L’Ultimo Turno: altro che fiction, questa è la mia vita
Recensione scritta da un’infermiera con la penna in mano e le occhiaie sotto gli occhi
Ebbene sì a alla prima mezz’ora di film ero già sull’orlo di lanciare i pop corn addosso allo schermo. Non perché il film fosse brutto — tutt’altro — ma perché era fin troppo vero. "L'ULTIMO TURNO", diretto da Petra Biondina Volpe, non è intrattenimento: è uno schiaffo. Un pugno nello stomaco, ma dato con precisione chirurgica.
La protagonista? Io. E come me, migliaia di colleghi e colleghe che ogni giorno indossano una divisa troppo stretta per contenere tutto il carico fisico, emotivo e psicologico che ci portiamo dietro. Volpe non edulcora nulla. Racconta la sanità dal basso, da dove si corre senza fiato tra le stanze, si tamponano urgenze, si dimentica di bere e andare in bagno per dieci ore di fila. Racconta la solitudine di chi lavora da sola, ma deve essere il punto di riferimento per tutti: medici, pazienti, familiari, colleghi spariti, dirigenti inesistenti.
Il film non risparmia niente:
-
L’aggressività crescente dei pazienti, che non capiscono che dietro quella porta sei solo tu. Nessun rinforzo. Nessun supporto. Solo tu e il tuo camice.
-
Quel filo emotivo sottile e potentissimo che si crea con chi invece riesce a vederti, davvero. Con chi intuisce che sotto quella professionalità c’è una persona che sta lottando ogni secondo.
-
L’errore, il grande incubo. Quello che è sempre dietro l'angolo, quello che ti perseguita, che ti rovina il sonno e ti fa chiedere se stai ancora facendo bene il tuo lavoro, se sei ancora abbastanza lucida, abbastanza forte, abbastanza umana.
E poi arriva il crollo. Il punto di rottura. La scena in cui piangi non perché ti commuove, ma perché ti riconosci. Il dolore per una morte che ti segna. Il senso di colpa per un gesto sbagliato, forse inevitabile. La frustrazione per una vita che non sei riuscita a salvare. E soprattutto, la consapevolezza che la tua vita privata è un sacrificio silenzioso sull’altare del dovere. Famiglia, amici, relazioni: sparsi in brandelli sul calendario dei turni.
“L’Ultimo Turno” è un film che non consola. Non promette riscatto. Ma ci riconosce, e questo vale oro. Finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di raccontare la nostra professione per quello che è: eroica, sì, ma a caro prezzo.
Se siete infermieri, portate un fazzoletto. Se non lo siete, guardatelo e imparate. Perché dietro quel sorriso che vi accoglie in corsia, c’è un mondo che questo film ha saputo, finalmente, raccontare con dignità e verità.