Iscriviti alla newsletter

L’approccio al paziente e la passione per la professione: un patrimonio che passa da Infermiere a Infermiere

di

Pubblicato il: 15/12/2015

La rivistaNarrative Nursin(d)g

introduzione di Chiara D'Angelo

Pubblichiamo le coinvolgenti righe scritte da un giovane collega, uno studente di Infermieristica che ci racconta come la professione lo stia pervadendo come e più di quanto lo facesse, di quanto la avesse amata sui banchi dell’università. L’esempio di una Infermiera, Anna, che porta ai suoi pazienti la confortante mole della propria professionalità ed esperienza, entrando in relazione con loro e nella loro vita in punta di piedi. Una capacità che amplifica e sublima l’essenza della Professione, e che ha incantato e avvolto Marco Landolfo, così come ha fatto con noi leggendo la sua lettera.

 

PICCOLI SCORCI DI VITA DI UNO STUDENTE

di Marco Landolfo

Ho sempre odiato gli inizi In Medias Res, insomma buttano giù i cardini di ogni anticamera, penetrano in profondità come il buon profumo di lasagna al forno che nonna ti ha cucinato la domenica mattina e non fai nemmeno in tempo a domandarle cosa ti abbia preparato con tanta grazia e dedizione per quel pranzo domenicale che già questo ti pervade le narici, si ancora ad ogni recettore olfattivo e ti si presenta face to face, senza bisogno di convenevoli. Così il messaggio dal tuo cervello arriva chiaro e tondo, ti spiazza: "è lasagna, piccolo ometto, cosa chiedi a fare?! ci ho già pensato io!"

La mia insegnante di italiano al Liceo si raccomandava sempre, ad ogni compito in classe, di usare tutta la fantasia possibile per un buon Incipit, affinchè quest'ultimo facesse innamorare il lettore, proprio come faceva lei ogni volta che leggeva la Commedia Dantesca, ogni volta che spiegava un autore della letteratura, riusciva sempre a farmi innamorare. Una grande donna, prima di essere una grande insegnante. Una donna che è riuscita a fare della sua professione l'essenza stessa della sua vita.

Adesso che grava qualche anno in più sulle mie spalle, riesco bene a recepire l'importanza di tale valore. Il mio percorso formativo dopo il liceo mi ha portato a scontrarmi con ciò che ad oggi è la mia più grande conquista! L'infermieristica, ai miei occhi, agli occhi di un ragazzo di soli 21 anni, è pane quotidiano al servizio di ogni essere umano che necessita l'ausilio per l'elaborazione di un proprio bisogno, a volte un grido d'aiuto poco udibile mediante un'attività sensoriale specifica, bensì un sussurro che richiede l'attitudine di essere ascoltato mediante una capacità più complessa, che ad oggi, sto imparando ad osservare, da parte di chi, in quanto a capacità empatica, ne ha anche abbastanza!

In questi giorni di caldi preparativi natalizi la mia vita è un continuum tra i banchi di università e le mie giornate di tirocinio, trascorse nell'unità operativa di Oncologia. L'approccio al paziente oncologico ha generato dentro me una voglia di dare, fare, lasciare il segno, ancora maggiore rispetto a quanto già non abbia provato a fare negli altri reparti. E come accade nelle migliori pellicole, il desiderio di accrescere il mio saper fare, ha trovato modo di esaudirsi in autonomia. Anna è un'infermiera del mio ospedale, una donna eccezionale, che destreggia il suo lavoro con una professionalità disarmante, lei è il mio esempio da seguire, la mia voglia di credere in ciò che faccio, di amare ciò per cui sto lottando. Un giorno Anna è piombata nell'unità operativa, sprizzante di felicità, con in mano dei guanti sterili ancora confezionati, un telino monouso, e delle garzine. "Sarà stata richiesta qualche consulenza", ho pensato subito, e così, forte del fatto che non mi sarei mai perso una delle sue meravigliose prestazioni, mi sono apprestato a seguirla, uscendo dall'infermieria, ho voltato lo sguardo in cerca della sua divisa blu oltremare che varcava la soglia della stanza n° 104, prima di entrare però ha esitato un momento sull'uscio, picchettando dolcemente sulla porta attendendo la voce di ritorno che dicesse "si?" "Sono Anna, l'infermiera" disse poi, "posso entrare?".

In genere ero sempre stato abituato ad un'idea di ospedale in cui il personale la fa da "padrone di casa", mai mi era stato fatto notare quanta importanza risiedeva in un gesto simile, che facesse sentire il caro paziente in un ambiente un po’ più "suo". Entrati nella stanza Anna ha cominciato a far le sue solite feste con i pazienti, a ridere, scherzare, informarli sulle procedure che stava per attuare, ed in quel quarto d'ora in cui lei era presa dalle attività che svolgeva con i suoi amati, in un angolino della stanza, poggiato ad un instabile tavolino cobalto, i miei occhi non si stancavano di ammirare il meraviglioso modo in cui in un lasso di tempo così poco determinabile, ancora una volta Anna sia riuscita a insegnarmi come l'instancabile rapporto che viene a crearsi tra due persone, mette in moto un circolo secondo cui ciò che ogni paziente prova, deve essere in grado di risuonare dentro, proprio come rami dello stesso albero avvertono le stesse vibrazioni, le comunicano l'un l'altro, le vivono insieme, senza inizi sfalsati, o presentazioni poco diplomatiche, senza irrompere nella vita di un uomo, ma entrando in punta di piedi, quasi a chiedere permesso.

Infondo forse è per questo che ho sempre odiato gli inizi In Media Res!