticale dell’organizzazione, identificando chiaramente le relazioni di sovra o subordinazione, per l’appunto le gerarchie. Mi sarei invece dovuta trovare davanti ad un Funzionigramma con dimensione orizzontale che determina l’ambito di attività attribuito, articolazione/attribuzioni di attività, compiti, funzioni, competenze, responsabilità tecnico-scientifica.
Inoltre sempre nella proposta si parla di un professionista con “mansioni”. Spero che in questo errore non ci sia la volontà di non voler definire funzioni il lavoro svolto dagli infermieri.
Per la stesura del documento quadro, su stessa ammissione degli esperti, vengono riprese definizioni e proposte risalenti al 1980, quindi a ben trentacinque anni fa. Possibile che da allora il mondo non si sia evoluto e magari sia stato effettuato un qualche altro studio in proposito?
Scusate se mi permetto, ma quando si parla del rapporto tra competenza esperta ed avanzata, sento una stonatura nel verbo “negoziare” quando ci si riferisce ai dirigenti infermieri.
In attesa di risposte esaustive alle mie umili domande, mi rifaccio ad una frase di Paul Graham che dice: “Diffidate dei cosiddetti esperti perché sono probabilmente esperti di una versione obsoleta del mondo”.