Iscriviti alla newsletter

Infermieri partigiani: Maria Peron

Gemma Maria Riboldidi
Gemma Maria Riboldi
Pubblicato il: 24/04/2023 vai ai commenti

AttualitàLa nostra storia

Progetto a cura di Vincenzo Raucci e Gemma Maria Riboldi

 

Ecco la seconda parte dell’articolo dedicati a Maria Peron (Prima parte ). Ci eravamo lasciati con Maria Peron in partenza dopo aver messo i malati al sicuro a Busarasca per assistere il partigiano Scampini.

Maria era un’infermiera ormai abituata ad assistere feriti di guerra e prigionieri ma questa volta dovette superare sé stessa e mettere in pratica quanto aveva appreso lavorando nelle sale operatorie dell’ospedale Maggiore di Milano, quanto aveva imparato osservando gli interventi chirurgici e i chirurghi che assisteva, prima di partire per le valli, come strumentista.

Al suo arrivo nella baita, dove fu nascosto il partigiano, trovò Scampini avvolto in un lenzuolo inzuppato di sangue a causa di una perforazione addominale con segni di peritonite. Non ebbe altra soluzione che superare ogni timore e perplessità e mettere in pratica quanto aveva imparato; effettuò lì nel mezzo di una baita, sul fieno, a lume di candela e con pochi ferri un intervento chirurgico per cercare di salvare il partigiano ferito.

A causa del continuo controllo della zona dei nazi-fascisti, Maria Peron non poté fermarsi alla baita con Scampini ma diede precise indicazioni per l’assistenza a dei boscaioli. Il partigiano venne trasferito in una grotta dove vi rimase per ventisette giorni superando il momento tanto critico grazie all’intervento di questa eroica infermiera.

Maria Peron nel frattempo, vestita da apina e con una gerla in spalla fornita delle suore di Finnero, riuscì a circolare continuando a dare assistenza a chi necessitasse del suo aiuto. Ovviamente, per riuscire a portare avanti quanto prefissato, non fu sola ma venne sostenuta da un prete locale, tale Don Giuseppe, che si premurava di tenerla costantemente aggiornata sugli spostamenti fascisti.

Il 27 giugno del 1944 arrivò l’informazione più importante da Don Giuseppe, i fascisti aveva lasciato la zona.

 

Piccolo inciso storico dovuto a Finnero: il 23 giugno 1944, dietro il muro del cimitero di Finero, vengono fucilati gli ultimi quindici partigiani catturati in Val Vigezzo e in Valle Cannobina durante il rastrellamento di giugno operato dai nazifascisti. I “ribelli” vengono prelavati dall’asilo del vicino paese di Malesco, dove erano stati rinchiusi e torturati nei giorni precedenti.

 

Tra quelle valli Maria Peron assistette molti feriti e uno in particolare, un alpino, rimase al suo fianco anche dopo la guerra …. da quell’incontro nacque l’amore che culminò con il matrimonio.

L’alpino si chiamava Laurenti e si conobbero quando corse per prestagli assistenza a causa di una ferita alla scapola durante un agguato in cui perse anche la prima falange di un dito; ad amputaglielo fu proprio Maria Peron.

Il primo marzo 1945 un gruppo di nazi-fascisti si inoltrò nella valle e circondò l’alpeggio in cui si trovavano ma questo non fece demordere Maria Peron che con sangue freddo riuscì ad organizzare la fuga dei malati.

Maria oltre che un abile e coraggiosa infermiera era anche molto astuta! Per ingannare i nazi-fascisti fece suonare un grammofono dando l’illusione della loro presenza. Questo stratagemma permise alla Peron di avere tempo di sgomberare l’alpeggio non facendo trovare alcun partigiano ai nemici che, credendo di sorprendere tutti, procedevano con tutta calma.

Maria Peron è nella storia tra le più note infermiere partigiane, gli venne conferito il grado di Medico di Brigata per il suo coraggio e la sua dedizione salvando ed assistendo partigiani, prigionieri di guerra e spesso villeggianti. Pur vivendo la resistenza in costante pericolo non volle mai portare con sé un’arma.

Maria Peron ricorderà sempre con gioia il giorno della Liberazione pur portando nella sua anima il dolore dei tanti giovani morti e delle loro madri.

Il 5 maggio del 1945 Maria Peron dichiarò: “Voglio assicurare queste Madri che in Val Grande, a Finnero a Malasco, in Val Pogallo in Val di Terza, in Val San Bernardino, in ogni dove, io ho fatto per loro quanto una Madre avrebbe potuto fare.”

Qua si conclude la storia di Maria Peron…. Alla prossima infermiera partigiana!

 

Le altre storie:
Sulle tracce degli infermieri che hanno lasciato il segno: i partigiani

Infermieri partigiani: Teresa Roncarolo detta "Gina"

Nella giornata della Memoria, infermieri partigiani: Sante e Carlo Simionato (prima parte)

Nella giornata della Memoria, infermieri partigiani: Sante e Carlo Simionato (seconda parte)

Infermieri partigiani: Maria Peron (prima parte)

Infermieri partigiani: Maria Peron (seconda parte)

Infermieri partigiani: Chiara Arduino

- Infermieri partigiani: Teodora (Dora) Focaroli

- Infermiere partigiane: Gemma Missaglia