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Il dolore fisico e quello mentale: la disparità di trattamento nel nostro Paese

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 04/01/2023

AttualitàProfessione e lavoroPunto di Vista

Il dolore acuto o cronico affligge decine di milioni di persone. Esistono dolori che durano soltanto giorni, come quelli causati da traumi, postumi di operazioni, malattie che si riacutizzano. Ma il dolore che più spaventa è quello cronico, che dura mesi o anni.

Stiamo parlando di dolore fisico, contro il quale ci si sta mobilitando da tempo a livello nazionale: legge 38 del 2010, intesa Stato-Regioni del 25 luglio 2012, Decreto Ministeriale 21 novembre 2018, accordo Stato-Regioni del 27 luglio 2020. Si istituiscono Reti Regionali (RRDT), Reti Locali (RLTD), coordinamenti capillari, sistemi informativi, sistemi di monitoraggio, corsi obbligatori di formazione.

Ma c’è un altro tipo di dolore verso il quale si sta facendo poco, anzi: si sta smantellando quel poco o tanto (a seconda delle zone d’Italia) che c’era e che faticosamente è stato messo in piedi. Sto parlando del “dolore dell’anima” o, se preferite, “dolore psichico”, che affligge una parte considerevole di concittadini e per i quali diventa sempre più difficile poter godere di un’assistenza adeguata senza dover mettere mano al portafogli.

La spesa complessiva per la Salute Mentale, in Italia, è pericolosamente diminuita e purtroppo non ci sembra di poter individuare, nelle pur significative risorse destinate dal PNRR alla Missione Salute, capitoli destinati alla salute mentale.

Negli anni dal 2015 al 2018 la spesa per la Salute Mentale si attestava su valori intorno al 3,5% del Fondo Sanitario Nazionale ma, dal 2019, tale spesa è scesa sotto il 3%. Il nostro Paese si collocava già tra gli ultimi posti, tra le Nazioni europee, ma ora la nostra situazione è ulteriormente peggiorata.

Un’autorevole raccomandazione della Lancet Commission sulla Salute Mentale Globale e lo Sviluppo Sostenibile (The Lancet Commission on global mental health and sustainable development. Lancet 2018; 392: 1553–98) dice che “I bilanci sanitari devono avere un maggiore stanziamento di fondi per l’assistenza in salute mentale… In generale, i Paesi a basso-medio reddito dovrebbero aumentare la loro allocazione per la salute mentale ad almeno il 5% e i Paesi ad alto reddito ad almeno il 10% del bilancio sanitario totale”.

L’Italia, seppur posizionandosi tra i Paesi ad alto reddito, non raggiunge nemmeno i livelli di finanziamento previsti per i Paesi a basso-medio reddito. E questo nonostante l’altisonante dichiarazione della Conferenza dei Presidenti delle Regioni avesse dichiarato, nel lontano 2001, di “destinare almeno il 5% dei fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela della Salute Mentale”.

Nel panorama mondiale, secondo una recente rilevazione OCSE, l’Italia si pone addirittura negli ultimi posti, come spesa per la Salute Mentale: peggio di noi solo l’Estonia e il Cile!

Tornando a casa nostra, anche la situazione sul territorio nazionale non è uniforme e ritroviamo, sotto la media nazionale regioni come la Campania, la Basilicata, il Veneto, la Lombardia, il Piemonte e le Marche. Tra le regioni più generose verso la Salute Mentale, troviamo le nostre due isole maggiori (Sicilia e Sardegna) oltre a regioni come la Liguria, l’Emilia Romagna e la Toscana.

È paradossale come, in questo periodo nel quale si parla sempre più di assistenza territoriale all’insegna della prossimità, della domiciliarità, dell’integrazione sociosanitaria non si guardi adeguatamente a quei Servizi che operano secondo questi principi da oltre quarant’anni, ovvero i Servizi di Salute Mentale!

Eppure, mai come oggi, prima la pandemia, poi la guerra tra Russia e Ucraina, la crisi economica e quella energetica, lo spauracchio della minaccia atomica minano il benessere mentale della popolazione mondiale sottoponendolo a forti sollecitazioni, confermate dai dati: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato un aumento globale del 25% di ansia e depressione in questi anni. E l’impatto economico di questi disturbi non è banale: si calcola che ogni anno siano 12 miliardi le giornate di lavoro perse a livello mondiale a causa di ansia e depressione, per una spesa superiore a un trilione (un miliardo di miliardi) di dollari.

Oggi non è più possibile immaginare una ripresa economica senza una ripresa delle donne e degli uomini che la dovranno realizzare, più che mai occorre un rinnovato patto di scopo tra Governo, Parlamento e Regioni per l’individuazione e la razionale assegnazione di fondi adeguati ai nuovi (e antichi) bisogni di cura per la Salute Mentale.

Prima che sia troppo tardi!

Qualunque sia la malattia, quindi, il dolore deve essere alleviato, senza tentennamenti. Va combattuto senza tregua in tutti i modi possibili. Sia il dolore fisico che quello mentale.