Cos’è la sindrome della rassegnazione che colpisce i bambini. A quali segnali fare attenzione
Si chiama uppgivenhetssyndrom (in italiano, sindrome da rassegnazione) e colpisce i bambini dai 8 ai 18 anni, spesso nella condizione di richiedenti asilo, specie in Svezia, tornata prepotentemente con la pandemia.
Si comincia non parlando più, smettendo di mangiare, si rifiutano di uscire, per poi non alzarsi più dal letto ed addormentarsi, cadendo in uno stato catatonico.
Segnalata inizialmente in Svezia, circa dieci anni fa, la sindrome della rassegnazione mostrava un insieme di sintomi allarmanti in soggetti dagli 8 ai 18 anni di età (poi è stata riscontrata anche dai 6 anni in su). Tutti accomunati dalla stessa caratteristica: lo stato di rifugiato. In fuga dal proprio paese di origine, Siria o ex Jugoslavia, questi bambini erano arrivati in Svezia e non si erano sentiti accolti dalla nuova comunità. Il continuo rimbalzo e le difficoltà nell’ottenere un permesso di soggiorno teneva le famiglie costantemente in allerta e trasformava i loro bambini spaventati in soggetti privi di qualsiasi reazione. Rassegnati, appunto.
Ma il fenomeno non è solo svedese, diversi casi nel mondo, hanno riguardato il periodo pandemico, ma anche bambini vittime di abusi familiari.
La sindrome della rassegnazione, è una condizione psicologica che porta a uno stato di riduzione della coscienza. I minori a cui viene diagnosticata la sindrome della rassegnazione sono stati innanzitutto testimoni di terribili violenze nei loro Paesi d’origine. Una volta migrati continuano a portare con sé ansie e paure dovute all’abbandono della propria terra, alla permanenza nei centri di detenzione, all’abbandono di importanti figure d’attaccamento, al frequente rifiuto della domanda d’asilo o alla revoca del permesso di soggiorno delle loro famiglie.
Il dubbio costante e l’incertezza di quello che sarà il proprio futuro fa sì che il bambino sviluppi mancanza di sicurezza, ansia, confusione e rassegnazione. Il “ritiro” dal mondo quindi, si presenta inconsciamente come l’unica via di fuga da una situazione psicologica insostenibile.
Nelle famiglie di questi bambini, inoltre, questa condizione può essere aggravata dalla familiarità per disturbi mentali e dalla mancanza di sostegno da parte dei servizi sociali e di salute mentale.
Nonostante fosse già stata descritta nel 1958 dalla psichiatra infantile e adolescenziale svedese Anna-Lisa Annell come una malattia molto rara che si manifestava principalmente dopo un grave trauma psicologico, questa condizione non è stata riconosciuta dai pediatri e dagli psichiatri infantili per molti anni. È stato solo a partire dal 1 gennaio 2014 infatti, che il Consiglio nazionale svedese per la salute e il benessere ha identificato questa sindrome con una diagnosi ufficiale e l’ha inserita nella classificazione svedese degli ICD-10.
La particolarità della sindrome della rassegnazione è che tutti i casi che si sono verificati fino ad ora sono stati registrati solo in Svezia. Pochissimi bambini e ragazzi con sintomi uguali o simili sono stati segnalati da altri paesi europei. Recentemente però, sono stati segnalati dall'Australia un certo numero di bambini rifugiati e richiedenti asilo con una sindrome molto simile a quella della rassegnazione: erano sull'isola di Nauru da diversi anni e sull'isola sono stati allestiti centri di detenzione per i profughi. Andando indietro nel tempo è possibile trovare casi di manifestazioni simili alla sindrome della rassegnazione in ragazzi e giovani adulti deportati nei campi di concentramento nazisti.
Come si manifesta
La sindrome della rassegnazione nei bambini e negli adolescenti inizia con sintomi di ansia e depressione, in particolare apatia e letargia. Pian piano questi bambini e adolescenti iniziano ad apparire irritabili, ad allontanarsi progressivamente dal mondo e a chiudersi in sé stessi, con riluttanza a impegnarsi in attività abituali come la scuola e il gioco.
Resistono ai tentativi altrui di sostegno e incoraggiamento, smettono di camminare, parlare, mangiare e diventano deboli, incontinenti e incapaci di reagire agli stimoli, inclusi quelli dolorosi. Fino ad arrivare a una condizione di profondo torpore e incoscienza che può durare mesi o anni.
Sulla base della reattività agli stimoli, i sintomi della sindrome della rassegnazione possono essere distinti in due categorie:
- Sintomi di “grado 1”: quando i bambini mostrano qualche risposta quando si parla loro, camminano con supporto, rispondono ai comandi e si nutrono con un cucchiaio;
- Sintomi di “grado 2”: quando i bambini non hanno alcuna reazione al tatto, al suono, al dolore o al calore ed è necessaria l’alimentazione con sondino. Possono essere presenti anche tachicardia, temperatura elevata, sudorazione profusa ed iperventilazione.
Dopo un periodo di tempo che può andare da alcuni mesi a diversi anni, a seconda della variabilità individuale, la sindrome regredisce e di conseguenza vengono ripristinate pian piano tutte le funzioni cognitive e motorie, senza disfunzioni di nessun tipo.
Come si cura
Il trattamento della sindrome della rassegnazione si basa nella fase acuta sul mantenimento in vita del soggetto in stato di torpore; si assicura per esempio un supporto nutrizionale mediante sondino nasogastrico, la reidratazione endovenosa e il controllo delle funzioni corporee. Tuttavia sin dall’inizio la cura è anche psicologica.
A questi bambini e alle loro famiglie va offerta la possibilità, tramite la psicoterapia individuale e gli interventi con i genitori (parent training), di rielaborare le emozioni negative associate all’esperienza traumatica e di inserirsi stabilmente all’interno del nuovo ambiente potendo disporre di adeguate opportunità culturali e socio-economiche. Molto importante è anche il supporto sociale da fornire non solo al soggetto colpito dalla sindrome della rassegnazione, ma anche alla sua famiglia.
Da ospedalebambinogesu