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Napoli, muore dopo essere stata legata e sedata: quando e come si applica la contenzione

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 10/10/2025

AttualitàCronache sanitarie

La recente tragica vicenda della donna di 39 anni deceduta all'Ospedale del Mare di Napoli, dopo essere stata sedata e legata a una barella perché ritenuta “fastidiosa” dagli altri pazienti, evidenzia una problematica delicata per la pratica infermieristica: l'uso corretto e etico della contenzione fisica e farmacologica.

Secondo le informazioni raccolte, la paziente sarebbe stata immobilizzata perché in stato di alterazione, probabilmente aggravato dall’assunzione di alcool, con sedazione e legatura disposte per contenere il disturbo verso gli altri degenti. La donna è deceduta in seguito a un arresto cardiaco durante la notte passata legata, con la famiglia che ha presentato esposto per chiarire se i protocolli siano stati rispettati.

Ricordiamo che la contenzione, fisica o farmacologica, è definita come misura assistenziale estrema, da usare solo in casi di reale necessità nell’interesse della sicurezza del paziente e degli altri. Le linee guida e procedure internazionali e nazionali indicano alcune fasi imprescindibili per la sua applicazione corretta:

  • valutazione preliminare e prescrizione medica: prima di applicare contenzione fisica o sedazione, deve esserci una precisa valutazione clinica motivata da rischi rilevanti. La contenzione deve essere prescritta formalmente da un medico, con indicazione chiara della tipologia, durata prevista, e motivazioni;

  • coinvolgimento del paziente e famiglia: se possibile, occorre informare e ottenere adesione dal paziente e dai familiari, spiegando finalità terapeutiche (non coercitive), rischi e benefici. Tale comunicazione deve essere documentata in cartella clinica;

  • attuazione e monitoraggio continuo: l’infermiere ha il compito di assicurare una sorveglianza rigorosa del paziente legato o sedato. I parametri vitali e lo stato clinico devono essere controllati con frequenza, da ogni 10 minuti a ogni 30 minuti. È fondamentale monitorare correttamente il posizionamento dei presidi e prevenire complicazioni da immobilizzazione;

  • durata e interruzione della contenzione: le contenzioni devono essere rimosse appena cessano le condizioni di emergenza, con pause regolari (almeno ogni 2 ore per 10 minuti). Ogni fase va documentata accuratamente in cartella clinica, con schede specifiche;

  • etica e responsabilità infermieristica: l’infermiere deve garantire che la contenzione sia un evento straordinario e sempre l’ultima opzione, agendo secondo il Codice Deontologico. Vanno evitate forme di contenimento per comodità o per motivi non clinici, come il disturbo ad altri pazienti senza reale pericolo.

Il caso napoletano sottolinea la delicatezza di interventi di contenzione in emergenza-urgenza, specie in pazienti con crisi epilettiche o alterazioni comportamentali. L’uso di sedazione e legature deve essere giustificato da condizioni cliniche critiche e non da meri disagi riferiti dagli altri degenti (sempre che le indagini confermino questa dinamica). Un monitoraggio attento e conforme ai protocolli, un’assidua comunicazione con la famiglia e un atteggiamento rispettoso dei diritti del paziente sono imprescindibili per minimizzare rischi di eventi avversi gravi come quello verificatosi.

Necessaria è inoltre una formazione continua del personale infermieristico sul corretto uso della contenzione, nonché una attenta revisione delle procedure aziendali. Pur in presenza di situazioni difficili, il protocollo della contenzione deve garantire sicurezza, tutela della dignità del paziente e attenzione a possibili complicanze, affinché episodi tragici come quello dell’Ospedale del Mare stimolino un miglioramento organizzativo e formativo.

Andrea Tirotto