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Si è sempre fatto così. Infermieri bloccati dai compiti inutili: un freno alla vera assistenza

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 03/10/2025

Professione e lavoroPunto di VistaStudi e analisi

 

In sanità, l’efficacia dell’assistenza riguarda i risultati ottenuti; l’efficienza, invece, il modo in cui quei risultati vengono raggiunti. Quando entrambi gli elementi si incontrano, il lavoro infermieristico non solo è più utile, ma anche più sostenibile. Eppure, in molti reparti si continua a sprecare tempo e risorse in pratiche inutili. È qui che entra in gioco la riflessione urgente sul valore dell’assistenza.

Nel 2001, il rapporto Crossing the Quality Chasm dell’Institute of Medicine offriva una definizione precisa: essere efficaci significa offrire cure basate su evidenze scientifiche solo a chi ne trarrebbe beneficio, evitando sia il sottoutilizzo sia il sovrautilizzo. L’efficienza, invece, vuol dire ridurre gli sprechi: di tempo, energia, materiali e persino di idee. Applicato al lavoro quotidiano degli infermieri, questo principio evidenzia una realtà complessa: molte attività routinarie, ormai anacronistiche, si traducono in tempo sprecato e in assistenza meno centrata sul paziente.

I rituali che non aiutano nessuno

Il concetto di “rituali” infermieristici è tutt’altro che folkloristico. Come già segnalato da Deluca nel 1995, si tratta di pratiche superate, prive di base scientifica, ma ancora oggi sorprendentemente diffuse. Esempi? Il mantenimento di accessi venosi “per sicurezza”, o il divieto di autogestione di malattie croniche in pazienti già esperti.

Questi gesti non solo non migliorano l’assistenza, ma finiscono per appesantire i turni, aumentare i costi e ridurre l’autonomia del paziente. Il “fare di più”, in questi casi, è un falso mito dell’efficienza: confonde la quantità con la qualità e porta a un’assistenza standardizzata, spesso spersonalizzante.

Il peso delle attività a basso valore aggiunto

Secondo uno studio pubblicato su Healthcare nel 2023 da Al-Moteri e colleghi, gli infermieri spendono in media 94 minuti per turno in attività non assistenziali, come il controllo dei carrelli d’urgenza, la gestione dei DPI o la preparazione delle stanze. Un’ora e mezza sottratta alla cura diretta. In una fase storica segnata dalla carenza di personale e da crescenti pressioni economiche, non è più accettabile che professionisti formati passino così tanto tempo su mansioni delegabili.

Anche le attività “percepite” come utili meritano una revisione critica. Il classico esame fisico completo due volte al giorno, ad esempio, è considerato uno standard, ma non esistono evidenze forti che dimostrino un beneficio concreto in termini di esiti clinici. Come ricordano Chambers e colleghi in un recente articolo, la tradizione non può sostituire la scienza, e ogni intervento dovrebbe dimostrare di apportare valore reale al paziente.

Crisi di vocazioni e carico di lavoro insostenibile

Oltre all’efficacia e all’efficienza, c’è un terzo fattore da considerare: la sostenibilità del lavoro infermieristico. L’Health Resources and Services Administration stima che entro il 2027 mancheranno il 10% degli infermieri necessari. Uno studio del National Council of State Boards of Nursing ha rilevato che oltre 138.000 infermieri hanno già lasciato la professione dal 2022. Quasi la metà degli attuali professionisti sta pensando di abbandonare entro il 2029. Il carico di lavoro è uno dei motivi principali.

Continuare ad assegnare mansioni inutili o marginali agli infermieri non è solo uno spreco: è un fattore di rischio per l’intero sistema sanitario. Ridurre il superfluo, affidare ad altri ruoli le attività non cliniche, e puntare a un’assistenza basata su prove di efficacia è ormai una questione urgente, non solo per i bilanci ospedalieri, ma per la tenuta stessa della professione.

Un cambio di paradigma è possibile

Cambiare abitudini consolidate non è facile. Ogni leader infermieristico sa quanto possa essere difficile proporre modifiche operative, specie quando le attività in questione sono “sempre state fatte così”. Eppure, oggi più che mai, è necessario ripensare il valore del lavoro infermieristico: concentrarsi su ciò che davvero migliora la salute dei pazienti, delegare il resto, e costruire ambienti di lavoro più intelligenti e sostenibili.

L’assistenza infermieristica del futuro non sarà quella che fa “più cose”, ma quella che farà le cose giuste. E per farlo servono cultura, prove scientifiche, e il coraggio di cambiare.