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Infermieri partigiani: Chiara Arduino

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 24/08/2023 vai ai commenti

La nostra storia

Per raccontare di Chiara mi piace partire da un’immagine poetica, un po’ bucolica e un po’ eroica: due bambine, alloggiate in due ceste di vimini, a dorso di un mulo, che viaggiano per i monti e le valli della provincia di Imperia, in compagnia della loro mamma, per sfuggire alle milizie fasciste. Queste due bambine si chiamavano Vincenzina e Silvia e avevano la prima 18 mesi e la seconda 4 anni di età. La loro madre, Chiara Arduino (1914-2002), aveva scelto di investire il suo tempo nel ruolo di infermiera in un ospedale partigiano da campo, situato a Valcona Sottana (IM).

Chiara nacque a Milano il 1° giugno 1914 ma si trasferì ad Imperia 24 anni dopo, nel 1938, probabilmente per ragioni di lavoro, dove iniziò la sua attività di insegnante. Guidata dalle sue idee di libertà, democrazia, giustizia sociale e pace, iniziò a frequentare gruppi politici di chiara matrice antifascista.

E fu in quel contesto che conobbe suo marito, il più noto Mario Baldo Nino Siccardi (detto “u Curtu”), comandante della IXa Brigata Garibaldi e poi della IIa Divisione d’assalto Garibaldi “Felice Cascione.

Siccardi fu una figura di riferimento della lotta partigiana nel Ponente Ligure: fu il coordinatore delle operazioni sul Monte Grande, nell’entroterra imperiese alle spalle di Conio. Lì, con soli 13 uomini, riuscì a spezzare e mettere in ginocchio l’accerchiamento tedesco. Ancora oggi, sul Monte, lo ricorda il “Cippo” con l’epigrafe: “E qui, con lui, fermammo anche il vento”.

I due si sposarono nel 1939 e condivisero sempre, fino alla fine della guerra, la lotta al nazifascismo.

Come scritto in apertura, insieme a loro c’erano anche le due bimbe, nate nel 1940 e nel 1942, che seguirono tutti gli spostamenti degli eroici genitori, su e giù per i monti e le valli dell’Imperiese.

Chiara operò, quindi, come infermiera all’ospedale partigiano di Valcona Sottana e sfuggì con i partigiani che aveva in cura ai rastrellamenti; in più di un’occasione partecipò personalmente ad azioni di guerriglia, per le quali fu decorata. Dopo la vittoria sul nazifascismo si trasferì con la famiglia ad Arenzano. Ebbe una terza figlia, Marina, e passò poi a Genova come direttrice didattica di un istituto scolastico. Coerente con le sue idee, morì a Genova nel 2002 battendosi sino alla fine per le idee di giustizia, trasmettendo tali passioni anche alle sue figlie.

 

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