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Infermieri. Prevenzione delle infezioni ematiche associate a Catetere Venoso Centrale: breve revisione di aggiornamento

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 22/08/2019 vai ai commenti

NursingStudi e analisi

I CVC sono di vitale importanza per la cura dei pazienti ospedalizzati in condizioni critiche, poichè forniscono un accesso venoso sicuro per attività cliniche quali prelievi ematici, infusione di farmaci, misurazioni emodinamiche.

Tuttavia i CVC sono anche la causa principale delle infezioni ematiche e sono frequentemente responsabili di patologie che mettono a rischio la vita dei pazienti. Le infezioni associate a CVC sono categorizzate in letteratura sia come CLABSI che come CRBSI in base all’obiettivo perseguito: sorveglianza o accertamento di infezione rispettivamente.

Quali pratiche sono associate alla prevenzione delle infezioni catetere correlate?

Uno dei più importanti progressi nella prevenzione delle infezioni è rappresentato dall’identificazione dei fattori di rischio individuali associati a questa condizione. Tali fattori includono :

a) durata della degenza prima del posizionamento del CVC

b) durata della cateterizzazione

c) significativa colonizzazione microbica del sito di inserzione

d) significativa colonizzazione microbica del raccordo / connettore del CVC

e) inserimento del CVC nella vena femorale o giugulare anziché nella succlavia

f) inesperienza dell’operatore o mancanza di adesione alle buone pratiche durante l’inserimento del CVC

g) presenza di neutropenia

h) nutrizione parenterale attraverso il CVC

i) inadeguata gestione del CVC dopo l’inserimento

j) tipo di CVC.

 

Misure per la prevenzione delle infezioni all’atto del posizionamento del CVC

Igiene delle mani prima del posizionamento di un CVC

La decontaminazione delle mani sia con un sapone antisettico, che con un gel o schiuma a base alcolica, ha dimostrato sistematicamente di ridurre i tassi di infezione. Una strategia chiave nel promuovere l’igiene delle mani, implica la formazione del personale che inserisce il CVC sull’importanza di questa pratica.

Carrelli dedicati per CVC o kits predisposti

Uno studio condotto da Young e colleghi ha evidenziato che l’utilizzo di un kit apposito (contenente un ampio telo sterile e clorexidina gluconato al 2%) ha portato ad una riduzione significativa dei tassi di infezione in un setting di ICU medico-chirurgica (11,3 per 1000 giorni/catetere contro 3,7 per 1000 giorni/catetere.

Questo approccio è stato approfondito da altre indagini includendo, non solo un kit con i componenti essenziali ma anche un carrello mobile contenente tutti i dispositivi necessari per posizionare un CVC. L’uso di un carrello mobile dedicato o di un kit minimizza le interruzioni dovute alla mancata disponibilità dei dispositivi necessari; ciò favorisce una riduzione delle infezioni assicurando il mantenimento di un campo sterile durante la procedura di posizionamento.

L’utilizzo di carrelli dedicati favorisce inoltre un approccio coerente e sistematico al posizionamento del CVC attraverso la standardizzazione delle tipologie di cateteri, fili guida, aghi e altri dispositivi essenziali. Nonostante l’uso di un carrello dedicato o kit non sia specificatamente convalidato dalle recenti LG CDC/HICPAC, si tratta di un’innovazione pratica, relativamente a basso costo, che è risultata associata ad una riduzione dei tassi di infezione.

Massime precauzioni sterili di barriera

Tali precauzioni includono cuffia, maschera, camice sterile, guanti sterili e un telo sterile che ricopra tutto il corpo del paziente. Per questo motivo le attuali LG CDC/HICPAC raccomandano l’utilizzo delle massime precauzioni sterili di barriera, durante l’inserimento di tutti i CVC.

Clorexidina per l’antisepsi della cute

In una revisione sistematica e meta-analisi di 8 studi su 4143 posizionamenti di CVC, l’antisepsi della cute con clorexidina è risultata associata ad una riduzione del 50% del rischio delle infezioni rispetto allo iodopovidone.

CVC impregnato di antimicrobici

Più di 20 RCT e 4 recenti revisioni sistematiche / meta-analisi hanno valutato l’utilità di CVC impregnati con diverse sostanze antimicrobiche incluso clorexidina/sulfadiazina argento, minociclina/rifampicina, benzalconium cloride e argento.

Weber e colleghi in uno studio che ha interessato una popolazione di pazienti pediatrici ustionati, hanno evidenziato riduzioni significative di infezioni con l’utilizzo di CVC impregnati di minociclina e rifampicina rispetto a cateteri non impregnati.

Non è raccomandato l’utilizzo di routine di CVC con rivestimento impregnato di antimicrobici a causa dei costi iniziali di acquisto, dei benefici variabili in base alle differenti popolazioni di pazienti, e della potenziale preoccupazione di indurre fenomeni di resistenza agli antibiotici. Tuttavia in strutture dove persistono alti tassi di infezioni nonostante l’implementazione e adesione alle misure di prevenzione, l’utilizzo dei CVC impregnati di antibiotico è considerato ragionevole dalle attuali LG CDC/HICPAC.

La vena giugulare come sede preferenziale di inserimento

Il rischio di contrarre le infezioni catetere correlate è influenzato dal sito di posizionamento del CVC; ciò è dovuto alla differente densità di colonizzazione batterica della cute in ognuno dei siti di accesso.

In uno studio randomizzato multicentrico su 289 pazienti sottoposti a cateterizzazione utilizzando la vena femorale o la giugulare , il posizionamento nella vena femorale è risultato associato ad un rischio significativamente più elevato di infezione rispetto alla vena giugulare (20 contro 3.7 per 1000 giorni/catetere).

 

Misure finalizzate a prevenire le infezioni catetere dipendenti dopo il posizionamento del CVC

Parecchie pratiche possono ridurre il rischio di insorgenza di infezione dopo il posizionamento di un CVC. Tali pratiche di mantenimento rappresentano aspetti importanti nella prevenzione di infezione catetere correlate, soprattutto quando il CVC rimane in situ per un lungo periodo di tempo.

Disinfezione dei raccordi, sistemi needleless e porte di accesso / infusione prima di utilizzare il CVC.

La contaminazione del raccordo /connettore del catetere dovuta a tecniche di accesso non asettiche, è una modalità riconosciuta a rischio per lo sviluppo di infezione.

I metodi di dimostrata efficacia per ridurre sia la contaminazione del CVC che l’incidenza di infezione sono: disinfezione del raccordo/ connettore del catetere con un antisettico appropriato e specificatamente raccomandato dal produttore, o il tamponamento del setto della membrana del CVC con alcol al 70%.

La pratica di disinfezione del sito d’inserzione prima di utilizzare il CVC, detta in gergo “scrub the hub” (sfrega / strofina il raccordo/connettore) è correlata sia ad una diminuzione della colonizzazione batterica del sito di accesso che alla riduzione del tasso d’incidenza di infezione.

Le attuali LG CDC/HICPAC evidenziano la necessità di minimizzare il rischio di contaminazione attraverso la pratica di “scrub the hub” con un appropriato antisettico; tuttavia diversi studi in vitro hanno dimostrato che anche utilizzando la massima attenzione nella decontaminazione, i microrganismi patogeni possono persistere nelle fessure o dentro le valvole di accesso al CVC e/o richiedere una durata di contatto più prolungata con l’antisettico per ridurre in modo significativo il livello di contaminazione delle valvole del CVC.

A questo proposito sono state sviluppate e testate tecnologie che incorporano un mix di antimicrobici nella matrice della valvola di accesso del CVC, oppure dispositivi che lavano / irrorano la valvola con antimicrobici.

Rimuovere i CVC non necessari

Il rischio di sviluppare infezioni catetere correlate aumenta ogni giorno in più che un CVC rimane in situ. Una rimozione tempestiva dei CVC non più necessari è quindi una pratica importante per ridurre le infezioni.

Detersione con clorexidina

In settings di ICU o sub intensiva, la pratica di detergere quotidianamente i pazienti con una soluzione a base di clorexidina, può ridurre l’incidenza di infezioni. In uno studio in crossover condotto in ICU di area medica, è stato rilevato che il lavaggio quotidiano con una salvietta impregnata di clorexidina al 2% ha ridotto in maniera significativa le infezioni ematiche rispetto al lavaggio effettuato con acqua e sapone (4,1 contro 10,4 per 1000 giorni/paziente P<0.03).

Medicazioni del CVC, spugne di clorexidina e antibiotici per uso topico

Il tipo di medicazione e l’uso di un antibiotico topico, pomata o crema, sul sito del CVC può influenzare il rischio di CLABSI.

L’uso di una spugna di clorexidina gluconato sul sito d’inserzione del CVC è stato associato a una diminuzione nella frequenza e nei costi di CLABSI. In uno studio che ha coinvolto 1636 pazienti con cateteri venosi e arteriosi, Timsit e colleghi riportavano che il posizionamento di una spugna di clorexidina gluconato sul sito d’inserimento del catetere, ha ridotto in maniera significativa l’incidenza di CLABSI (1.4 a 0.6 per 1000 giorni/catetere, HR – hazard ratio 0.39, P<0.03).

Tuttavia, in otto neonati sottopeso alla nascita sono state osservate gravi dermatiti da contatto (5.3 per 1000 giorni-cateteri) e il rischio potenziale di questa reazione avversa rappresenta un’importante limitazione all’uso di spugne di clorexidina gluconato in questa popolazione di pazienti.

A causa di importanti differenze nel disegno degli studi e negli outcomes, soprattutto quelli riferiti a popolazioni di pazienti pediatrici, le attuali LG raccomandano l’uso di una medicazione di spugna impregnata di clorexidina solo in quelle situazioni dove il tasso di CLABSI non si riduce nonostante l’adesione ad altre misure preventive.

L’uso di un antibiotico ad uso topico, pomata o crema, sul sito d’inserzione (ad esempio iodopovidone) è raccomandato solo per pazienti con cateteri per emodialisi, dove il suo utilizzo è stato associato all’eliminazione di BSI. E’ interessante notare che un recente studio prospettico crossover non cieco, ha evidenziato che le medicazioni con spugne impregnate di clorexidina non proteggevano da BSI i pazienti con catetere per emodialisi.

Per contro, medicazioni con antibiotici topici incorporati, non sono raccomandate per la prevenzione di CLABSI in pazienti non sottoposti a dialisi in quanto il loro utilizzo potrebbe paradossalmente aumentare le fungemie (infezioni ematiche da funghi) oltre alla resistenza agli antimicrobici in questa categoria di pazienti.

Antibiotic Lock Therapy (ALT) e/o lock antibiotico intraluminale in pazienti ad alto rischio

La ALT si riferisce all’instillazione di dosi di antibiotici superiori a quelle standard direttamente nel lume del catetere tra i periodi di accesso al CVC. Diversi studi hanno analizzato sia l’utilità di uno specifico antibiotico o agenti anti-infettivi (per esempio vancomicina, cefalosporine, taurolidine, EDTA, etanolo) sia l’uso di ALT in popolazioni di pazienti ad alto rischio. In una revisione sistematica e metanalisi una ALT a base di vancomicina in pazienti considerati ad alto rischio di CLABSI (CVC pianificati per un lungo periodo di tempo o pazienti con anamnesi precedente di CLABSI) ha ridotto in maniera significativa il rischio di tale outcome (RR 0.34, P=0.04) [93]. Una revisione sistematica più recente ha riportato, in maniera analoga, riduzioni del rischio di CLABSI utilizzando questo approccio come trattamento aggiuntivo, nello specifico per quei pazienti con accessi venosi compromessi dove il salvataggio del CVC e/o evitare la sostituzione del CVC era di vitale importanza.

In considerazione delle preoccupazioni correlate al fenomeno delle resistenze agli antibiotici, sono stati testati alcuni nuovi composti da utilizzare come locks antibiotici. Per esempio uno studio recente ha rilevato che una soluzione contenente minociclina e EDTA ha dimostrato un’elevata efficacia nel prevenire CLABSI in pazienti con cateteri per emodialisi. In pazienti a domicilio sottoposti a nutrizione parenterale prolungata attraverso un CVC, il composto antineoplastico di Taurolidina, utilizzato come lock intraluminale in uno studio prima-dopo, si è dimostrato efficace nel ridurre il rischio di CLABSI.

 

Utilizzo di checklists o bundles per il CVC

Un approccio standardizzato per il posizionamento del CVC che utilizzi una serie di pratiche basate sulle evidenze, rappresenta un’importante innovazione nella prevenzione delle infezioni. Pronvost e colleghi, nello studio Michigan Keystone ICU, hanno arruolato 103 ICU in 67 ospedali per verificare se un intervento che comprende cinque pratiche basate sulle evidenze implementate al momento del posizionamento del CVC potevano ridurre le CLABSI.

Nello specifico queste cinque pratiche sono state selezionate in quanto l’efficacia di ognuna di esse nel ridurre le CLABSI è supportata da forti evidenze e la loro implementazione presenta pochissime barriere / ostacoli.

Queste cinque pratiche sono: igiene delle mani prima dell’inserimento del CVC, utilizzo di massime precauzioni sterili di barriera, clorexidina per l’antispesi della cute, evitare la vena femorale come sito di inserimento, immediata rimozione del CVC quando non è più indicato.

Dopo l’implementazione di questo intervento il tasso medio di CLABSI si è ridotto da 7.7 per 1000 giornicatetere a 1.4 per 1000 giorni-catetere a 16 mesi di distanza nelle diverse strutture che partecipavano allo studio.

L’uso simultaneo di questi 5 pratiche è stato denominato “checklist” o “il bundle”. L’uso del bundle e relative varianti è risultato essere associato ad una riduzione durevole dell’incidenza di CLABSI non solo negli USA ma anche a livello internazionale.

 

da: Chapter 10. Prevention of Central Line-Associated Bloodstream Infections: Brief Update Review Vineet Chopra, M.D., M.Sc.; Sarah L. Krein, Ph.D., R.N.; Russell N. Olmsted, M.P.H., C.I.C.; Nasia Safdar, M.D., Ph.D.; Sanjay Saint, M.D., M.P.H.