Eugenio Cortigiano, Presidente AIILF, risponde alle Dieci Domande
Eugenio Cortigiano, Presidente AIILF - Associazione Italiana Infermieri Legali e Forensi. Professore a contratto presso UniPegaso, esperto in area critica e salute mentale. Facilitatore aziendale per il rischio clinico, si occupa nel tempo libero di formazione, sia tramite l’AIILF sia come relatore a congressi e convegni.
Non ha mai voluto lasciare “il campo” per “infilarsi in un ufficio”, al momento opera presso la salute mentale territoriale di Siena, con particolare attenzione al processo di accreditamento ed alla stesura di protocolli e revisione della documentazione.
L’AIILF - Associazione Infermieri Legali e Forensi, nasce solo 5 anni fa, ma d’altronde la specialità è tra le più recenti in Italia.
Raccoglie i professionisti sanitari in possesso del master specifico o equipollente.
L’AIILF
- rappresenta i colleghi nelle sedi istituzionali, in modo che questa figura venga riconosciuta e valorizzata nella legislazione e nei contratti collettivi;
- aiuta nel riconoscimento presso ii tribunali della figura dell'infermiere forense, con un albo CTU specifico;
- da sostegno agli studenti ed a coloro che sono interessati al campo infermieristico forense;
- offre consulenza tecnica in ambito legale e forense ai colleghi;
- promuove e specializza la figura dell'infermiere forense in ambito violenze sessuali, fcon corsi e consulenze;
L’ AIILF è particolarmente attiva nella formazione, con corsi, congressi e relazioni.
Fa parte di numerosi tavoli scientifici, anche presso il Ministero della Salute. La Vicepresidente Kim Savojni è l’unico membro italiano dell’International Board della IAFN - International Association of Forensic Nurse.
In pochi anni l’Associazione si è fatta conoscere in Italia ed all’estero (negli altri paesi europei non esiste una associazione di categoria per infermieri forensi), grazie alla semplicità di contatto, alla chiarezza ed alla competenza.
Nel 2013 sono iniziate le aperture di Coordinamenti regionali, per raccordarsi al meglio con il territorio e seguire tutte le iniziative nel quale l’AIILF è coinvolta. Al momento sono attivi i Coordinamenti AIILF Sicilia ed AIILF Liguria.
Aprire un Coordinamento regionale non è semplice e veloce, per questo con i colleghi che si propongono andiamo cauti, cercando di far partire tutto nel migliore dei modi.
PENSARE LA NOSTRA PROFESSIONE PER LA NOSTRA PROFESSIONE
Progetto InfermieristicaMente - NurSind: DIECI DOMANDE AGLI INFERMIERI
a cura di Chiara D'Angelo
Risponde EUGENIO CORTIGIANO, Presidente AIILF
1. Quali sono per te i problemi più rilevanti che oggi hanno gli infermieri
I problemi più evidenti degli infermieri italiani sono le mancanze di un riconoscimento, economico e di “immagine” e quella di un potere contrattuale, comunque in qualche modo collegate.
Tutto però riporta alle radici del problema, ovvero l’infermiere stesso. Homo homini lupus, dicevano i latini. L’uomo è un lupo per l’uomo. In questo caso l’infermiere.
Finchè esisteranno colleghi che si autodemansionano, rifuggendo da responsabilità e competenze, andremo da ben poche parti. Spesso mi sento rispondere “ehhh, ma siamo sotto di personale, tocca farlo”. La mia risposta è “se non create mai il problema, mai lo risolveranno”. E inevitabilmente esce il discorso “lo facciamo per il bene del paziente”. E’ purtroppo un vizio tutto italiano, guardare al breve termine invece che al lungo periodo. Il rifacimento dei letti o l’igiene del paziente, ad esempio, non è un nostro compito, lo ha sancito anche la Cassazione nel lontano 1984. Ora, dedicandoci a queste mansioni improprie, è davvero vero (scusate il lapalissiano errore grammaticale) che facciamo il bene del paziente?
Nel breve termine forse si. Ma in questo modo lo priviamo di una assistenza infermieristica avanzata. Se ci prendiamo del tempo per le attività di tipo alberghiero è inevitabile che lo sottraiamo a piani di assistenza, valutazioni e diagnosi infermieristiche, assistenza psicologica o formativa dei parenti o dei care giver. Se rifiutassimo le attività ed i compiti non di nostra competenza è probabilmente vero che il paziente, nel breve, subirà qualche disagio, danno non di sicuro, ma nel lungo periodo, dimostrato alle aziende quale e quanto grave sia il problema, riceverà l’assistenza che merita e che gli è garantita dalla Costituzione. Lo stesso esempio vale per il riconoscimento economico. Finchè svolgeremo mansioni proprie dell’OSS o di altre figure di supporto, senza dimostrare la reale utilità di un infermiere formato e preparato, non avremo la mano migliore, le carte giuste, per sederci al tavolo contrattuale e pretendere il giusto premio.
2. Come risolvere questi problemi, cioè con quali idee, proposte e progetti
Volente o nolente gli infermieri devono riappropriarsi della loro coscienza professionale e del loro bagaglio di competenze e responsabilità, facendo lobby. L’accezione negativa su questa parola è ora venga rimossa. Lobby non significa inevitabilmente accorparsi per danneggiare qualcuno, la parola deve significare, per l’infermiere, fare squadra, unirsi in un unico obiettivo. Per non essere, come dicevo prima, il lupo di se stesso.
Fare lobby significa anche mostrarsi compatti alle aziende, portare avanti senza remore le proprie sacrosante richieste e coalizzarsi per offrire ai cittadini italiani l’infermiere migliore possibile.
In questo modo si riuscirebbe anche a porsi in maniera differente di fronte all’opinione pubblica, che finora, nella stragrande maggioranza, non sa neanche cosa sia davvero un infermiere. E’ un lavoro lungo, improbo, ma Collegi, Associazioni di categoria e sindacati infermieristici possono, e devono, collaborare a questo obiettivo.
3. Quali soluzioni organizzative si dovrebbero adottare per mettere in campo una qualche
azione collettiva...
Non so se esistano o quante siano le soluzioni organizzative da mettere in atto per la risoluzione dei problemi. In fondo nemmeno mi importa. Sono gli infermieri stessi che devono cambiare mentalità. Fatto questo potremo parlare di soluzioni organizzative. Prima ha ben poco senso. In questo contesto, ribadisco, l’azione di IPASVI, sindacati di categoria ed associazioni professionali è fondamentale.
4. Quali iniziative collettive si renderebbero necessarie
Io provengo dalla vecchia generazione, dal vecchio diploma regionale. Nel 1993 ricordo a Firenze, sotto la Regione, una manifestazione imponente di infermieri e studenti, organizzata dai Collegi IPASVI. Non è un caso che l’anno successivo sia stata emanata una legge fondamentale per l’infermiere italiano. Ecco, quello è uno dei rari casi in cui gli infermieri riuscirono a fare lobby. Dovremmo ritrovare quello spirito.
La Presidente Nazionale IPASVI, Dott.ssa Silvestro, è ora senatrice. Un passo importante per tutti, un infermiere nei “centri del potere”. Spero vivamente sia in grado di mettere a frutto questa possibilità che i cittadini le hanno dato.
5. “Unità, Progetto, Politica” per te cosa significano
Unità, ci manca. Gravissimo problema. Gli infermieri italiani sono bravissimi a mettersi uno contro l’altro, perdersi in mille rivoli differenti. Una volta qualcuno disse “in Italia c’è spazio per 10 sindacati infermieristici”. Vero, verissimo. C’è lo spazio, ma non c’è la possibilità. Prendiamoci questa possibilità, uniti, ed avremo lo spazio per dividerci, se necessario. La cellula embrionale, per dare vita ad un essere vivente, inizia a dividersi dopo la fecondazione, non prima. Progetti ne abbiamo troppi, a volte raffazzonati da esperienze estere improponibili in Italia. I progetti importanti, da portare a compimento, sono la trasformazione del Collegio in Ordine e lo svincolamento dei laureati dal comparto sanità. La politica è spesso confusa con l’ideologia. E da bravi italiani siamo fortemente ideologizzati. Questo, spesso, ci fa assumere posizioni che risultano dannose per la professione. E nemmeno ce ne accorgiamo. Dobbiamo riappropriarci di una dicotomia di pensiero che sociologicamente non abbiamo. Pensare bianco nella vita e nero nella professione non deve essere visto come un difetto, anzi. L’intelligenza umana, tra tanti difetti, ha anche il pregio di essere adattabile alle diverse situazioni.
6. Cosa pensi della proposta di organizzare gli Stati Generali degli Infermieri
Temo, come spesso succede in Italia, che si riducano ad un mero esercizio di stile ed ad una “lotta di forza” per il potere tra i soliti nomi.
Non mi pare siano il modo migliore, per come sono organizzati, gestiti e propagandati, per “accogliere” gli infermieri italiani.
7. Cosa si dovrebbe fare per prepararli adeguatamente
Al momento, come detto prima, non credo gli infermieri siano pronti per questo. Lavoriamo dal piccolo al grande, un passo alla volta. Poi potremo pensare ad una grande assemblea che illustri davvero tutte le proposte, le idee, le soluzioni. Una riunione comunitaria che riesca a mettere allo stesso tavolo IPASVI, associazioni, sindacati e la stragrande percentuale di infermieri che giornalmente operano sul campo.
8. Sintetizza in tre parole quello che chiederesti ai Collegi
Formazione, presenza, supporto.
Tre parole sono decisamente poco per spiegare tutti i concetti, ma spero di essermi avvicinato abbastanza.
9. Sintetizza in tre parole quello che chiederesti ai Sindacati
Ad alcuni di farsi da parte, quando si tratta di infermieri. Si, sono più di tre parole, ma in questo caso permettemele.
10. Mi descrivi succintamente la tua idea di infermiere del terzo millennio
Oggi si parla tanto di infermiere di famiglia, infermiere di comunità, competenze avanzate. Mille declinazioni della professione. Per quanto favorevole a tutto questo, alla crescita della figura, trovo a volte siano solo “tentativi” di inserirsi in spazi che sembrano vuoti. Io preferisco guardare a monte e provare a pensare ad un infermiere che nel futuro conquisti i propri spazi, quelli che gli spettano di diritto, per formazione e competenze. All’infermiere italiano, per entrare appieno nel terzo millennio, non serve molto. Le leggi attualmente in vigore sono valide e complete. Serve soltanto metterle in atto. A summa anche delle opinioni espresse nelle altre domande, parafrasando D’Azeglio possiamo dire “abbiamo fatto l’infermieristica, facciamo gli infermieri”.
Personalmente credo manchi soltanto un riconoscimento effettivo delle specializzazioni ottenute coi master, un controllo maggiore ai test di ammissione alla specialistica (sappiamo tutti come funzionano in realtà, no?) per permettere a chi merita davvero di progredire nella formazione e nella carriera ed un maggiore potere contrattuale. Il contratto di categoria, in questo periodo storico-economico, è purtroppo una fola, ma credo comunque sia possibile svincolare dal comparto sanità almeno i laureati. E’ un passaggio che non può essere rimandato oltre, per rispetto della legge, dei professionisti e dei cittadini.
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