Iscriviti alla newsletter

Vaccini a mRNA vs vaccini a vettore virale: quali differenze?

E' il turno di ChAdOx1 nCoV-2019. Il vaccino per Covid-19 messo a punto da AstraZeneca in collaborazione con la Oxford University si è dimostrato -secondo quanto dichiarato dall'azienda e dall'ateneo inglese- efficace nel 70% dei casi. I dati, anche in questo caso, non sono stati ancora pubblicati ufficialmente e rappresentano una prima parziale fotografia ottenuta grazie ad uno studio di fase III sull'utilità del vaccino (allegato in fondo all'articolo). 

 

I VACCINI A VETTORE VIRALE

A differenza dei vaccini di Pfizer e Moderna -realizzati con la tecnologia ad mRNA-, il vaccino messo a punto da AstraZeneca rientra nella categoria di quelli a "vettore virale". Anziché iniettare dunque l'mRNA necessario a far produrre la proteina "spike" di Sars-Cov-2, il vaccino a vettore virale consiste nell'utilizzo di un virus reso innocuo contenente al suo interno una sequenza di Dna utile a fare produrre la proteina "spike" e generale la conseguente risposta immunitaria. Un approccio testato con successo già nel vaccino sperimentale contro Ebola e in medicina veterinaria.

 

LE DIFFERENZE CON I VACCINI A mRNA

Sia con l'mRNA sia con il vettore virale si fornisce al corpo l'informazione necessaria per produrre gli anticorpi corretti. Il risultato non cambia. Ma la grande differenza con i primi -al di là dei dati che dovranno dirci l'efficacia a seconda del tipo di popolazione, utili per capire quale strategia è migliore in determinate persone- riguarda la produzione e la distribuzione. Se quelli a mRNA richiedono accortezze particolari per il trasporto e la conservazione (bassissime temperature), quello a vettore virale sviluppato in collaborazione con l'Università di Oxford potrà essere distribuito e conservato come un qualsiasi altro vaccino oggi in commercio. Un vantaggio anche in termini di costi per singola dose.

 

I RISULTATI DICHIARATI

Nei dati da poco annunciati il vaccino messo a punto si è dimostrato efficace nel 70% dei casi. Un risultato eccellente se si considera, ad esempio, che il vaccino antinfluenzale si attesta intorno alla stessa percentuale. Attenzione però a fare i confronti con l'efficacia -al momento dichiarata- di quelli a mRNA. Il 70% si riferisce all'efficacia globale rispetto alle due modalità di somministrazione. L'efficacia raggiunge il 90% quando il vaccino viene somministrato con una mezza dose in prima battuta e con un richiamo a dose completa. Quando invece è stato somministrato in due dosi complete, l'efficacia si è attestata intorno al 62%.

Nei giorni immediatamente successivi all'annuncio l'azienda produttrice ha affermato che i risultati raggiunti attraverso la somministrazione della mezza dose più quella intera sono frutto di un errore nella procedura di somministrazione. Non solo, nella stesura dei dati sono stati accomunati due popolazioni differenti. Partendo da queste considerazioni è possibile l'avviamento di una nuova sperimentazione volta a migliorare l'analisi dei dati ottenuti.

 

Oxford University breakthrough on global COVID-19 vaccine - Oxford University

 

Fonte: Magazine Fondazione Veronesi