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Sanità digitale: l’IA rivoluziona la diagnosi pediatrica e la cura della depressione

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 07/05/2025

Professione e lavoroStudi e analisi

 

di G.Cavò, infermiere - APPLICAZIONI DELLIA NEL SETTORE SANITARIO COMPLETO-pdf 

L’intelligenza artificiale (IA) è ormai parte integrante della sanità contemporanea. Strumento trasversale e ad alto impatto, è capace di supportare diagnosi precoci, personalizzare i trattamenti, ottimizzare la gestione dei dati clinici e persino rilevare condizioni psicologiche difficili da intercettare. Ma l’efficienza tecnologica deve accompagnarsi a rigore etico, trasparenza e formazione professionale.

Il progetto CADUCEO: un'eccellenza italiana nella diagnosi pediatrica

A guidare una delle iniziative più promettenti nel panorama europeo è l’Università degli Studi di Messina, con il progetto CADUCEO – Cloud platform for intelligent prevention and diagnosis supported by artificial intelligence solutions. Il responsabile scientifico, Prof. Claudio Romano, docente presso il Dipartimento di Patologia Umana e dell’Età Evolutiva, ha promosso una piattaforma IA in grado di diagnosticare e monitorare le malattie gastroenterologiche pediatriche.

L’obiettivo è duplice: da un lato migliorare l’accuratezza diagnostica attraverso l’elaborazione rapida di grandi moli di dati, dall’altro garantire la protezione della privacy dei pazienti, sfruttando la tecnologia senza compromettere l’umanità della cura. CADUCEO si propone come strumento accessibile a medici, infermieri, pazienti e famiglie, facilitando l’accesso a informazioni aggiornate, percorsi clinici personalizzati e notifiche utili alla prevenzione.

Talking About: l’IA che riconosce la depressione post partum dalla voce

Anche in ambito psico-emotivo, l’IA ha iniziato a mostrare risultati sorprendenti. È il caso dell’algoritmo Talking About, sviluppato da GPI Group e testato in collaborazione con l’Università di Cagliari, sotto la supervisione del Prof. Vassilios Fanos, ordinario di Pediatria e direttore della Terapia Intensiva Neonatale. L’algoritmo è stato validato su 154 neomamme, rilevando con un’accuratezza del 94% emozioni negative collegate alla depressione post partum.

Attraverso l’analisi delle caratteristiche audio della voce, l’IA riesce a captare lo stato emotivo dell’intervistata, indipendentemente dai contenuti del discorso. Tra i dati più significativi emersi dallo studio: il 45% delle madri presentava emozioni negative; il 7% mostrava sintomi gravi; il livello di istruzione e l’occupazione risultano fattori protettivi, mentre l’allattamento al seno ha confermato un ruolo protettivo rispetto al disagio psicologico.

I modelli GPT in ambito pediatrico: il contributo di Capello e Naimoli

Sul versante teorico, l’introduzione dei modelli GPT (Generative Pre-trained Transformer) in pediatria è stata esplorata in profondità dai professori Fabio Capello (Dipartimento Cure Primarie, AUSL Bologna) e Andrea E. Naimoli (Università di Trento, Doctorate Program in Industrial Innovation). Il loro studio ha analizzato l’architettura “a flusso di eventi”, una struttura che interpreta la realtà come una rete di elementi digitali connessi da eventi scatenanti, migliorando l’efficacia dell’IA nella gestione clinica.

Secondo Capello e Naimoli, la qualità dei dati di addestramento è cruciale: “Modelli addestrati su fonti incomplete o distorte possono fornire risposte fuorvianti”. Il modello GPT, se ben calibrato, può supportare i pediatri nell’elaborazione di scenari clinici e nel simulare interazioni esperte, con potenzialità significative in ambito educativo e formativo.

Etica, formazione e standardizzazione: le sfide aperte

L’espansione dell’IA in medicina apre interrogativi fondamentali. La cosiddetta “black box” – ovvero l’opacità dei processi decisionali degli algoritmi – può generare sfiducia tra pazienti e operatori sanitari. Inoltre, rimane aperta la questione della responsabilità legale in caso di errore diagnostico: spetta al produttore del software o al medico che lo utilizza?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha indicato sei pilastri per un uso responsabile dell’IA: trasparenza, gestione del rischio, validazione clinica, qualità dei dati, tutela della privacy, collaborazione multidisciplinare. La formazione continua è altrettanto essenziale. In particolare, è fondamentale il coinvolgimento degli infermieri, che rappresentano il primo presidio clinico e assistenziale, e che devono saper interagire con l’IA per garantire un’assistenza efficace e sicura.

L’uso di un linguaggio infermieristico standardizzato, proposto anche in ambito accademico, può favorire l’integrazione dei dati e l’interoperabilità tra i sistemi digitali, promuovendo una sanità più efficiente e centrata sul paziente.

 

L’Italia si sta distinguendo non solo per lo sviluppo tecnologico ma anche per la riflessione critica sull’uso dell’intelligenza artificiale in sanità. Progetti come CADUCEO e Talking About dimostrano che l’IA, se governata con etica e competenza, può diventare una risorsa concreta per migliorare la qualità delle cure, abbattere le disuguaglianze e rafforzare il legame tra innovazione e umanità.