Infermieri costretti a pagare la Cooperativa per poter lavorare. Scoperta maxi truffa tra Veneto e Lombardia
Dopo il caso di Bologna e la scoperta di un’app che gestiva gli Infermieri a chiamata, un’altra maxi truffa è stata scovata, stavolta a Milano.
Una cooperativa con sede a Milano per l’appunto, reclutava Infermieri in tutto il Nord per destinarli all’assistenza domiciliare.
Condizione per ottenere il lavoro: pagare una tessera di affiliazione di 100 euro, aprire una partita Iva, sostenendo i relativi costi, procurarsi i pazienti (clienti) a loro volta tenuti a versare un’ulteriore tessera di 50/100 euro.
Gli infermieri si sarebbero dovuti muovere con mezzi propri, pagandosi la benzina ed eventualmente l’autostrada, e avrebbero dovuto comprarsi il materiale di lavoro. La cooperativa si sarebbe limitata ad attivare una sorta di call center incaricato di incrociare domanda e offerta, soprattutto quando un professionista non poteva assistere un suo paziente perché già impegnato con un altro e allora sarebbe stato necessario trovare un sostituto.
Della prestazione erogata secondo il tariffario, gli infermieri avrebbero dovuto fatturarla e versarne una cospicua parte alla cooperativa.
Va da sé che per ottenere uno stipendio adeguato, gli infermieri avrebbero dovuto lavorare senza sosta.
Quella delle cooperative è una piaga più volte denunciata da NurSind e dai quali esposti è nata una proposta di legge che però non ha ancora visto la luce.
Il Disegno di Legge n.813, si propone di mettere fine ad un modus operandi intollerabile e di ridare dignità contrattuale ed economica a tutti i lavoratori.
Questo si compone di due articoli:
Art 1. Richiama l’articolo 2094 del codice civile che considera il prestatore di lavoro subordinato chiunque sia obbligato , mediante retribuzione, a collaborare nel l’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manualealle dipendenze e secondo le direttive, almeno di massima, dell’imprenditore, anche nei casi nei quali non vi sia la predeterminazione di un orario di lavoro e il prestatore sia libero di accettare la singola prestazione richiesta, ove vi sia la destinazione al datore di lavoro del risultato della prestazione e ove l’organizzazione alla quale viene destinata la prestazione non sia la propria ma del datore di lavoro.
Art 2. Nei casi di cui all’articolo 1, ai prestatori di lavoro deve essere applicato un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti dal contratto collettivo nazionale applicabile all’attività prestata o, in mancanza, ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria più affine.
2. In presenza di una pluralità di contratti collettivi per la medesima categoria, i datori di lavoro che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione della presente legge applicano ai propri dipendenti tratta menti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria.
Da Corriere Veneto.
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