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No all’infermiere scolastico da parte del Comitato scientifico. Ecco perché potrebbe essere un grande errore

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 14/08/2020 vai ai commenti

NursingProfessione e lavoroPunto di Vista

“Il Comitato tecnico scientifico è stato chiaro: serve il ritorno del medico scolastico. E' stata una figura decisiva per la crescita del Paese, va ripristinata".

E’ quanto dichiarato da Agostino Miozzo coordinatore del Comitato tecnico scientifico, in una intervista a Repubblica, dove si rimarca come il comitato abbia in programma il ritorno del medico scolastico come figura utile a fronteggiare il contagio da Covid-19 tra gli alunni, che il 14 settembre tra mille incognite, torneranno tra i banchi di scuola.

 

Lo abbiamo già ribadito in altre occasioni, e organizzazioni sindacali e FNOPI sono dello stesso avviso: il rientro a scuola a settembre rimane per adesso pervaso di incertezze, dal numero di banchi alla mascherina obbligatoria, di sicuro c’è che è una sfida importante, una lotta al disinnesco di eventuali focolai di coronavirus, che non possono essere affrontate senza l’ausilio delle istituzioni sanitarie.

Dal bisogno di controllare i sintomi all’esecuzione di test diagnostici rapidi, la figura che maggiormente può rispondere a queste nuove esigenze in seno alla scuola, è l’infermiere scolastico, misconosciuto in Italia, ma presente e radicalizzato in diversi Paesi d’Europa, dall’Inghilterra alla Spagna, dove a giugno del 2017 veniva approvata la proposta di legge che lo istituisce.

Riguardo l’Italia inutile ribadire che siamo indietro anni luce, nonostante a settembre la Fnopi avesse firmato un protocollo d’intesa con la FDG (Federazione Diabete Giovanile), che apriva la strada all’infermiere scolastico, e questo sulla base dei dati allarmanti che seguono:

Da un’indagine condotta dall' Istat in collaborazione con il ministero dell'Istruzione sulla somministrazione dei farmaci nelle scuole primarie e secondarie di 1° grado, statali e non statali con l'obiettivo di rilevare le iniziative intraprese dalla scuola per la somministrazione di farmaci ad alunni affetti da patologie croniche, alla quale ha aderito l' 82% delle scuole emergeva che la somministrazione dei farmaci avviene da parte dei genitori per il 13,87%, dal personale scolastico per il 54,27%, dalle AASSLL per il 5,80%, da altro personale per l' 1,98%, da nessuno per lo 0,61%, non è stato censito il 24%.

Nel 90,22% degli istituti scolastici non è presente un protocollo per la somministrazione dei farmaci.

Basterebbe solo questo a comprendere come l’infermiere scolastico sia necessario. Un infermiere che non sia solo relegato alla funzione di soccorso o di somministrazione dei farmaci, ma che faccia della prevenzione il suo obiettivo primario: alcol, fumo, droga ed il fenomeno sempre più preoccupante del bullismo.

Un infermiere che abbia la piena gestione del ragazzo affetto da malattie croniche e che ha bisogno di continua assistenza; che promuova l'informazione e la sensibilizzazione con l'adozione di misure volte a sollecitare la conoscenza e la comprensione della situazione di malattia da parte di tutto il personale scolastico e degli studenti verso le patologie croniche.

Ed ancora che si occupi di eventi formativi specifici a garantire conoscenza e consapevolezza sulla gestione delle patologie croniche adeguandone i contenuti in base alle caratteristiche dei destinatari.

In tempo di coronavirus, questa figura si fa più importante che mai,  dove non solo diventa essenziale il riconoscimento precoce dei sintomi, ma anche pe i bambini ed i ragazzi, che possano ritrovare nell'infermiere un punto di riferimento autorevole per una corretta educazione sanitaria e di rispetto delle regole.

 

Marialuisa Asta