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Studenti in infermieristica. Un futuro opaco a partire dai banchi dell’università

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La Redazione
Pubblicato il: 31/05/2022

Lettere alla Redazione

Gentile Redazione,

scrivo così di getto, un po' amareggiata, per una professione che mi accingo a svolgere in futuro (sono una studentessa del secondo anno di infermieristica), ancora un po' bistrattata, se pensiamo al fatto ad esempio che ancora sopravvive il vecchio retaggio per il quale l’infermiere è un “sottoposto” del medico.

Si  stenta ancora a parlare di equipe multidisciplinare, ma persistono le gerarchie. Infermiere, medico e OSS sono tre figure professionali diverse, con una formazione alle spalle differente ma che collaborano per un unico fine: il benessere dell’assistito. Preciso però “diverse” perché ultimamente la regione Veneto ha istituito una nuova figura, un po’ borderline, il super-OSS o OSS-S (con 3 S). Per chi non lo sapesse è un OSS che può svolgere attività in più rispetto a quelle previste (Ad esempio la terapia intramuscolare e sottocutanea), svolte sotto la supervisione infermieristica. Penso che la regione Veneto, con questa nuova figura, abbia contribuito alla svalutazione degli infermieri più di quanto lo siano di già. 

Svalutazione che parte già dall’università, per la quale servirebbero modifiche alla didattica ed ai  tirocini, serve evoluzione. 

Il tirocinio del primo anno del corso di laurea, nella maggior parte delle università italiane, è incentrato sull’apprendimento delle mansioni igienico-alberghiere ad esempio. Solo durante il tirocinio del secondo anno puoi iniziare a svolgere procedure infermieristiche. Il problema è che ti sei “perso” quasi un anno. E due anni (2 e 3 anno) non bastano per acquisire  giusta manualità. Tanti infermieri neo-laureati non si sentono pronti a lavorare in autonomi.

Dopo la triennale si può continuare con la Magistrale, il cui percorso ha sbocchi ancora rari e poco riconosciuti o decidere di frequentare un master, dove tranne quello per le funzioni di coordinamento, nessuno di quelli offerti, dal wound care all’ecografia, non sono riconosciuti, e quindi non spendibili negli ospedali.

Non va meglio una volta presa la laurea, stipendi più bassi d’Europa, nessuna possibilità di carriera, carichi di lavoro sempre maggiori, è conseguenza naturale, quanto emerso da recenti studi e sondaggi, ovvero che il 33% degli infermieri italiani desidera abbandonare la professione.

Da semplice studentessa sono numeri che mi spaventano. 33 persone su 100 sono tante, troppe. 

Se non rivalutiamo sia sul piano economico sia sul piano professionale questa figura, il pilastro nella sanità, la qualità dei servizi sanitari erogati si abbasserà notevolmente in quanto il numero degli infermieri in Italia sarà sempre più ridotto e quei pochi che ci saranno, dunque lavoreranno in condizioni inaccettabili e saranno meno motivati visto anche l’irrisorio stipendio che percepiscono. Questo circolo vizioso che ormai è già partito, deve essere necessariamente fermato. Serve un cambio di rotta.

 

Chiara Tomei, studentessa di Infermieristica al secondo anno