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Infermieri partigiani: Teodora (Dora) Focaroli

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 29/08/2023 vai ai commenti

La nostra storia

L’Isola Tiberina, a Roma, è sempre stato luogo di cura dei malati. Lo era 2.300 anni fa, quando gli antichi romani vi edificarono un tempio dedicato ad Esculapio, dio della medicina, o quando, molto tempo dopo, i seguaci di San Giovanni di Dio fondarono, nel 1583, l’ospedale Fatebenefratelli. Oppure quando, nel 1884, viene realizzato, all’interno di un vecchio Convento vicino alla Chiesa di San Bartolomeo, il primo Ospedale Israelitico romano.

Ed è proprio in quest’ultimo luogo che si consumarono le gesta eroiche di Teodora Focaroli (1915-1994).

Questa, chiamata da tutti col diminutivo “Dora”, nacque a Borbona, in provincia di Rieti, il 27 giugno del 1915. Ad appena 16 anni si trasferì a Roma per frequentare, presso la Croce Rossa, un corso per diventare infermiera e, dopo 3 anni, nel 1934 iniziò la sua attività lavorativa presso il succitato Ospedale Israelitico dove rimase ad esercitare per tutta la sua vita lavorativa, ovvero fino al 1965, e dove conobbe suo marito, Mosé Di Veroli, un commerciante di metalli.

Dora era infermiera sempre: sia durante l’orario di lavoro, all’interno del nosocomio, sia nel tempo libero, nel quartiere ebraico, dove non si sottraeva alle tante richieste di aiuto.

Ma ci fu una data che segnò indelebilmente la storia lavorativa di Focaroli: sabato 16 ottobre 1943, il giorno del rastrellamento del ghetto ebraico ad opera delle truppe tedesche delle SS e di alcuni funzionari fascisti della Repubblica Sociale Italiana (RSI).

Dora, appresa la notizia della crudele razzia, tolse il cartello che indicava le istituzioni ebraiche sull’Isola Tiberina e organizzò, in fretta e furia, il trasferimento di tutti i degenti presso il vicino Fatebenefratelli mentre i più gravi, poche unità, furono trasportati con un’autoambulanza presso l’Ospedale San Camillo (che allora si chiamava “Littorio”).

Con un abile stratagemma, i medici del Fatebenefratelli Giovanni Borromeo e Adriano Ossicini, inventarono una nuova malattia, definita “morbo di K”, descritta come altamente contagiosa e che riuscì a tenere lontani i nazisti e i fascisti dalla struttura.

Complice alleato di Dora fu il maresciallo Gennaro Lucignano (1903-1964), responsabile della Polizia Fluviale dell’Isola Tiberina che, seppur rischiando la vita, fece finta di non sapere nulla delle attività che si consumavano all’interno del nosocomio. Anzi: fu lui a rilasciare a Dora un lasciapassare che le consentiva di circolare nonostante il coprifuoco. “Finché sarò qui io, non avrà nulla da temere” ripeteva Lucignano alla Focaroli.

La nostra eroina diede supporto anche a molte famiglie di ebrei e accolse sfollati fino al momento della liberazione di Roma avvenuta il 4 giugno del 1944.

Dal 1965, anno in cui si ritirò dal lavoro, visse a Latina, si convertì all’ebraismo nel 1978 e si spense il 16 maggio del 1994.

 

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