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Stabilizzazione dei precari: da Napoli una sentenza importante

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Pubblicato il: 08/02/2015

EditorialiNurSind dal territorio

di Chiara D'Angelo

 

La stabilizzazione dei contratti a termine nella Pubblica Amministrazione è un tema sul quale molto e molte volte si è dibattuto nel mondo del giuslavorismo italiano e non solo.

In diverse sedi (leggi dello Stato, Direttive dell’Unione Europea, sentenze del Lavoro in Italia, sentenze della Corte di Giustizia Europea, ecc.) l’argomento è stato analizzato e interpretato spesso in maniera contrastante.

 

Dal Tribunale di Napoli arriva, il 21 gennaio 2015, il primo pronunciamento della Magistratura italiana susseguente alla sentenza della Corte di Giustizia Europea del 24 novembre 2014 in applicazione del principio secondo cui la reiterazione dei contratti a tempo determinato comporta l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato se, complessivamente, hanno superato i 36 mesi nell’ultimo quinquennio, anche nella Pubblica Amministrazione.

 

Il Giudice di Napoli, superando lo scoglio dell’art.97 della Costituzione (che prevede l’accesso alla Pubblica Amministrazione solo attraverso una procedura di concorso) e riconoscendo, in tal senso, che le procedure di selezione del personale a tempo determinato soddisfano a pieno titolo i requisiti richiesti dall’art. 97 Cost., ha inoltre sancito la piena applicabilità del dlgs. 368/01 anche al pubblico impiego.

Non è la prima disposizione in tal senso, ma è significativa innanzitutto perché è la prima dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha censurato lo Stato Italiano nell’uso (e abuso) dei contratti a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione.

 

Un approfondito articolo di Giovanni Muttillo (Presidente del Collegio IPASVI di Milano Lodi Monza Brianza) sulla sentenza, sui suoi antefatti e sulle sue conseguenze è pubblicato su Quotidiano Sanità del 7 febbraio (Clicca).

La conclusione di Muttillo è che tutti i lavoratori della Sanità “che abbiano prestato la propria attività per almeno 36 mesi (anche non continuativi) negli ultimi 5 anni, a mezzo di contratti a termine o con altre forme convenzionali, comunque riconducibili a contratti di lavoro subordinato, possono agire giudizialmente per porre la parola fine alla loro condizione di precari”.

 

Più cauto il Segretario Nazionale Nursind, Andrea Bottega, che, in un articolo (Clicca) sulle nostre pagine dell’11 dicembre scorso a margine della pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia Europea, precisava come l’applicabilità del dispositivo fosse limitata ai rapporti che avessero maturato il cumulo dei 36 mesi alla data del 13 maggio 2011 e che pertanto negli stessi termini (essendo un limite derivante dal dlgs 368/01) debba intendersi oggi.