L'omaggio di Littizzetto agli infermieri: tra polemiche, strumentalizzazioni e riscatto sociale
Molti di voi, care lettrici e cari lettori, avranno visto l’omaggio che Littizzetto ha voluto fare agli infermieri, attraverso la lettura di una lettera durante la trasmissione “Che tempo che fa” di domenica 14 maggio 2023.
L’avrete probabilmente visto in diretta oppure, dopo averne lette le reazioni sui social nelle ore successive, sarete andati a recuperarlo per farvene un’idea.
Le reazioni, come avrete appurato, sono state le più disparate e sono andate da commenti di disapprovazione a reazioni compiaciute, passando anche per conclusioni tiepide e neutrali.
Purtroppo, devo dire che, come spesso accade nel nostro Paese, ogni occasione viene trasformata in tifo da stadio, schieramento politico e rissa da bar dello sport e questo episodio non si è sottratto a tale consuetudine.
Ad esempio, il giornale “Libero”, notoriamente schierato a destra non ha perso l’occasione di sottolineare il disappunto del “sindacato degli infermieri” (che poi era la FIALS, che tutti sappiamo non essere il “sindacato degli infermieri”), espresso dalla sua portavoce Mimma Sternativo la quale, a sua volta, si è lasciata condizionare dalla presenza nel testo letto dalla Littizzetto di alcuni termini, strumentalizzandoli pro domo sua.
Già, perché uno degli sport nazionali del nostro belpaese, oltre alle riletture politiche dei vari fenomeni è quello di strumentalizzare parole o espressioni, spesso decontestualizzandole dal testo.
Perché il testo della Littizzetto va letto tutto, anzi: va ascoltato tutto. Si, perché un conto è leggere, come forse si sarà limitata a fare la Sternativo, e un altro è ascoltare.
L’ascolto di un testo comico è importante, poiché ad alcuni passaggi, su alcuni termini, l’attore pone degli accenti, usa i cosiddetti tempi comici, per strappare un sorriso ma, nel contempo, attraverso la collisione di contenuti ha, come valore centrale, qualcosa che va al di là di qualsiasi contenuto.
Il comico fa il comico e non dobbiamo pensare che debba essere lui a riscattare la nostra professione o a parlarne in TV con termini professionalizzanti. Al comico è concesso prendere in giro, usare a iperbole alcuni termini, raccontare ciò che vede (leggasi bene il labiale: “ciò che vede”) e tradurlo in trovate divertenti.
Il riscatto sociale della nostra categoria spetta, invece, a tutti noi, attraverso l’impegno politico, sindacale, didattico, educativo.
Piuttosto che soffermarmi sulla frase “l’infermiere ama vedere la padella mezza piena” (palesemente una battuta) sottolineerei e incornicerei il passaggio dove dice “[…] perché tu sei la prossimità, tu vedi la nostra paura, tu maneggi la nostra vergogna, il nostro corpo nudo. Noi lo affidiamo a te con imbarazzo e tu lo curi con discrezione, paziente con noi pazienti. Nonostante turni infiniti, parenti molesti e stipendi a cui andrebbero dati seri ricostituenti.
E grazie infermiere, grazie infermiera, per quando in pandemia hai curato chi ti insultava dicendo che il Covid era tutta un’invenzione. E mentre ti faceva una capa tanta, tu rischiavi la vita per lui. E scusa se poi passata l’emergenza siamo tornati i soliti pazienti impazienti di prima. Che se va bene dimenticano di dirti grazie e se va male ti trattano come un maggiordomo […]”.
Luciana è colta, divertente, sensibile, ironica, profonda e non ha certo bisogno che io le faccia da avvocato. Piuttosto mi dispiace che alcuni colleghi, rintracciabili in alcuni commenti sui social, non si siano astenuti dai soliti commenti beceri e volgari che, quelli sì, screditano (e molto) la nostra amata professione.