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Reperibilità e riposo 11ore. Contratto viola normativa europea. Al via procedura infrazione contro l’Italia

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 18/02/2020 vai ai commenti

AttualitàLeggi e sentenze

L’articolo 7 del decreto Legislativo n.66 del 2003,  che recita: “Fermo restando  la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore  ha  diritto  a  undici  ore  di  riposo  consecutivo ogni ventiquattro  ore.  Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte  salve  le  attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata”, è stato modificato dalla Legge introdotta dal Governo Berlusconi, la 2008, n.133, introducendo all’articolo 41 comma, introducendo dopo le parole «frazionati durante la giornata», le seguenti: «o da regimi di reperibilita», escludendo  i lavoratori in servizio di reperibilità attiva dai benefici del riposo giornaliero di 11 ore consecutive nelle 24 ore. 

Questo vuol dire che la chiamata in servizio durante la pronta disponibilità “sospende” il riposo e non lo “interrompe”: al termine della prestazione lavorativa resa in regime di reperibilità, non si dovrà riconoscere un altro periodo completo di riposo, ma un numero di ore che, sommate a quelle fruite prima della chiamata, consentano il completamento delle undici ore di riposo complessivo previste dall’Ue, ma che in questa maniera non viene tutelato.

Le ore passate a casa in attesa di una chiamata e che limitano la libertà del lavoratore, che di fatto è a disposizione dell’azienda non vengono conteggiate come lavoro.

Per questo Anaao Assomed ha depositato un ricorso alla Commissione Europea per avviare la procedura di infrazione contro lo Stato Italiano, ritenendo che per gli operatori sanitari del servizio pubblico sia violato il sistema minimo di tutele della salute e della sicurezza dei lavoratori, previsto dalla Direttiva 2003/88 CE sull’orario di lavoro. 

 

La disciplina legislativa è stata ripresa anche dall’ultimo CCNL 2016/2018 comparto sanità, che pone una spada di Damocle sugli infermieri, infatti all’art 28 comma 10 prevede:

Il personale in pronta disponibilità chiamato in servizio, con conseguente sospensione delle undici ore di riposo immediatamente successivo e consecutivo, deve recuperare immediatamente e consecutivamente dopo il servizio reso le ore mancanti per il completamento delle undici ore di riposo; nel caso in cui, per ragioni eccezionali, non sia possibile applicare la disciplina di cui al precedente periodo, quale misura di adeguata protezione, le ore di mancato riposo saranno fruite, in un’unica soluzione, nei successivi sette giorni, fino al completamento delle undici ore di riposo. Le regolamentazioni di dettaglio attuative delle disposizioni contenute nel presente comma sono definibili dalle Aziende ed Enti.

 

Sentenza Corte Europea

Di tutt’altro avviso è la sentenza del 2018 della Corte Europea che stabilì che le ore di guardia che un lavoratore trascorre al proprio domicilio con l’obbligo di rispondere alle convocazioni del suo datore di lavoro entro 8 minuti nel caso specifico, è un obbligo che limita molto fortemente le possibilità di svolgere altre attività, devono essere considerate come orario di lavoro.

Il caso, riguardava un volontario del corpo dei vigili del fuoco di una cittadina belga, che prestava servizio come pompiere e che avviò un procedimento giudiziario contro il Comune di Nivelles per ottenere un risarcimento i per servizi di guardia al proprio domicilio.

Il lavoratore secondo l’accordo con il Comune, non doveva solo essere raggiungibile durante i servizi di guardia, ma era obbligato a rispondere alle convocazioni del datore di lavoro entro 8 minuti e a essere fisicamente presente nel luogo stabilito dal datore di lavoro. Questi vincoli, scrivono i giudici Ue nella sentenza, gli impedivano di “dedicarsi ai propri interessi personali”.

 


 Normativa di riferimento:

DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2003, n. 66

Legge 6 agosto 2008, n. 133

 

da Quotidiano Sanità

ph credit: dal web