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Infermieri e medici in pensione anticipata con 36 notti all’anno. Cos prevede il DDL del M5S

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 23/05/2024

AttualitàParlamento

In Italia, sono circa 700.000 le persone  impiegate nel settore sanitario, un comparto che è una parte essenziale del sistema di servizi socio-sanitari, che comprende strutture pubbliche, accreditate e private.

Nonostante il loro ruolo cruciale, solo alcuni professionisti del settore sanitario sono riconosciuti tra coloro che svolgono i cosiddetti "lavori gravosi", secondo il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 5 febbraio 2018.

Non rientrano invece affatto tra i lavori "usuranti" previsti dal decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67. In effetti, le disposizioni sui lavori usuranti includono i lavoratori, che prestano servizio notturno per almeno 6 ore in 78 notti all'anno, oppure per chi lavora nella fascia oraria 24:00-05:00 per tre ore ogni notte durante tutto l'anno lavorativo.

Durante la pandemia, l'impegno fisico e mentale del personale sanitario è diventato evidentissimo, ma già da anni medici e infermieri affrontano un carico di lavoro superiore ai normali turni.

Uno studio del Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (Cergas) della Bocconi evidenzia che l'11,8% del personale delle Aziende sanitarie locali e degli ospedali – e circa il 16% degli infermieri – presenta inidoneità fisiche che ne limitano le mansioni. Di questi, il 7,8% presenta inidoneità parziali permanenti e lo 0,4% inidoneità totali. Le donne risultano più colpite rispetto agli uomini (79,6% contro 20,4%). Le inidoneità aumentano con l'età, passando da meno del 4% tra i 25 e i 29 anni, al 24% tra i 60 e i 64 anni, con picchi del 31%.

Le inidoneità riguardano principalmente la movimentazione dei carichi (49,5%), le posture (12,6%) e il lavoro notturno e la reperibilità (12%).

Queste limitazioni rappresentano un significativo ostacolo all'organizzazione del lavoro, con un impatto destinato a crescere con l'invecchiamento del personale. È un tema cruciale non solo per la tutela della salute dei lavoratori, ma anche per la funzionalità delle strutture sanitarie e la qualità dell'assistenza ai pazienti.

Tradizionalmente, i casi di inidoneità sono stati gestiti con pensionamenti anticipati, trasferimenti dal territorio all’ospedale e ricollocazioni in uffici amministrativi. Tuttavia, queste soluzioni non sono più sostenibili. Medici e personale sanitario, che svolgono mansioni operative e turni notturni da 2 a 4 volte al mese, difficilmente raggiungono le 78 notti annue richieste dal decreto legislativo n. 67 del 2011.

Per questo motivo, il ddl presentato dal Sen. Mazzella Orfeo (M5S) e assegnato alla Commissione Affari Sociali in sede redigente e in sede consultiva alle Commissioni Affari Costituzionali e  Bilancio, ritiene opportuno ridurre questo requisito a 36 notti all'anno. Il nuovo disegno di legge modifica l'articolo 1 del decreto legislativo n. 67 del 2011, abbassando il numero di notti necessarie per accedere al pensionamento anticipato, mantenendo però il requisito di un'anzianità contributiva non inferiore a 35 anni.

 

Art. 1. Modifica al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67 All'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1), del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, sono aggiunte le seguenti parole: “nonché per un numero di giorni lavorativi non inferiore a 36 all'anno per il personale medico, sanitario di cui alla legge 1° febbraio 2006, n. 43, e sociosanitario che matura i requisiti per l'accesso anticipato dal 1° luglio 2020”.

Art. 2. Copertura finanziaria All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede a valere sulle risorse del Fondo di cui all'articolo 1, comma 3, lettera f), della legge 24 dicembre 2007, n. 247.

Questa riforma mira a riconoscere concretamente il valore e la fatica del lavoro sanitario, adeguando la normativa alla realtà quotidiana di questi professionisti.