Diagnosi su Google? Il secondo parere cercatelo su Yahoo
La questione sta diventando molto seria e se non vi si porrà presto rimedio potrebbe sfuggire di mano. Quelle che un tempo potevano essere delle semplici avvisaglie, oggi stanno diventando fatti concreti di una pratica che se da una parte non può essere impedita, dall'altra deve certamente trovare un igienico decalogo d'uso perché i suoi effetti non conducano a problemi più gravi e incontrollabili.
Parliamo del fenomeno della ricerca online delle informazioni sanitarie, un fenomeno che recentemente sta intasando lo studio del dott. Google e rischiando di minare il campo della fiducia tra medico e paziente. Un fenomeno che ha già prodotto danni incalcolabili contribuendo a sviluppare la medicina difensiva e che ha costretto il legislatore a intervenire recentemente, spostando l'onere della prova in capo a chi accusa e imponendo l'obbligatorietà della stipula di una assicurazione per colpa grave a tutti i professionisti.
Le pagine di giornale sono ormai piene di articoli che parlano di mala sanità e di presunte negligenze. Un tema che fino a qualche anno fa non interessava a nessuno ma divenuto dirompente a causa proprio della facilità con cui si ha accesso all'informazione scientifica che permette a chiunque, in autonomia, di costruire castelli di sabbia, infondati nella maggior parte dei casi; il tutto con avvocati compiacenti che si stanno anche specializzando sulla materia e non sarà un caso se in Italia c'è lo stesso numero di legali e medici ogni mille abitanti, quattro.
Non c'è quindi da sorprendersi se abbia fatto sensazione il cartello comparso all'Istituto Tumori di Milano che riporta la frase: “Coloro che si sono già diagnosticati da soli tramite Google, ma desiderano un secondo parere, per cortesia controllino su yahoo.com”. Forse sorprenderà il luogo e c'è subito da chiarire che non si tratta di una iniziativa in capo alla direzione ma di un'azione singola da porre in capo a qualche buontempone che ha sfruttato l'ironia per sottolineare con sagacia il fastidio con cui si debba affrontare non solo il peso del mestiere ma anche la supponenza dell'atteggiamento di alcuni.
Certo è che il messaggio appare molto forte e sintomatico di quanto abbiamo detto e c'è da credere che non sia frutto di fantasia il fatto che probabilmente, qualcuno si sia presentato ai medici dell'istituto proprio con la premessa di avere già tutte le informazioni reperite on line ma di aver bisogno comunque del conforto dello specialista.
Il tema è comunque molto dibattuto anche in campo medico e sul British Medical Journal è comparso un dibattito tra specialisti proprio sull'opportunità che il questionario PHQ-9 (Patient health questionnaire 9) usato per individuare precocemente i pazienti a rischio di depressione, fosse a disposizione on line o meno, considerato che negli USA, la metà dei pazienti non si cura e attende oltre sei anni prima di farlo. Il test on line, servirebbe proprio a spingere la gente verso gli specialisti prima che la patologia arrivi a stadi avanzati, sostengono i favorevoli.
Il valore della cultura diffusa e dell'accesso alle informazioni, certamente non può essere messo in discussione, come non è in discussione l'opportunità che i pazienti vi accedano. Ciò che è discutibile è invece l'uso che si fa dopo delle nozioni reperite, a cominciare dalla fonte, la loro composizione e l'adattamento al caso clinico specifico ed è su questo campo che si può e si deve fare molto, investendo in cultura e formazione del personale ma incidendo anche "sull'igiene della cultura on line”, attraverso iniziative di informazione e campagne di sensibilizzazione che mirino a far comprendere che se anche si possiede cultura sanitaria il ricorso ai professionisti è imprescindibile, esattamente come si farebbe per costruire una casa pur detenendo nozioni di edilizia.
Andrea Tirotto
immagine di copertina dagospia.com