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Infermieri, dipendenti pubblici. Quando è possibile il ricongiungimento familiare?

La Redazionedi
La Redazione
Pubblicato il: 12/06/2020

Leggi e sentenze

Ci sono due casi in cui i dipendenti pubblici possono chiedere di essere trasferiti per ricongiungersi con il coniuge e la famiglia, ovvero quelli descritti dall’ art. 3 - comma 105 della legge n. 350/2003 e dalla Legge 104/1992.

L’ art. 3 - comma 105 della legge n. 350/2003 ha modificato il Decreto Legislativo 151/2001 introducendo l’art. 42/bis dove si prevede che il genitore, con figli minori fino a tre anni, dipendente di amministrazioni pubbliche può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione.

L’art. 14 – comma 7 della legge n. 124/2015 ha disposto la modifica dell'art. 42-bis, comma 1 prevedendo che il diniego, non solo deve essere motivato, come previsto nella iniziale stesura del testo di legge, ma deve anche essere limitato a casi o esigenze eccezionali.
I presupposti per poter fruire del beneficio sono:

  • entrambi i genitori siano lavoratori con un figlio di età inferiore ai 3 anni;
  • nella sede di servizio richiesta, ubicata nella provincia o regione ove lavora l’altro coniuge, esista un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva.

Dati i problemi interpretativi della norma e le notevoli difficoltà di applicazione con conseguenti contenziosi in merito, il Consiglio di Stato ha riformato l’ordinanza di rigetto espressa dal TAR Basilicata, concernente il diniego di assegnazione temporanea con la seguente motivazione: “Ritenuto che l’appello pare presentare sufficienti elementi di fumus boni juris, atteso che dopo la modifica dell’art. 42 bis del D.Lgs. 151/01, per effetto dell’art. 14 c. 7 della L. 124/15, le mere difficoltà organizzative dell’Amministrazione, dovute a carenza di organico, non possono costituire motivi ostativi al riconoscimento del beneficio previsto dalla suddetta disposizione normativa, introdotto dal legislatore a tutela dei minori”.

Ulteriori problemi interpretativi sono sorti sull’età del bambino in relazione al periodo di fruizione.
L’assegnazione, anche in modo frazionato, non può superare complessivamente i 3 anni. Se viene, quindi, concessa l’assegnazione temporanea quando il bambino ha 1 anno, la stessa potrà estendersi per un periodo complessivo di 3 anni e cioè fino a quando il bambino avrà 4 anni di età:

l’ambito temporale del beneficio, ovvero se l'assegnazione temporanea in esame debba essere, in ogni caso, limitata fino al compimento dei tre anni di età dei minori” ha fornito il proprio parere, stabilendo che “il limite di età (figli al di sotto dei tre anni) fissato dalla disposizione, è il requisito soggettivo che da diritto al beneficio, determinandone l'arco temporale entro il quale va fatta la richiesta e non il limite entro cui deve necessariamente concludersi l'assegnazione provvisoria”.

Nota n. 192 del 04/05/2004 del Dipartimento della Funzione Pubblica

 

Trasferimento e legge 104

I lavoratori che assistono una persona con disabilità grave, secondo la Legge 104, o i lavoratori disabili gravi hanno diritto a scegliere, quando possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio

Non esiste però un diritto al trasferimento, ma si tratta di un interesse legittimo.

L’azienda, per opporsi alla scelta della sede di lavoro preferita dal dipendente, non può utilizzare qualsiasi motivazione, ma deve giustificare il rifiuto con esigenze produttive straordinarie: se non esistono ragioni produttive alla base del diniego, dunque, o se queste motivazioni non sono straordinarie, il lavoratore disabile o beneficiario della Legge 104 ha diritto al trasferimento.

Una sentenza della Cassazione, la n. 7120 del 22 marzo 2018 precisa che, la legge 104 del 1992, deve essere interpretata alla luce dell’articolo 3 Cost., comma 2, dell’articolo 26 della Carta di Nizza e della Convenzione delle Nazioni del 13.12.2006 sui diritti dei disabili, le misure previste dall’articolo 33, comma 5, devono intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo riconducibile al principio sancito dall’articolo 3 Cost., comma 2, – che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l’assistenza familiare e, dall’altro, devono coesistere con altri valori costituzionali (cfr. da ultimo Cass. n. 24015/2017); ne consegue che le posizioni giuridiche soggettive in capo agli interessati, proprio per il loro fondamento costituzionale e di diritto sovranazionale, vanno individuate quali diritti soggettivi (e non interessi legittimi) ma richiedenti, di volta in volta, un bilanciamento necessario di interessi, con il relativo onere probatorio in capo al datore di lavoro”.

 

 

 da Superabile Inail e la legge per tutti