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Infermieri e OSS: ciò che non è possibile ignorare, anche se non si conosce.

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Pubblicato il: 12/08/2015

Contenuti Interprofessionali

introduzione di Chiara D'Angelo

 

Mancava da un po’, ma si è riaccesa con grandi e vigorose fiamme l’eterna (ahimè) diatriba tra infermieri e operatori socio sanitari o, meglio, tra infermieri e operatori socio sanitari che non conoscono affatto gli infermieri e, forse, nemmeno se stessi.

Non c’è altro modo per comprendere la visione di molti che continuano ostinatamente a dequalificare l’infermiere e a sovra qualificare l’OSS per giustificarne un’immaginifica e allucinata sovrapponibilità.

Le differenze sono profonde; abbiamo parlato molte volte della nostra professione e delle mansioni dell’operatore socio sanitario, di esecuzione e responsabilità, di figure di supporto e di professione autonoma, e altrettante volte abbiamo avuto l’impressione, ben più che concreta, che ciò che abbiamo cercato di spiegare in tutti i modi con altrettanta caparbietà si vuole non comprendere.

Pubblichiamo l’intervento di Andrea Lucchi Lucchi su questo argomento, che porta allo scoperto le differenze più profonde tra la nostra professione e il profilo dell’OSS, quelle differenze che la superficialità e la scarsa conoscenza non consentono di cogliere ma che fanno parte del dna della nostra professione, che costituiscono la struttura dei nostri professionisti, anche se la pratica quotidiana continua a mortificarne la dignità e a mascherarne e occultarne colpevolmente il valore. Sono le differenze da cui nessuno può prescindere, nonostante ogni invenzione o faziosa forzatura senza costrutto, se si vuole comprendere la realtà e, soprattutto, progettare un futuro.

 

di Andrea Lucchi Lucchi

 

Questo articolo non vuole assolutamente colpire quella parte di classe lavorativa che ogni giorno collabora per migliorare il sistema, in totale armonia con gli Infermieri ma è una necessaria risposta alle gravi accuse e prese di ruolo che alcuni OSS hanno mosso dopo l’articolo precedente. Quindi è una risposta indirizzata solo a chi in qualche modo crede che un OSS può essere sostituito ad un Infermiere perché la professione può essere affrontata con gli stessi piani formativi offerti agli OSS.

L’articolo precedente sull’eterna diatriba tra OSS e Infermieri si è rivelato magico, evidentemente doveva essere dotato di qualche strano potere poiché poco dopo la sua pubblicazione, lo stesso tema lì dibattuto ha preso vita sul Web e si è incarnato nella forma ormai nota della belligeranza verbale tra categorie lavorative: una conferma che siamo ancora distanti dal concetto di “sana rivoluzione”. Volutamente ricalibro le energie nella direzione della non convergenza a certe linee di veemenza linguistica con cui taluni OSS hanno accusato la classe infermieristica di menefreghismo assistenziale. La stessa negligenza infermieristica che giustificherebbe l’esistenza della figura OSS (secondo alcuni, quindi una visione scarica-barili dell’assistenza cosiddetta di base). Per altri invece la professione infermieristica non è altro che una versione “universalizzata” della questione OSS, potendo (a loro parere) l’OSS fare le stesse cose che fa l’Infermiere semplicemente osservandole durante la turnazione.

La mia risposta ai commenti (Clicca) non nasce con l’intento di analizzare genesi ed evoluzione delle due figure nell’arco degli ultimi vent’anni: sarebbe un affresco inutile visto che le carissime colleghe Frogioni e d’Angelo in questo campo hanno detto molto e diranno ancora in seguito. E’ mia ferma intenzione però chiarire un concetto, nella fattispecie quello evidenziato in grassetto poche righe fa: l’infermiere non si impara guardando. La nostra classe a livello di coscienza categoriale è vero che risulta essere attualmente massacrata, bistrattata quotidianamente, sfruttata dalle cooperative e sottopagata, schifata da altri professionisti e sottoposta all’obsolescenza svalutante anche da chi dovrebbe difenderla a spada tratta (doppio squarcio: il più duro perché fa leva sulla speranza professionale, soprattutto quella nostra, dei giovani) ma se c’è una cosa sulla quale io (e come me tanti) non cederò mai è asseverarmi a questa errata e grave visione che avete della figura, legittimare l’idea secondo la quale l’Infermiere lo si impara facendolo ed usare l’arma del paragone tra moduli formativi di un corso OSS ed esami universitari come assioma per dimostrare la falsa congettura. Fermo restando l’importanza di ogni professione non posso permettervi di sostenere l’equazione “formazione OSS = formazione Infermiere = approssimativamente sovrapponibili” che è la stessa furbacchiona teoria organizzativa che molte cooperative usano per spendere la nostra figura in mansioni che la deprofessionalizzano.

Chiarisco fin da adesso che non c’è nessuna intenzionalità gerarchica nel separare le due correnti di preparazione: resta insano, ad ambito assistenziale simile, affermare l’uguaglianza delle due figure. Inneggiare idi di guerra perché un Infermiere non esegue le cure igieniche ma “consegna solo due pasticche perché vuole essere Medico” è una teorizzazione grave ed errata.. Soprattutto mi sembra di intuire che, velatamente, certe affermazioni altro non facciano se non camuffare la frustrazione di vedersi, tra le tante figure satelliti al paziente, le “delegate” tra i paritetici: in ultimo quindi la risposta sullo stesso tono (la voce di chi non ricusa obiettività) ricorda un po’ l’auto-ghettizzazione di certe minoranze più che il tentativo di migliorarsi professionalmente. Dietro quelle “due pasticche” c’è un circuito mentale strutturato e attivato sulla base di percorsi disciplinari e ministeriali pre-costituiti, attestati solo dall’Università, normativamente legiferati con accezioni di responsabilità.

Quindi ciò che voi asserite, usando l’espediente del paragone, è un concetto che nulla a che vedere con la realtà totalizzante che gravita intorno al paziente: assistenza che per prima ha ben consapevole di essere, essa stessa, solo una parte dell’intera matriosca sanitaria. Alcuni hanno raggiunto in questo eccesso di zelo comparativo il parossismo: l’attesa della figura OSS specialistica, la famosa terza “s” dove (parer loro) l’aggiunta della consonante attesterebbe un guadagno nell’olimpo dell’infermieristica. Al di là del fatto che la dignità evolutiva di una professione non è direttamente proporzionale a quanto essa riesce a soffiare via da un’altra (io non mi sento più infermiere perché il Medico mi fa fare un’ecografia) è intrinsecamente sbagliato millantarsi come OSS in evoluzione INFERMIERISTICA perché non vi è nessuna normativa che per quanto concerne l’assistenza infermieristica designa qualche altra figura che non sia l’infermiere a evolvere nella direzione della conoscenza scientifica per tale ambito. Il tentativo di estrapolare elementi a connotazione negativa nel contesto quotidiano dell’assistenza per farne il cardine sulla quale volersi intestardire in questo senso, di riflesso fornisce la vuotezza di altri piani comunicativi.

L’infermiere studia e amplia il proprio back-ground con corsi e attestati che onestamente a voi non sono permessi, inutile girarci intorno: mettetevi in testa che un OSS non ha responsabilità di progettazione assistenziale, non è sua competenza la pianificazione né le nozioni inerenti al Risk Management e qualità che tale assistenza comporta quando diventa alla pratica erogativa: la prestazione. L’infermiere non si impara guardando. Forse osservando emerge solo quella parte di Infermieristica che noi combattiamo con tanto ardore: quella sacrificata alla pratica sbrigativa, ai compiti dettati, alla routine, alla mancanza di cambiamento, alla “si è fatto sempre cosi”; concetti in cui ci troviamo immersi non perché amiamo mantenere radicata la prassi al cordone ombelicale dell’abitudine mansionaristica ma per i motivi decapitalizzanti che il SSN impone.

Ciò che voi chiamate “fare l’infermiere” (quindi l’imparare a farlo) è la punta di un Iceberg costretto a sopravvivere cosi, nascondendo la parte migliore. Ma essa c’è ed è tutto quel bagaglio di conoscenze organizzative e di pianificazione, controllo e qualità assistenziale, ottenimento degli obiettivi e analisi retrospettive che in nessun modo è vostro, ne per legge ne potete tentare il possedimento emulandone il visibile, l’atto, la prestazione fornita in itinere, o ancora, gravissimo, permettervi di dire che “voi potete benissimo sostituirci con risultati migliori”.