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Perforò il retto ad una paziente durante colonscopia. Infermiera condannata a 50 mila euro di risarcimento

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 14/12/2019

AttualitàNurSind dal territorioToscana

E’ stata condannata dalla Corte dei Conti a risarcire 50 mila euro alla Regione Toscana, l’infermiera che fu accusata di essere responsabile di aver provocato la perforazione del retto e la lacerazione della vagina ad una paziente settantenne che si era sottoposta ad una colonscopia

I fatti

Piombino. La vicenda risale al 2010; andata a Villamarina per un esame radiografico con clisma opaco, una donna settantenne era finita sotto i ferri per la perforazione del retto e lesioni alla parete vaginale.

L’esame iniziò ma fu sospeso perché la donna aveva fortissimi dolori. La sonda le aveva perforato il retto intestinale. Dopo l’intervento chirurgico, la paziente depositò un atto di citazione e la Procura aprì un fascicolo.

Le parti si accordarono e la transazione si chiuse con l’esborso, da parte della Regione, di oltre 500 mila euro.

A finire sotto accusa l’infermiera ed il medico in servizio presso l’unità di radiodiagnostica, la cui posizione fu subito archiviata perché, si disse, l’inserimento della sonda era di competenza del solo personale infermieristico.

Dopo anni di processi, l’infermiera è stata condannata a risarcire solo 50 dei 500 mila euro sborsati dalla regione, nella determinazione delle somma si è tenuto in considerazione la situazione economica e la qualifica funzionale dell’infermiera.

 

Colonscopia quali rischi?

La colonscopia è un esame diretto della superficie intestinale e delle sue eventuali alterazioni. 

Durante l’esecuzione dell’esame, il paziente è sdraiato sul fianco sinistro, con le cosce flesse sul bacino e le ginocchia piegate (rannicchiato). Per garantire una migliore visualizzazione della mucosa, durante l'esame occorre distendere le pareti intestinali, insufflando anidride carbonica attraverso lo strumento stesso.

La preparazione per la colonscopia inizia almeno tre giorni prima dell’esame, poiché il paziente deve eliminare scorie come frutta e verdura. Il giorno prima dell’indagine deve limitarsi all’assunzione di cibi liquidi e il giorno dell’endoscopia mantenere il digiuno. Inoltre, affinché l’intestino sia pulito correttamente, la persona deve assumere un lassativo iso – osmotico diluito in acqua (comunemente dai due ai quattro litri di acqua). Se dopo l’assunzione del lassativo la persona continua ad evacuare feci formate, può essere necessario eseguire un clistere evacuativo.

La colonscopia di per sé è un esame considerato sicuro, ma non è mai possibile escludere totalmente le complicazioni rare, in particolare la perforazione dell'intestino e la comparsa di emorragie, quando si asportano grossi polipi.

Clisma opaco con contrasto

Il clisma opaco doppio contrasto è una radiografia del colon e del retto che viene effettuata mediante l'utilizzo prima di sospensione di acqua e bario introdotti per via rettale e poi di aria che consente di rendere visibile ai raggi x la struttura dell'organo in cui viene immessa, cioè il colon in toto.

Come funziona il clisma opaco con contrasto

Il medico o l'infermiere inserisce la sonda, per massimo 10 centimetri, nel retto del paziente. Mediante una sacca collegata alla sonda si introduce quindi gradualmente il liquido di contrasto e poi l’aria, utili per consentire una migliore distribuzione del mezzo di contrasto. Nel corso dell'esame viene chiesto più volte al paziente di cambiare posizione (su un fianco, sull'altro) per permettere al mezzo di contrasto di opacizzare tutto il colon così che il medico valuti al meglio. Vengono riprese delle immagini dell’intestino grazie ai raggi x e vengono poi trasmesse al monitor di refertazione.

I rischi

Non è un esame pericoloso, ma può rivelarsi fastidioso. L'inserimento della sonda, del liquido di contrasto e dell’aria provoca frequentemente dolori addominali, a volte anche importanti.

 

 La perizia di colpevolezza

Dalla relazione dell’unità di Medicina Legale e dalla stessa Ctu eseguita su incarico del Tribunale di Livorno, risultò che la manovra di esecuzione dell’indagine colonscopica era stata errata, «con l’esercizioscrive la Corte dei conti - di una pressione incontrollata sulla sonda presso il termine della manovra di introduzione, così che si produsse una complicazione rara e non giustificata da situazioni eccezionali che ponessero specifici rischi, con diretto nesso causale tra l’errata manovra e la perforazione del retto e spandimento di bario nei tessuti circostanti, con la necessità di un intervento chirurgico riparativo».

Secondo il CTU l’esame radiologico con clisma opaco «è un intervento di routine, senza particolari difficoltà tecniche che, se ben condotto, non è causa di complicazioni. Nella specie non ricorrevano situazioni eccezionali e pertanto la lesione iatrogena non è giustificabile ed è sintomatica di una condotta professionale non improntata alla dovuta diligenza». Quanto al nesso causale, «se il sanitario avesse tenuto una condotta diligente, prudente e perita, la lesione non si sarebbe verificata. La paziente era stata posta in posizione corretta, ma il tipo di lesione indica che non era stata controllata adeguatamente la pressione applicata alla sonda né la resistenza via via incontrata. Il fatto di avere coinvolto anche la vagina nella lesione indica che fu esercitata una pressione eccessiva sulla sonda presso il termine della manovra di introduzione». Quindi, scrive la Corte, «la lesione è frutto di una manovra maldestra e grossolana. E sussiste il nesso causale ».

La perizia della difesa

Secondo l’avvocato della difesa infatti, la stessa Ctu ha qualificato l’evento perforazione del retto come una complicazione possibile, anche se rara, che può essere favorita dall’età della paziente. Il consenso informato conteneva un espresso richiamo alla possibile perforazione dell’intestino. Si tratterebbe quindi di una complicazione che si può verificare anche in assenza di negligenza e, anche qualora si verifichi per colpa, non vi sarebbero state ragioni per qualificarla grave nel senso indicato dalla giurisprudenza.

 

da Il Tirreno