Infermiere. Svolgeva funzioni di Coordinatore dal 2001. No al riconoscimento delle indennità senza incarico formale
Perché lo svolgimento di mansioni superiori sia retribuito con le relative indennità, non è sufficiente la dimostrazione di averle svolte. Perché l'indennità in questione, sia 'a regime' presuppone il conferimento dell'incarico o la sua verifica con atto formale.
A stabilirlo la Cassazione con la sentenza n. 4386 del 20/2/2020 che respinge la richiesta di inquadramento nella categoria Ds e del relativo pagamento delle differenze retributive anche a titolo di indennità di pronta disponibilità ed indennità di coordinamento di un infermiere che aveva svolto mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento.
La vicenda
Un’infermiera, con inquadramento nella categoria D, dopo aver svolto dal 1° settembre 2001, mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento, conveniva in giudizio la Asl e chiedeva il riconoscimento dell'inquadramento nella categoria Ds ed il pagamento delle differenze retributive anche a titolo di indennitaÌ€ di pronta disponibilitaÌ€ ed indennitaÌ€ di coordinamento;
La Cassazione ha da tempo affermato che il procedimento logico giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte ed è sufficiente che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione trovi ingresso nel ragionamento decisorio. La Corte ha inoltre precisato riguardo all'attività di coordinamento valorizzata dall'art. 10 del c.c.n.l. 20.9.2001 per il personale del comparto della sanità che essa costituisce un'autonoma e distinta funzione e, pertanto, perché la stessa possa essere integrata non è sufficiente l'espletamento delle mansioni proprie del profilo professionale che, è caratterizzato da capacità organizzative, di coordinamento e gestionali. L'indennità in questione, infine, sia 'a regime' che nella fase transitoria, presuppone il conferimento dell'incarico o la sua verifica con atto formale, sicché si richiede che dello stesso vi sia traccia documentale, che esso sia stato assegnato da coloro che avevano il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente, e che abbia ad oggetto le attività dei servizi di assegnazione nonché del personale.
D’altronde per il riconoscimento della retribuzione per mansioni superiori, non è sufficiente lo svolgimento della stesse, ma occorre che ci sia stato un provvedimento di inquadramento, ovvero un atto formale di incarico.
Con riferimento al personale del comparto della sanità, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del D.P.R. n. 761 del 1979, si afferma che il riconoscimento della retribuzione delle mansioni superiori svolte è subordinata ad una triplice condizione:
- a) l’esistenza in organico di un posto vacante cui ricondurre la mansioni di più elevato livello
- b) la previa adozione di un atto deliberativo di assegnazione delle mansioni superiori da parte dell’organo a ciò competente
- c) l’espletamento di dette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare.
Al riguardo è stato precisato che per “atto formale” di incarico si deve intendere un atto proveniente non semplicemente da un superiore gerarchico (come nel caso degli ordini di servizio), ma dall’organo competente ad adottare i provvedimenti in materia di stato giuridico e trattamento economico del personale, essendo necessario che l’organo che ha conferito le mansioni sia quello competente (giurisprudenza costante; per tutte, Tar Sicilia, Catania, sez. IV, 17 marzo 2017 n. 545).
da Aran