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Anche l'Umbria dice "si!" alla pet-therapy in ospedale

La Redazionedi
La Redazione
Pubblicato il: 04/11/2015

NurSind dal territorioUmbria

La Pet-Therapy, letteralmente composta dalle parole “terapia” e “animale”, viene considerata un supporto coadiuvante alla tradizionale prassi farmacologica che normalmente fa parte di un percorso clinico. In Inglese assume anche la connotazione verbale - to pet- cioè accarezzare, in riferimento generalmente al proprio animale domestico. Questa peculiarità psico-affettiva sta alla base dell’aggettivo “dolce” usato per designare tali tipologie di percorso che affiancano la terapia standard. Si è sentito molto parlare del trinomio animali-paziente-equipè soprattutto nel campo delle disabilità psichiche, in patologie che coinvolgono la sfera emozionale o anche nelle cure palliative destinate ai malati terminali. L’ animale del cuore, l’ animale preferito rappresenta per tutte le persone un momento di valorizzazione affettiva e di attivo scambio emozionale, spesso scevro da rendiconti personali o dai meccanismi distorti che possono sussistere alla base dei rapporti inter-umani; c’è una purezza rieducativa nella risonanza tra essere umano ed animale ed ormai la robusta letteratura prodotta ha dimostrato come tutto questo può entrare a far parte attiva di un percorso clinico-assistenziale opportunamente pianificato e personalizzato.

Uno studio di Hoffman evidenzia che durante le visite dei volontari accompagnati dai cani si crea un clima familiare tra i degenti in casa di riposo, offrendo svago, sostegno e un’ occasione di socializzazione.

Uno studio del 1996 condotto da Zisselman dimostra una diminuzione dell’ irritabilità nei pazienti che attuavano terapia assistita con animali rispetto al semplice esercizio fisico.

E se da una parte gli animali si rivelano utilissimi per la portata elevata del contenuto emozionale che il "prendersi cura di loro" può garantire a quei pazienti con difficoltà cognitive, dall' altra sono protagonisti e co-terapeuti della riabilitazione fisica vera e propria; risultano essere infatti risorse fondamentali in processi di corroboramento del tono muscolare, nel ripristino di alcune funzioni perdute e nel mantenimento di funzioni specifiche.

Per la prima volta l’ ospedale di Perugia ha permesso ad una ragazza con problematiche inerenti la sfera alimentare, ricoverata per accertamenti nel reparto di Medicina e Scienze Metaboliche ed Endocrine, di tenere il proprio amico a quattro zampe in stanza durante la degenza. Il Medico che ha accordato la richiesta della sedicenne ha dichiarato che l’ obiettivo terapeutico è quello di distogliere l’ attenzione dal cibo per abbassare il disagio e re-indirizzare il tempo libero in attività che esprimano forze emozionali positive, considerando che il decorso diagnostico-terapeutico sarà di lunga durata. La paziente e i familiari sono stati ben lieti della notizia.

 

Ci fa enormemente piacere vedere come l’ umanizzazione dei sistemi sanitari non rimanga solo relegata ad una enciclopedica sequenza di ricerche, pubblicazioni e testi universitari ma si incarni in una pratica che coinvolga sempre più strutture sanitarie. E’ essenziale che il buon umore, la serenità, la base socio-affettiva tornino ad essere considerate un validissimo propellente della compliance terapeutica cosi come  gli animali un elemento centrale nella riabilitazione.

Chissà che anche per noi Infermieri non si aprano strade specialistiche da percorrere in questo senso e che (vinta la guerra alla deprofessionalizzazione) dopo una puntura, non porteremo al paziente un cagnolino che lo consola......

senza dire che guinzaglio e passeggiata siano attività demansionanti.

 

Studi citati:

Am J Occup Ther. 1996 Jan;50(1):47-51. A pet therapy intervention with geriatric psychiatry inpatients. Zisselman MH(1), Rovner BW, Shmuely Y, Ferrie P

 

Companions animals:A therapeutic measure for elderly patients. Page 6. Page 7. page 8. 202 Journal of gerontological work. Hoffman 2002