Infermiere denuncia condizioni di lavoro pericolose e inadeguate durante l’emergenza covid. L’ASL lo querela.
Gabriele Montana segretario territoriale NurSind di Asti ha vissuto le paure dei colleghi raccogliendo le segnalazioni di centinaia di infermieri e operatori sanitari che non trovavano alcuna risposta da parte dei vertici aziendali.
“Insolito vedere il vertice di una azienda sanitaria decidere di querelare un sindacalista, in questo caso un infermiere, rappresentante del NurSind, per un fatto comune alle consuetudini delle dinamiche e alle controversie delle relazioni sindacali, per una questione, tra l’altro, abbastanza marginale rispetto alle evidenti e gravi criticità denunciate nei mesi vissuti da noi infermieri a causa dell’emergenza covid-19”: dichiara Francesco Coppolella segretario regionale del NurSind Piemonte.
Ancora più insolito se questo viene fatto nonostante una chiara e netta rettifica come spesso accade da entrambi le parti nelle dinamiche delle relazioni e dei conflitti sindacali.
Stiamo parlando di un collega che prima di essere un sindacalista è innanzitutto un infermiere, che ha lavorato nei reparti covid, è sposato con un’infermiera (anch’essa impegnata nei reparti covid) ed ha una figlia piccola che per mesi non hanno potuto vedere. Parliamo di un collega che ha vissuto sulla propria pelle il dramma, la paura, il sacrificio, il disagio raccontato da tutti in questi mesi.
Un collega che mentre viveva il suo dramma, essendo anche rappresentante dei lavoratori, ha dovuto raccogliere e vivere anche il dramma, le paure e soprattutto le segnalazioni da parte di centinaia di infermieri ed operatori sanitari che non trovavano alcuna risposta da parte dei vertici aziendali.
Anche ad Asti, come in tutta la regione, NurSind – il sindacato delle professioni infermieristiche – non ha fatto mancare il proprio sostegno a chi era in prima linea rivendicando prima e denunciando poi, attraverso tutti gli strumenti a disposizione, le difficili condizioni di lavoro.
Forse qualcuno ha già dimenticato, noi no. Non abbiamo dimenticato che ci è stata abolita la quarantena preventiva per legge, non abbiamo dimenticato di aver lavorato senza dispositivi di protezione individuale, non abbiamo dimenticato di non essere stati sottoposti a tampone, non abbiamo dimenticato di non avere avuto una sorveglianza sanitaria, non abbiamo dimenticato l’assenza di percorsi “sporco/puliti”, non abbiamo dimenticato di essere diventati untori dei nostri pazienti, familiari, infine non abbiamo dimenticato i nostri morti, i nostri malati e una percentuale di contagiati elevatissima.
Di fronte a tutto ciò non ci siamo sottratti alle nostre responsabilità di professionisti ma neanche a quelle di rappresentanti sindacali degli infermieri avendo il dovere di tutelare i diritti e la sicurezza di chi era in prima linea, ma anche quella dei cittadini in un momento particolarmente delicato dove le decisioni cambiavano di ora in ora e di conseguenza anche le nostre rivendicazioni.
Deve forse pagare il nostro rappresentante il fatto di aver rilasciato dichiarazioni e aver denunciato situazioni e condizioni di lavoro pericolose e inadeguate fondate su fatti reali che hanno avuto rilevanza nazionale? Deve forse pagare il nostro rappresentante il fatto di aver avuto il coraggio di esporsi a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori e dei cittadini?
Non voglio entrare in merito all’azione giudiziaria della quale si occuperanno i nostri legali, ma mi pare di poter affermare che qui è in gioco la libertà di difesa dei diritti dei lavoratori, la libertà di rappresentanza. La gestione dei conflitti tra le parti è altra cosa, a meno che non si voglia colpire pesantemente la persona che dalla prima linea ha tentato di rivendicare i diritti degli infermieri, a differenza di chi, da dietro ad una scrivania, invece di dare risposte pianificava querele.
I fatti descritti e raccontati nel presente comunicato indicano come un’azione che spesso si verifica nelle controversie sindacali, frutto di una interpretazione (tra l’altro rettificata più volte e del tutto marginale a fronte di tutto quello che è successo) trovi in questo caso una volontà diversa da quella di voler risolvere i problemi e gestire i conflitti.
“Noi continueremo per la nostra strada, non ci faremo tappare la bocca”: conclude il rappresentante regionale dell’organizzazione.
Approfitto per dire che ad oggi i premi promessi in Piemonte non sono ancora arrivati, neanche un euro, nonostante le rivendicazioni, le manifestazioni e soprattutto le promesse. E’ arrivata però una querela per chi queste cose le ha chieste in rappresentanza di migliaia di infermieri e per la quale abbiamo dato mandato all’avv. Olindo Cazzolla, che è stato incaricato direttamente dalla sede NurSind nazionale.
Tra le tante importanti criticità rivendicate e denunciate dal NurSind ad Asti con ampia rilevanza, anche di carattere nazionale, la colpa del nostro rappresentante secondo chi ha presentato querela è stata quella di aver dichiarato sull’organo di informazione del sindacato (Infermieristicamente online), all’interno di un più ampio articolo, che l’Asl di Asti aveva eliminato le indennità di rischio radiologico agli strumentisti e agli infermieri di anestesia chiamati a prestare servizio nei reparti covid. Una dichiarazione derivante proprio dalla preoccupazione che si verificasse tale ipotesi a danno di questo personale – già soggetto a rischio radiologico – nel caso di trasferimento presso i reparti covid.