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Infermieri costretti a pagare la Cooperativa per poter lavorare. Scoperta maxi truffa tra Veneto e Lombardia

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 04/04/2019

Attualità

Dopo il caso di Bologna e la scoperta di un’app che gestiva gli Infermieri a chiamata, un’altra maxi truffa è stata scovata, stavolta a Milano.

Una cooperativa con sede a Milano per l’appunto, reclutava Infermieri in tutto il Nord per destinarli all’assistenza domiciliare.

Condizione per ottenere il lavoro: pagare una tessera di affiliazione di 100 euro, aprire una partita Iva, sostenendo i relativi costi, procurarsi i pazienti (clienti) a loro volta tenuti a versare un’ulteriore tessera di 50/100 euro.

Gli infermieri si sarebbero dovuti muovere con mezzi propri, pagandosi la benzina ed eventualmente l’autostrada, e avrebbero dovuto comprarsi il materiale di lavoro. La cooperativa si sarebbe limitata ad attivare una sorta di call center incaricato di incrociare domanda e offerta, soprattutto quando un professionista non poteva assistere un suo paziente perché già impegnato con un altro e allora sarebbe stato necessario trovare un sostituto.

Della prestazione erogata secondo il tariffario, gli infermieri avrebbero dovuto fatturarla e versarne una cospicua parte alla cooperativa.

Va da sé che per ottenere uno stipendio adeguato, gli infermieri avrebbero dovuto lavorare senza sosta.

 

Quella delle cooperative è una piaga più volte denunciata da NurSind e dai quali esposti è nata una proposta di legge che però non ha ancora visto la luce.

Il Disegno di Legge n.813, si propone di mettere fine ad un modus operandi intollerabile e di ridare dignità contrattuale ed economica a tutti i lavoratori.

Questo si compone di due articoli:

 

Art 1. Richiama l’articolo 2094 del codice civile che considera il presta­tore di lavoro subordinato chiunque sia obbli­gato , mediante retribuzione, a collaborare nel­ l’impresa, prestando il proprio lavoro intel­lettuale o manualealle dipendenze e secondo le direttive, almeno di massima, del­l’imprenditore, anche nei casi nei quali non vi sia la predeterminazione di un orario di lavoro e il prestatore sia libero di accettare la singola prestazione richiesta, ove vi sia la destinazione al datore di lavoro del risultato della prestazione e ove l’organizzazione alla quale viene destinata la prestazione non sia la propria ma del datore di lavoro.

 

 

Art 2. Nei casi di cui all’articolo 1, ai presta­tori di lavoro deve essere applicato un trat­tamento economico complessivo proporzio­nato alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti dal contratto collettivo nazionale ap­plicabile all’attività prestata o, in mancanza, ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria più affine.

2. In presenza di una pluralità di contratti collettivi per la medesima categoria, i datori di lavoro che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione della presente legge applicano ai propri dipendenti tratta­ menti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a li­vello nazionale nella categoria.

 

 

Da Corriere Veneto.

 

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