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Testimonianza. Gli infermieri generici, orfani della vecchia riforma, ancora alla vana ricerca di un’identità nel sistema attuale

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Pubblicato il: 01/05/2015

Nursing

prefazione di Chiara D'Angelo

Pubblichiamo una lettera di Loredana, che con grande trasporto ci racconta la sua storia lavorativa, da infermiera generica che ha vissuto i passaggi e le riforme del sistema sanitario lavorando in prima linea. E ci racconta dal di dentro le frustrazioni, le ambiguità, le contraddizioni che ha vissuto sulla sua pelle, ed in cui molti suoi colleghi sicuramente si riconosceranno. Una figura professionale ora relegata in una sorta di limbo del sistema, in attesa di estinzione. Per le mie esperienze, anche personali, di rapporto con gli infermieri generici (di cui porto un ricordo indelebile ed importantissimo) auspico davvero che, pur nella complessità e nella delicatezza del dibattito in corso, si riesca a dedicare una riflessione anche a loro ed a rendere a queste figure la dignità giuridico-professionale che oltre ogni dubbio meritano.

 

Cara Chiara,

mi ha fatto piacere che tu mi abbia risposto, infatti non ero sicura che l'avresti fatto; a volte questi argomenti li affronti con tanta passionalità, che non sai poi, come uno possa recepire quello che tu vuoi dire, magari non ti rendi conto di cosa scrivi, potresti offendere senza averlo voluto.

Detto questo, ti racconto un po' la mia storia. Mi chiamo Loredana e lavoro presso un ambulatorio dedicato al Piede Diabetico da quasi 8 anni. Ho iniziato il mio percorso lavorativo facendo il corso di Infermiere Generico nel 1979; veramente volevo iscrivermi alla scuola Infermieri Professionali, ma purtroppo i di 2 anni di segretaria di direzione che avevo fatto non mi davano il riconoscimento per potervi accedere. Purtroppo i miei genitori mi avevano iscritto ad una scuola professionale che, all'epoca, non era riconosciuta superiore; il fatto è che avevano bisogno che andassi a lavorare quanto prima non potendo investire tutto su di me avendo altri due fratelli. Sai, a volte uno non può scegliere e ti devi accontentare; con il senno di poi avrei fatto diversamente, ma all'epoca e con il contesto in cui vivevo le cose  andarono in quel modo. Dopotutto, mi dissi, avrei fatto uno anno anzichè i tre che servivano per diventare infermiera professionale. Quindi iniziai a lavorare ed a studiare contemporaneamente. Facevo il turno in quarta, con 12 ore per notte… lavoravo in Cardiologia. Come ti ho scritto, la maggior parte del personale in organico era composta da infermieri generici e pochissimi infermieri professionali, quindi il turno era composto in prevalenza dalla mia categoria. Un reparto mica da niente… lì veramente ho imparato di tutto: dalle infusioni in vena ai prelievi, non ti racconto altro perchè adesso sarebbe inimmaginabile considerare quello che gli infermieri generici all'epoca facevano; ti parlo di un grosso ospedale e di un reparto piuttosto impegnativo… basta che pensi a quello che adesso fanno gli infermieri, ecco lo facevamo noi. E se pensi che sia folle, ti dico che con il massaggio cardiaco e le procedure di rianimazione abbiamo fatto sì che tante persone non morissero e mi sento a posto con la coscienza, malgrado capissi che lavoravamo solo con quello che l'esperienza sul campo ci insegnava.

Sì, la scuola ci dava preparazione teorica, lo so che dirai che era poco, e hai ragione, ma si lavorava per esperienza e alla fine bastava.

Sì alla fine tutti lavoravamo per lo stesso scopo, quindi quando avevamo qualche minuto tranquillo lo impiegavamo per studiare ed a scambiarci informazioni, noi generici con gli infermieri professionali e i medici. Mi appassionava a tal punto che dal reparto mi hanno trasferita in Unita' Coronarica ed anche lì  ho avuto modo di vedere e fare cose ancor più delicate. Nel mio cuore porto ancora il ricordo di quelle persone e di quel periodo.

Poi nel 1982 mi sono sposata e trasferita. In quel periodo c'era il blocco delle assunzioni e non si poteva chiedere trasferimento quindi mi sono dovuta dimettere dall'ospedale e ho trovato lavoro in una casa di riposo. Lì erano ancora una volta i generici che gestivano la situazione: facevano i turni di notte e la terapia, le infusioni le faceva un generico che aveva lavorato in Pronto Soccorso, quindi quando sono arrivata io ho potuto dare un aiuto in quel senso. Ricordo che dal momento che sapevo fare gli ECG hanno ottenuto un elettrocardiografo che usavo solo io, del resto nessuno lo sapeva fare.

Poi, un anno dopo, assunsero un'infermiera professionale ed il nostro lavoro inizio' a cambiare. La mattina era lei ad occuparsi della terapia, noi lo facevamo nei turni quando lei non c'era oppure la affiancavamo per aiutarla. Negli anni seguenti vennero assunti altri infermieri professionali in  turno diurno. L’orario notturno era sempre coperto da generici ed ausiliari. Da quanto ne so a tuttora è così.

Io comunque ho sempre fatto un po' di tutto; sostituivo i professionali quando non c'erano e li aiutavo, mi hanno preso sempre in considerazione in qualsiasi decisione dovessero prendere. Mi sono sentita anche lì “alla pari”.

Ho poi vinto un concorso di ruolo e sono stata assegnata al reparto di Ostetrica, per la precisione al Nido. Tutto da ricominciare. Era tutto nuovo.  Avevo a che fare con neonati, quindi dovevo seguire le gravide, insegnare loro come si fa ad allattare, a cambiare i pannolini, ecc.; quindi seguire il neonato dalla nascita fino alla dimissione. Collaboravamo a stretto contatto con i pediatri; il nostro gruppo era composto da generici, puericultrici e infermiere professionali. L'unica mia esperienza personale nel settore era avere, all’epoca, una figlia di 5 anni. Nel '97 ho chiesto ed ottenuto di farmi trasferire in un reparto di medicina e così ritornai a quello che sapevo essere “il mio ambiente”. Ho ripreso a fare più o meno quello che facevo un tempo. Ovviamente i turni erano completi con gli infermieri e quindi alcune cose non le facevo più ma se era necessario, in mancanza di personale, tornava utile il mio saper fare.

Parlo per me, non tutti i generici hanno avuto la mia fortuna nel trovare persone e occasioni che li facessero crescere professionalmente. Dopo dieci anni di medicina e di turno notturno ho sentito la necessita' di cambiare, anche perché il turno notturno mi aveva creato ansia e non riuscivo più a dormire bene ed i dolori alla schiena, regalo che sai bene come questo lavoro possa darti, avevano minato la mia volonta' a rimanere in quel reparto. Mi hanno proposto in quel periodo due opportunita': o lavorare in accettazione del laboratorio analisi oppure rimanere negli ambulatori di medicina. Accettai la seconda, trattandosi di lavorare con persone che conoscevo e, in fondo, credevo che sarei stata all’altezza della situazione.  Ora lavoro lì dal 2007, ho preso il posto di una infermiera generica andata in pensione. Ho vissuto una nuova esperienza, ancora una colta con tantissime cose da imparare e che, pertanto, hanno arricchito il mio bagaglio di competenze. Solo ultimamente inizio ad avvertire lievi segnali di disagio… relativamente a qualche battuta che mi viene fatta riguardo alla non competenza e al non prevaricare i ruoli. Sento queste frasi, anche se per il momento nessuno mi ha detto niente direttamente al riguardo, e non mi sento chiamata in causa. Spero che ci sia rispetto per quello che faccio e se qualcuno dovesse rivendicare quello che pensa sia un suo diritto fare, io lo accetterei. Non é questione di non avere la grinta per difendere una cosa che è tua; ma mi rendo conto sempre di più che l'infermiere di oggi ha più conoscenze e cultura rispetto a me o a chi, come me, ha solo l'esperienza e la conoscenza acquisita con l'avere osservato e imparato con la pratica.

Resta il fatto che, secondo me, l'infermiere generico è stato importante e utile ma, purtroppo, si è innescato troppo presto quell'antagonismo con l'infermiere professionale. Erano due figure troppo simili, si contrapponevano, avevano creato due ruoli che erano troppo similari. Credo che la soppressione della figura dell’infermiere generico sia stata troppo affrettata e che non abbiano permesso, così facendo, all’infermiere generico di crescere intellettualmente e culturalmente nel corso degli anni. Però l'infermiere generico esiste e lavora tuttora e continuerà ad esserci e a lavorare ancora per diversi anni.

L’infermiere generico non figura più nemmeno nei contratti collettivi… quindi considero tutto questo discriminante ed ingiusto. Credo sia normale e legittimo sentirsi umiliati e feriti e poi c'é anche chi reagisce ed inveisce.

Ora c'é un divario grandissimo tra gli infermieri e le figure di supporto (gli OSS). Gli infermieri generici sono pochi… e quando non ci saremo più? Dico così perché chi ha la fortuna, come me, di avere imparato tante cose può dare una mano concretamente, essere un valore aggiunto… ma quando anche noi andremo in pensione e “la figura di mezzo” non ci sarà più allora l'infermiere dovrà fare tutto. L'infermiere di oggi è cosa assai diversa dall'infermiere dei miei tempi, vi sete guadagnati indipendenza e professionalita' e credo che questo debba essere riconosciuto e valorizzato.

Mi scuso per la lungaggine del testo, mi sono fatta trasportare dalla passione per questo lavoro che amo anche se inizia ad essere gravoso perchè si lavora male, perché ci fanno lavorare male. Siamo TUTTI sottopagati in confronto all'impegno che questo lavoro comporta: turni faticosi, straordinari su straordinari, ferie non godute ecc. ecc. Abbiamo tra le mani la vita delle persone e non possiamo permetterci di sbagliare. Dobbiamo imparare a confrontarci ed a non avere paura di relazionarci tra di noi: tutti possiamo dare qualcosa.