Prescrizione infermieristica. La richiesta di un pannolone? La deve fare il medico specialista
Ad oggi, in Italia, un paziente che soffre di incontinenza, per poter richiedere un pannolone, deve avere la ricetta con prescrizione da parte del medico specialista.
Lo Stato prevede la fornitura gratuita di ausili come i cateteri, oltre a presidi sanitari assorbenti, ovvero pannoloni.
ITER PER OTTENERE PANNOLONI DALLE ASL – In Italia, in presenza dei requisiti, viene garantita una fornitura standard: l’iter per ottenere i pannoloni per incontinenti è stabilito dal Decreto min. Sanità 321 del 31 maggio 2001, e prevede questi step:
- prescrizione da parte di uno specialista del Ssn che indica il grado di gravità dell’incontinenza, e il fabbisogno di ausili assorbenti
- autorizzazione della ASL
-Consegna da parte della ASL in farmacia o domicilio in modalità frazionate e diverse da Asl ad Asl.
In genere la prescrizione dello specialista dura un anno ed è rinnovabile.
Avere la prescrizione del medico specialista, prevede un percorso farraginoso, che appesantisce il sistema di visite ambulatoriali, ingolfandolo e lunghe attese per i pazienti, in fila come per qualsiasi altra visita specialistica.
Ma davvero nel 2022, con la presenza super acclamata della figura dell’infermiere di famiglia, di professionisti formati, laureati, per la prescrizione di un pannolone si debba ricorrere allo specialista?
Nel documento della Fnopi - Nuovi orizzonti del personale infermieristico criticitaÌ€ e proposte per la valorizzazione della professione – viene delineato l’infermiere del futuro: infermiere specializzato, infermiere prescrittore, infermiere gestore e coordinatore di percorsi assistenziali soprattutto sul territorio, infermiere aperto al mix professionale per soddisfare i bisogni degli assistiti, infermiere incentivato con nuovi sbocchi di carriera e percorsi premianti.
Relativamente all’infermiere prescrittore, l’infermiere, professionista di prossimità se formato ad hoc sarebbe in grado di garantire la presa in carico della persona assistita anche per quanto attiene la prescrizione dei dispositivi medici monouso, oltre che per favorire la sburocratizzazione dei percorsi (PDTA) per l’acquisizione degli stessi.
La motivazione non si ferma qui. La modifica dei Lea secondo le associazioni eviterebbe “spaventosi iter burocratici che i cittadini devono subire per ottenere ogni due mesi i dispositivi medici monouso (sacche, placche, cateteri, cannule tracheali, pannoloni, traverse, ecc..) dalle Regioni, dalle Aziende Sanitarie locali e dai Distretti socio-sanitari, su pressione dei propri associati e stanchi di subire iter burocratici al limite della dignità umana”.
La situazione in Europa
In merito all’infermiere prescrittore, l’Italia, è indietro anni luce rispetto al resto dell’Europa.
Paesi come il Regno Unito e la Svezia hanno fatto da apripista già negli anni Novanta, seguiti poi, nei primi anni di questo secolo, da Norvegia, Irlanda e Danimarca e poi, via via, da altri Paesi come Finlandia, Olanda, Cipro, Spagna, Polonia, Estonia, Francia e, da ultimo, nel 2017, dal Cantone svizzero di Vaud.
Tra le motivazioni che hanno avviato tali, importanti riforme, possiamo elencarne almeno quattro:
- Carenzadi medici
- Aumentodelle cronicità
- Implementazionedel lavoro multiprofessionale
- Maggior offertaformativa universitaria per gli infermieri
La normativa cambia da Paese a Paese e i requisiti formativi e prescrittivi sono diversi tra loro.
Solo in tre dei tredici Paesi gli infermieri hanno pieni poteri prescrittivi all’interno della loro specialità: l’Irlanda (infermieri che prescrivono), i Paesi Bassi (infermieri specializzati) e il Regno Unito (infermieri prescrittivi indipendenti).
In Norvegia, in Polonia e in Svezia, gli infermieri sono autorizzati a prescrivere inizialmente determinati farmaci da un set limitato di medicinali e devono aver seguito un corso di specializzazione. Solitamente tali corsi, Master universitari o corsi integrativi più brevi, sono previsti più o meno in tutti i Paesi interessati dalle riforme in oggetto.
In Norvegia, ad esempio, è richiesto un Master di 60 CFU per diventare infermiere di sanità pubblica; questi colleghi lavorano spesso in strutture per minori o consultori dove è data loro la possibilità di prescrivere, ad esempio, contraccettivi.
A Cipro sono previsti Master con specializzazioni in Salute Mentale, in Ostetricia o in Oncologia dove agli infermieri viene data la possibilità di prescrivere farmaci in base alla specialità.
In Estonia, dopo un percorso formativo della durata di 120 ore, si può lavorare come infermiere di famiglia e prescrivere farmaci per il diabete, l’ipertensione, la cistite acuta o anche i contraccettivi, ma solo dopo una prima visita e prescrizione del medico di famiglia.
In Finlandia, l’infermiere prescrittore, opportunamente formato, può prescrivere alcuni farmaci in completa autonomia (per influenza, epatite, varicella, faringite, anestetici locali, contraccettivi) e altri solo dopo prima visita e prescrizione medica (per asma, diabete, ipertensione, dislipidemia).
Una situazione così variegata, all’interno del continente europeo, non facilita la mobilità professionale degli infermieri, visto che da un paese all’altro si possono incontrare realtà molto diverse tra loro.
Quella che emerge è una chiara “svogliatezza politica” verso iniziative che tendano ad uniformare sia i percorsi formativi che le norme che regolamentano l’esercizio della professione nei vari Paesi.
Anche per questo credo sia opportuno dare una rilettura ai sette capitoli sulle fragilità degli infermieri (cercate “il tallone degli infermieri” nell’apposita riga di ricerca) e fare tutti una seria riflessione su ciò che possiamo o non possiamo fare, su ciò che dobbiamo o non dobbiamo fare.