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Veneto. Apre il primo Studio in Italia di Infermieristica Forense

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Pubblicato il: 13/12/2013

Le interviste

Luigi Pais LOGO1Le controversie legali che investono i professionisti sanitari sono sensibilmente aumentate negli ultimi anni. La moltiplicazione delle cause per supposti casi di malpractice fa emergere la necessità, da parte del personale sanitario, di poter avvalersi di consulenze tecniche qualificate in grado di stabilire la correttezza delle pratiche messe in atto nei processi di cura ed assistenza e delineare quindi in maniera scientifica i profili di responsabilità delle figure coinvolte. Questa funzione tecnico-consulenziale è, storicamente, sempre stata svolta da personale medico. Negli ultimi anni, anche in seguito al maggior riconoscimento del ruolo professionale autonomo e indipendente degli infermieri, è nata e si va lentamente affermando la coscienza dell’opportunità che, per giudizi tecnici riguardanti l’operato degli infermieri, sia una figura infermieristica ad esprimersi. Negli USA la specializzazione in infermieristica forense esiste già dal 1995 e la IAFN (INTERNATIONAL ASSOCIATlON OF FORENSIC NURSING)  definisce che la professione di infermiere legale consiste nell'applicazione delle conoscenze infermieristiche alle procedure pubbliche giudiziarie; consiste inoltre nell'applicazione di procedimenti propri della medicina legale in combinazione con una preparazione biopsicosociale dell'infermiere diplomato nel campo dell'indagine scientifica, del trattamento di casi di lesione e decesso di vittime di abusi, violenza ed incidenti traumatici. La figura dell'Infermiere legale e forense è del tutto nuova nel panorama sanitario italiano, fa la sua comparsa nel 2005 anno in cui sono nati i master in Infermieristica legale e forense, percorsi formativi ad hoc mirati a fornire questo tipo di competenza specialistica; sono stati istituiti i primi Albi dei Consulenti Tecnici d’Ufficio (Infermieri) e dei Periti (Infermieri) presso i Tribunali; si va radicando la convinzione che questa sia la giusta espressione del supporto tecnico alla tutela professionale in sede giudiziaria. C’è chi, primo in Italia, ha creato uno Studio di Infermieristica Forense, proponendosi come professionista specializzato in questa (ed altre) branche dell’infermieristica. Ne parliamo con il protagonista, dott. Luigi Pais Dei Mori. Pais1Dott. Pais, Lei ha aperto il primo studio in Italia di Infermieristica Forense; com’è nata e come si sviluppa questa idea professionale? Sono un “giovane Infermiere”, nasco professionalmente nel 1997 e dal 2003 esercito in libera professione. L’evoluzione formativa che ho seguito nasce dalla volontà di “seguire i miei sogni”, di approfondire quello che più mi stimola e mi affascina. E così conseguo prima il master in funzioni di coordinamento delle professioni sanitarie e poi quello in Infermieristica forense e gestione del rischio clinico. Il mix delle conoscenze e competenze acquisite ha generato l’idea del focalizzare la mia attività libero professionale in via esclusiva negli ambiti definiti. Lo sviluppo dell’idea è un pochino più complesso: non è facile inserirsi in un ambito relativamente nuovo, spesso misconosciuto e soprattutto storicamente colonizzato dalla medicina legale. Ho deciso di prendermi un paio d’anni per lo start-up dello studio, mi sto facendo conoscere: invio mail di presentazione alle Aziende Sanitarie, agli studi legali, ho un sito internet (www.infermiereforense.it), diffondo idee e stimoli tramite i social (gestisco due profili su Facebook, (Infermiere Forense ed Infermiere CTU e CTP, due su Twitter, uno su Google +): sto portando avanti la mia idea con la consapevolezza che ci vuole tempo e pianificazione. Parlando di tutela e perizie legali in campo sanitario, il pensiero collettivo va in prima battuta al mondo medico; senza dubbio è un limite concettuale che va superato; a che punto siamo? Quali secondo Lei le strade più proficue da percorrere per giungere prima e meglio all’obiettivo della completa definizione e del totale riconoscimento della Professione infermieristica a 360°? Siamo piuttosto indietro, purtroppo, ma vedo che pian pianino qualcosa si muove. Storicamente la “perizia” (ed il termine la dice lunga...) in ambito sanitario è medica. E questo è un concetto radicato sia nel cittadino che nel mondo giuridico. Ma il mondo è andato avanti nel frattempo, esiste la medicina ed esiste l’Infermieristica, quindi esiste la Perizia Medico-Legale e la Perizia Infermieristico-Legale. Per noi sanitari è lapalissiano, ma rendere evidente la pluralità disciplinare e quindi i confini delle professioni è molto difficile. E’ difficile soprattutto, nel nostro specifico, sradicare una prassi consolidata da decenni: è il medico responsabile dell’infermiere e quindi la valutazione della responsabilità infermieristica deve essere fatta da lui. Faccio fatica perfino a dirlo, ma è l’assoluta normalità. Questo è radicato nella testa di molti avvocati che non chiedono consulenze o perizie di parte e nella testa di molti giudici che non si avvalgono della consulenza d’ufficio dei CTU Infermieri. Per cambiare questo, a mio avviso, si deve partire diffondendo la cultura dell’Infermieristica forense: solo ed esclusivamente un Infermiere può definire il profilo di responsabilità professionale di un Infermiere, perché solo un Infermiere è titolare della Disciplina Infermieristica. Sogno generazioni di Infermieri CTU (Consulenti Tecnici d’Ufficio), CTP (Consulenti Tecnici di Parte) e Periti all’interno dei Tribunali e a disposizione dei difensori. Servono per questo Professionisti preparati, consapevoli, esperti; la formazione specifica ha ancora parecchi problemi da superare rispetto all’eterogeneità, a carenze formative; ci sono percorsi troppo diversificati, ci sono ancora pochi Infermieri Forensi che formano Infermieri Forensi... e questo è molto limitativo. Il riconoscimento della Professione Infermieristica a 360 gradi nasce primariamente dalla voglia dei singoli Infermieri di farsi riconoscere a 360 gradi, ogni giorno, nell’agire quotidiano, nella relazione con il cittadino e con gli altri professionisti sanitari. Infermieri radicalmente consapevoli della propria autonomia e conseguente responsabilità sono già riconosciuti a 360 gradi: gli strumenti legislativi e deontologici ci sono per questo. La Professione infermieristica a tutto tondo; responsabilità, funzioni, tutela… quanto è avvertita, a Suo dire, la percezione dell’autonomia e delle prerogative della Professione, sia fra gli Infermieri che fra i “non addetti ai lavori”? Questo è un altro tema delicato; ed il dramma che a volte ho incontrato riguarda proprio questo aspetto: dal punto di vista giuridico non ci sono scriminanti per l’Infermiere “inconsapevole” o che “rifiuta la propria autonomia”. Troppe volte ho ascoltato colleghi che si trincerano dietro “l’ha detto il medico” o peggio “il medico non mi ha detto niente a riguardo”. Autonomia e responsabilità nascono, legislativamente, dalla Legge 42/99, ma la Disciplina Infermieristica già definiva il campo materiale di studio dell’Infermieristica e, conseguentemente le autonomie e responsabilità proprie. Il Codice Deontologico completa e affina i concetti di autonomia e responsabilità; pochi sanno che l’ultimo (2009) è il quarto Codice della nostra Professione in Italia. Questo intendo quando dico che il primissimo lavoro deve essere fatto sui Professionisti stessi, sugli studenti dei Corsi di Laurea: dobbiamo formare Professionisti Infermieri più consapevoli ed orgogliosi dello propria Autonomia e Responsabilità. Il “resto del mondo” deve essere informato dell’evoluzione professionale dell’Infermiere, ma soprattutto, ripeto, deve vederlo nel quotidiano, nell’esercizio professionale. Escludo da questo ragionamento, i medici nel loro complesso, che, soprattutto ultimamente, sono assai attenti alla nostra evoluzione... purtroppo per i motivi sbagliati, vedi la tematica delle “competenze avanzate”. A suo parere quanto è sentita, fra i colleghi infermieri ma anche, più in generale, all’interno del sistema sanitario, la necessità di formazione specifica riguardo agli aspetti dell’infermieristica legale e forense? Credo molto. Non è facile per noi sanitari, abituati a pensare e ragionare in ambito sanitario, inserirsi in un mondo che è totalmente diverso dal nostro, un mondo che a volte facciamo fatica a capire, con alcune rigidità specifiche e liturgie proprie... non per nulla il Processo non si svolge, si “celebra”. Ed in questo mondo “diverso” è necessario inserirsi in modo consapevole, portando il valore aggiunto che deriva dal nostro specifico professionale e che non è più “delegabile” ad altre professioni. Abbiamo parlato del ruolo dell’Infermiere Forense in ambito peritale, ma lo specifico spazia nell’universo della salute penitenziaria, nell’abuso di sostanze, nelle violenze, nella gestione del rischio clinico, ecc. Il Sistema Salute è sempre più articolato e complesso e parimenti le risposte devono essere specifiche. Mi sto sempre più rendendo conto dell’insufficienza anche della formazione specifica. All’interno del mio Studio vorrei differenziare le “ultra-specialità” per creare Infermieri Legali e Forensi dedicati pienamente a singoli aspetti dell’Infermieristica Legale e Forense. Lei è anche presidente del collegio IPASVI di Belluno che ruolo stanno giocando i Collegi in questo percorso di edificazione della coscienza professionale dell'Infermieristica Forense? I Collegi hanno un ruolo determinante: essi nascono infatti, per volere dello Stato, a tutela del Cittadino; pertanto i primi organi interessati alla corretta veicolazione dei messaggi e allo sviluppo della coscienza professionale sono proprio i Collegi Provinciali. Nello specifico poi, essi erogano parere obbligatorio per l’iscrizione ai singoli Albi del Tribunale (CTU e Periti) qualora l’Infermiere ne faccia richiesta al Tribunale. E grande, a questo proposito, è la responsabilità degli stessi nella definizione dei criteri formativi, professionali e deontologici che possano ottemperare positivamente alla richiesta di iscrizione. A Belluno siamo molto rigidi su questo, proprio perché il Consiglio Direttivo del Collegio ha condiviso e deliberato in merito ben percependo la responsabilità istituzionale che soggiace dietro l’autorizzazione all’esercizio delle funzioni peritali. Unitamente, ho coinvolto, per il tramite della Federazione Nazionale, tutti i Collegi d’Italia nella mappatura degli Infermieri iscritti nei singoli Albi per CTU e Periti dei Tribunali, in modo da avere una base-dati di partenza per fare dei ragionamenti rispetto alla diffusione dei Professionisti, ai titoli, all’esperienza. E’ necessario, a mio avviso, comprendere il fenomeno e cominciare ad intervenire miratamente coinvolgendo, “facendo rete”, diffondendo cultura, formazione continua mirata, il tutto per riappropriarci di aspetti propri della nostra professione in modo responsabile e consapevole. Vedremo gli sviluppi... Riguardo alla sua attività di Infermiere Forense, ci racconti l’aneddoto che ricorda con più piacere… e anche quello che le ha lasciato l’amaro in bocca…. La mia prima consulenza tecnica: il Giudice mi incarica di effettuare un accertamento tecnico d’ufficio circa la responsabilità professionale infermieristica in seguito ad un danno invalidante per il quale la parte lesa aveva chiesto un cospicuo risarcimento. Ed il tutto è partito perché il medico legale di parte aveva effettuato una perizia medico legale indicando chiaramente che la causa di tutto era “la malpractice infermieristica”. Studiando meticolosamente la cartella infermieristica ho dimostrato che il comportamento degli Infermieri era pressoché ineccepibile rispetto alla miglior pratica clinica evidente e che quindi, se c’è stata malpractice non era certo infermieristica. Soddisfazione a parte però, questo mi ha fatto ulteriormente pensare a quante volte i profili di responsabilità non sono stati valutati correttamente, quindi con condanne o assoluzioni potenzialmente sbagliate, per il “semplice” fatto che non c’era un Infermiere a valutare un Infermiere. Ho sentito l’amaro in bocca, unitamente a molta rabbia e vergogna, ascoltando ad un convegno, la sorella di Stefano Cucchi e la nipote di Franco Mastrogiovanni, due casi le cui sentenze hanno fatto notizia e che evidenziano una serie di errori ed omissioni professionali indegne e con conseguenza, notoriamente, drammatiche. Anche qui, purtroppo, ho fatto lo stesso ragionamento di prima: l’Infermieristica agli Infermieri, ovunque! Cosa pensa del sindacato di categoria? A suo avviso ritiene possibile una sinergia fra l'IPASVI e il sindacato professionale e se sì, quali vantaggi potrebbe apportare questa sinergia alla professione? La domanda mi permette di ribadire un concetto importante: l'Ordine professionale è una istituzione dello Stato che nasce a tutela del Cittadino, il Sindacato nasce a tutela del Professionista. Tra l'Ordine professionale ed il Sindacato il tramite è la Professione con le sue implicazioni e ricadute, dirette ed indirette, sul Cittadino. In quest'ottica e nel rispetto dei mandati specifici vedo solo sinergie possibili.   (a cura di Chiara D'Angelo)