Errori infermieristici e mancata segnalazione: studio delle dinamiche individuali e sistemiche
Paura, pressione, solitudine: cosa impedisce la segnalazione degli errori nelle corsie ospedaliere?
Gli errori assistenziali esistono, ma spesso non vengono raccontati. Il vero rischio? Non è sbagliare. È far finta che non sia successo.
Mentre molto è stato studiato sulle cause cliniche degli errori nei diversi contesti sanitari, resta ancora poco esplorato il comportamento degli infermieri di fronte all’errore assistenziale: come lo percepiscono, cosa li spinge a tacerlo.
Studi recenti condotti in Iran, Turchia ed Egitto mettono in evidenza un problema sistemico: errori frequenti, spesso con gravi conseguenze per i pazienti, e un tasso di segnalazione ancora troppo basso. Nelle terapie intensive, ambienti ad alta complessità e pressione emotiva, il rischio cresce. Circa il 40% degli errori documentati in uno studio egiziano ha causato danni significativi o morte.
Errori assistenziali: oltre la definizione
Gli errori assistenziali includono omissioni di cura, errori di intervento, documentazione errata, monitoraggio inadeguato. Non c’è ancora una definizione condivisa a livello globale, e questa confusione rende difficile misurarli e prevenirli in modo efficace.
La letteratura si è concentrata soprattutto sugli errori di somministrazione dei farmaci, ma le criticità reali sono molto più vaste. Un errore può derivare da fallimenti del sistema, dell’ambiente, della tecnologia o delle persone. Ignorarlo o non segnalarlo amplifica il danno.
La cultura della paura
La vera emergenza è culturale.
In un’indagine su infermieri iraniani di terapia intensiva, sono emerse quattro barriere principali alla segnalazione degli errori:
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paura di rovinarsi la reputazione,
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paura di conseguenze punitive,
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insicurezza personale,
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mancanza di indagine sulle cause degli errori.
Quasi metà degli infermieri che hanno commesso errori ha dichiarato di non averli mai segnalati ai superiori. Non per superficialità, ma per paura. Paura di perdere il lavoro, di essere giudicati incapaci, di subire ripercussioni legali.
Quando il contesto ospedaliero punisce chi ammette un errore invece di sostenerlo, il silenzio diventa una strategia di sopravvivenza. Ma ogni errore non raccontato è una lezione persa. È una bomba a orologeria sulla sicurezza dei pazienti.
Chi sbaglia di più? Chi ha meno esperienza
L’analisi dei dati ha evidenziato che gli errori si concentrano soprattutto nei primi anni di attività, in particolare nel secondo anno di esperienza in terapia intensiva.
Il fenomeno è noto: i neolaureati affrontano uno shock da transizione tra la teoria e la pratica, spesso senza adeguato supporto. Lo stress, il sovraccarico di lavoro e la paura di sbagliare creano un terreno fertile per gli errori.
Non aiuta il fatto che solo la metà degli infermieri intervistati abbia ricevuto una formazione specifica sugli errori assistenziali. Ancor peggio: chi ha seguito corsi formativi aveva, paradossalmente, atteggiamenti più negativi verso la segnalazione, segno che la formazione ricevuta era probabilmente centrata sulle conseguenze punitive più che sulla cultura della sicurezza.
Fattori aggravanti: carichi di lavoro, mobbing, ordini medici poco chiari
Burnout, mobbing, turni di notte e carichi di lavoro eccessivi emergono come fattori fortemente associati all’incremento degli errori.
Anche la difficoltà a comprendere le prescrizioni mediche — per abbreviazioni, modifiche verbali o scritture illeggibili — aumenta il rischio di errore e riduce la sicurezza percepita.
Questi problemi non dipendono solo dalle capacità individuali, ma da carenze strutturali e organizzative che rendono fragile l’intero sistema di cura.
Non basta più la buona volontà
I dati mostrano che gli infermieri che amano la loro professione o sono soddisfatti del loro lavoro tendono a commettere meno errori.
La motivazione personale è un fattore importante, ma non può sostituire un ambiente sicuro, sistemi di supporto adeguati e una formazione continua realmente orientata alla prevenzione dell’errore.
Le soluzioni: cambiare sistema, non solo operatori
Per fermare il silenzio sugli errori, servono interventi concreti:
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Sistemi di segnalazione anonimi e non punitivi;
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Formazione pratica e simulazioni realistiche per sviluppare consapevolezza e gestione dell’errore;
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Integrazione di tecnologie sicure come cartelle cliniche elettroniche, sistemi informatizzati di prescrizione e supporto decisionale;
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Supporto legale e psicologico per chi segnala gli errori;
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Coinvolgimento attivo della leadership infermieristica per costruire una cultura di sicurezza reale.
Conclusione: il silenzio non salva
In sanità, non è l’errore il vero nemico.
Il vero pericolo è il silenzio.
Un sistema che punisce chi racconta anziché chi sbaglia alimenta la paura e mette a rischio ogni paziente.
Cambiare cultura significa salvare vite. E dare dignità al lavoro di chi ogni giorno, tra mille difficoltà, si prende cura degli altri.
da:Dogan, M. Understanding ICU Nurses' Attitudes Toward Medical Errors and Error Reporting: A Cross-Sectional Study. Am. J. Nurs.. 2025;125(5):24-31. doi:10.1097/AJN.0000000000000063.