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Mobbing. Fino a 30mila euro di multa e 4 anni di carcere. La proposta M5S depositata alla Camera

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 13/04/2019 vai ai commenti

Leggi e sentenze

Contrastare il fenomeno del mobbing, è quello che si propone la proposta di Legge del M5S a firma Roberto Rossini e Davide Galatino, depositata alla Camera ed in discussione fino al 1° Giugno sulla Piattaforma Rosseau.

Il mobbing

E’ una scia di reiterati atti vessatori e persecutori nei confronti del lavoratore, all’interno dell’ambiente di lavoro in cui opera, capaci di provocare un danno incidente sulla sfera emotiva, psico-somatica, relazionale del dipendente.

Tali condotte che devono essere ripetute nel tempo e sistematiche, sono di due tipi: mobbing verticale o bossing se messa in atto da superiori in ordine gerarchico; mobbing orizzontale se messo in atto dai colleghi.

 

La legislazione, cosa c’è

Contrariamente a quanto è raccomandato dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione Europea agli inizi degli anni 2000, l’Italia risulta ancora oggi sfornita di una disciplina organica a tutela del lavoratore mobbizzato, con conseguente possibilità di applicare soltanto le norme già esistenti, sia civili che penali.

 Mentre dal punto di vista civilistico, il mobbing viene inquadrato, oltreché nel campo più generale della responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043 c.c., anche in quello più peculiare dell’art. 2087 c.c., che pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di sicurezza e di tutela dell’integrità fisica e psichica contro i comportamenti aggressivi e vessatori.

E’ in ambito penale, invece, che si registrano maggiori problemi. La mancata previsione, infatti, di una precisa fattispecie incriminatrice fa apparire la via della sanzione punitiva come non preferibile o, come addirittura espressamente rilevato dalla Corte di Cassazione, “non praticabile” (Cass. Pen., Sez. 6, 13 gennaio 2011, n. 685), salvo che il comportamento tenuto dal mobber non configuri altro specifico reato.

 

Nell’esigenza di riempire il vuoto legislativo che lascia il riconoscimento del reato alle diverse sentenze emesse, già nel 2017 approdava in Commissione Giustizia alla Camera, il ddl su Mobbing e Straining a firma di Maria Tindara Gullo, caduto poi nel dimenticatoio.

Vediamo le novità introdotte dal disegno di legge.

 

Disposizioni per la prevenzione e il contrasto delle molestie morali e delle violenze psicologiche in ambito lavorativo

 

Art 2.

si intendono per molestie morali e violenze psicologiche nell'ambito del posto di lavoro le azioni, esercitate esplicitamente con modalità lesiva, che sono svolte con carattere iterativo e sistematico. Per avere il carattere di molestia morale e violenza psicologica, gli atti di cui al primo periodo devono avere il fine di emarginare, discriminare, screditare o comunque recare danno alla lavoratrice o al lavoratore nella propria carriera o autorevolezza e nel rapporto con gli altri. La molestia morale e la violenza psicologica possono avvenire anche mediante:

a) la rimozione da incarichi

 

b) l'esclusione dalla comunicazione e dall’informazione aziendale

 

c) la svalutazione sistematica dei risultati, fino a un vero e proprio sabotaggio del lavoro, che può essere svuotato dei contenuti, oppure privato degli strumenti necessari al suo svolgimento

 

d) il sovraccarico di lavoro o l'attribuzione di compiti impossibili o inutili, che acuiscono il senso di impotenza e di frustrazione

 

e) l'attribuzione di compiti inadeguati rispetto alla qualifica e preparazione professionale o alle condizioni fisiche e di salute

 

f) l'esercizio da parte del datore di lavoro o dei dirigenti di azioni sanzionatorie, quali reiterate visite fiscali o di idoneità, contestazioni o trasferimenti in sedi lontane, rifiuto di permessi, di ferie o di trasferimenti, tutte finalizzate alla estromissione del soggetto dal posto di lavoro

 

g) gli atti persecutori e di grave maltrattamento, le comunicazioni verbali distorte e le tesi a critica, anche di fronte a terzi

 

h) le molestie sessuali

 

i) la squalificazione dell'immagine personale e professionale

 

l) le offese alla dignità personale, attuate da superiori, da pari grado o da subordinati ovvero dal datore di lavoro.

 

2. Agli effetti degli accertamenti delle responsabilità, l'istigazione è considerata equivalente alla realizzazione del fatto.

 

Art. 4 Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro, pubblico o privato, qualora siano denunciati azioni o fatti di cui all'articolo 2 da singoli lavoratori o da gruppi di lavoratori, o su segnalazione delle rappresentanze sindacali aziendali o del rappresentante per la sicurezza nonché del medico competente, ha l'obbligo di accertare tempestivamente i comportamenti denunciati.

 

Art 7. Responsabilità disciplinare

1. Nei confronti di coloro che pongono in essere atti e comportamenti previsti all'articolo 2 è disposta, da parte del datore di lavoro, pubblico o privato, o del superiore, una sanzione disciplinare prevista dalla contrattazione collettiva.

 

Art. 9. Istituzione di centri regionali per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo

1. Ogni regione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, istituisce un centro regionale per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo, di seguito denominato «centro», con un adeguato organico, diretto da uno psichiatra della dirigenza sanitaria che sia in possesso dei requisiti per l’attribuzione di un incarico di direzione di struttura complessa e che abbia seguito appositi corsi di formazione. Il centro, anche ai fini contrattuali, ha il carattere di struttura complessa. Il centro è organizzato quale organismo tecnico di consulenza dei servizi di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro delle ASL e svolge i seguenti compiti:

 

a) ricerca e prevenzione del fenomeno del mobbing;

 

b) informazione dei lavoratori;

 

c) formazione degli operatori dei servizi e delle strutture di prevenzione delle ASL;

 

d) formazione dei medici competenti, formazione dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti;

 

e) monitoraggio dei casi.

 

Art. 10. Introduzione dell’art. 610 bis del codice penale

1. Dopo l’articolo 610 del codice penale, è inserito il seguente:

 «Art. 610 bis (Atti di discriminazione o di persecuzione psicologica in ambito lavorativo)

Chiunque, nel luogo o nell’ambito di lavoro, si rende responsabile di atti, omissioni o comportamenti di vessazione, discriminazione, violenza morale o persecuzione psicologica, reiterati nel tempo in modo sistematico o abituale, che provochino un degrado delle condizioni di lavoro tale da compromettere la salute fisica o psichica ovvero la professionalità o la dignità della lavoratrice o del lavoratore, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 30.000 a euro 100.000.

La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se gli atti, le omissioni o i comportamenti sono commessi dal superiore gerarchico ovvero in accordo tra più persone appartenenti al medesimo ambiente di lavoro.

Se gli atti, le omissioni o i comportamenti sono commessi nei confronti di una donna in stato di gravidanza o nel corso dei primi quattro anni di vita del figlio, ovvero nei confronti di un minore o di una persona con disabilità ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, le pene di cui ai commi primo e secondo sono aumentate della metà.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede d’ufficio nelle ipotesi di cui al secondo e al terzo comma.»