Turni di notte e salute muscolare: uno studio svela un possibile legame con l’invecchiamento precoce
Un nuovo studio del King’s College di Londra, pubblicato sulla rivista PNAS, lancia un messaggio chiaro: i turni notturni, tipici del lavoro sanitario, potrebbero favorire un invecchiamento precoce dei muscoli. Il motivo? L’alterazione dell’orologio biologico presente nelle cellule muscolari, che regola la loro capacità di rigenerarsi.
Il ruolo dell’orologio biologico muscolare
Le cellule muscolari non lavorano “a caso”: seguono un ritmo preciso, legato al ciclo sonno-veglia. Durante la notte, quando il corpo dovrebbe riposare, queste cellule eliminano le proteine danneggiate accumulate durante il giorno e avviano la riparazione del tessuto muscolare. Ma se di notte si lavora – come succede a infermieri, OSS, tecnici e altri sanitari – questo processo si altera. Il risultato? Una rigenerazione muscolare meno efficace, simile a quella che si osserva normalmente con l’avanzare dell’età.
I risultati: invecchiamento muscolare anticipato
Lo studio è stato condotto su pesci zebra, un modello molto usato in ricerca biomedica per la sua trasparenza e la somiglianza genetica con l’essere umano. I ricercatori hanno notato che i pesci con un orologio muscolare “sfasato” mostravano segni di invecchiamento precoce: a due anni erano più piccoli, pesavano meno e nuotavano con più difficoltà. Questo conferma che l’alterazione del ritmo circadiano può portare a una degenerazione muscolare accelerata.
Conseguenze concrete per chi lavora su turni
Per chi lavora da anni su turni, questi risultati pongono un problema concreto: il rischio di perdere forza muscolare prima del tempo, aumentando la probabilità di cadute, fratture, difficoltà motorie e, più in generale, una riduzione della qualità della vita. Soprattutto in una professione dove il fisico è uno strumento di lavoro quotidiano, questi effetti possono avere un impatto diretto sull’efficacia e sulla sicurezza.
Prospettive future: prevenzione e possibili terapie
La buona notizia è che, ora che il meccanismo è stato identificato, si apre la possibilità di sviluppare terapie o strategie preventive mirate per proteggere i muscoli di chi lavora di notte. Dai farmaci ai protocolli di riposo più efficaci, la ricerca potrebbe presto offrire strumenti utili per tutelare la salute dei professionisti sanitari.
Una riflessione per il mondo sanitario
Lo studio del King’s College ci ricorda che il lavoro su turni non è solo una questione organizzativa, ma anche biologica. Inserire momenti di recupero, monitorare la salute muscolare e considerare il peso dei turni notturni non è un “lusso”, ma un investimento nella salute degli operatori e nella qualità dell’assistenza.