Il referto. Cos’è, quando va redatto, le differenze tra infermiere pubblico e libero professionista
Per la nostra rubrica, riguardante “Gli aspetti giuridici della professione infermieristica”, tratteremo i reati ai quali è esposto l’infermiere, nell'ambito della propria attività.
L'elencazione si basa su criteri di importanza e di frequenza dei fatti costituenti reato che riguardano la professione infermieristica nel suo insieme:
21 giugno 2023: esercizio abusivo di professione parte 1
23 giugno 2023: esercizio abusivo di professione parte 2
26 giugno 2023: somministrazione e detenzione di medicinali guasti o imperfetti
28 giugno 2023: rivelazione del segreto professionale
30 giugno 2023:rivelazione del segreto d'ufficio
3 luglio 2023:omissione di soccorso
5 luglio 2023: rifiuto di atti d'ufficio
7 luglio 2023 omissione di referto
10 luglio 2023sequestro di persona
12 luglio 2023violenza privata
14 luglio 2023abbandono di persone minori o incapaci
17 luglio 2023interruzione di un pubblico servizio
21 luglio 2023violenza sessuale.
Tra i doveri degli infermieri vi è quellodi collaborare con l’Autorità giudiziaria. Questa cooperazione si esplica, in primo luogo, nel dovere, per il professionista sanitario, di segnalare all’Autorità eventuali fatti criminosi riscontrati nell’esercizio della propria professione.
Tale dovere è previsto espressamente da alcune norme del codice penale che obbligano gli esercenti una professione sanitaria (sia in veste di libero professionista, sia in veste di pubblico dipendente) a procedere alla segnalazione all’Autorità giudiziaria di alcuni reati, secondo diposizioni diversificate a seconda della qualifica giuridica assunta dal professionista nello specifico contesto nel quale egli è venuto a contatto con il fatto-reato. Il mancato rispetto del suddetto dovere configura esso stesso un reato, per il quale sono previste sanzioni penali.
Gli articoli di riferimento del codice penale sono:
– l’ art. 361 (Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale), il quale dispone che “Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all’autorità giudiziaria, o ad un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da euro 30 a euro 516 (…). Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa”;
– l’art. 362 (Omessa denuncia di reato da parte di un incaricato di pubblico servizio), secondo cui “L’incaricato di un pubblico servizio che omette o ritarda di denunciare all’autorità indicata nell’articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del servizio, è punito con la multa fino a euro 103. Tale disposizione non si applica se si tratta di reato punibile a querela della persona offesa, né si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche socio-riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l’esecuzione del programma definito da un servizio pubblico”;
– l’art. 365 (Omissione di referto), secondo cui “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’autorità indicata nell’art. 361 è punito con la multa fino a euro 516. Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”.
Gli artt. 361 e 362 c.p. sono relativi al sanitario che svolge la sua attività come dipendente pubblico, assumendo, quindi, la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, mentre l’art. 365 c.p. si riferisce all’obbligo di referto per coloro che esercitano l’attività sanitaria in forma libero-professionale.
Il referto rappresenta, in sostanza, una denuncia obbligatoria che ha lo scopo di informare l’Autorità giudiziaria dell’esistenza di un delitto perseguibile d’ufficio.
Tra i delitti perseguibili d’ufficio che possono concernere l’ambito sanitario si segnalano, in particolare:
– delitti contro la vita (omicidio, omicidio del consenziente, istigazione o aiuto al suicidio, morte conseguente ad altro delitto, abbandono di minori ed incapaci, infanticidio) e i delitti contro l’incolumità individuale (lesioni personali);
– delitti contro l’incolumità pubblica (attività pericolose che espongono al rischio di epidemie, intossicazioni, di danni provocati da alimenti, bevande o medicinali guasti);
– delitti sessuali (violenza commessa su minore di anni 14, violenza commessa da genitore, convivente, tutore, ecc.);
– delitto di interruzione della gravidanza;
– delitti di manomissione del cadavere (vilipendio, distruzione, occultamento);
– delitti contro la libertà individuale (sequestro di persona, violenza privata);
– delitti contro la famiglia (abuso dei mezzi di correzione e di disciplina; maltrattamenti in famiglia verso fanciulli).
L’obbligo di redigere il referto spetta a tutti coloro che esercitano una professione sanitaria (medici, infermieri, ostetriche, ecc.), i quali abbiano svolto la propria assistenza od opera, cioè siano intervenuti direttamente e materialmente mediante attività assistenziale od anche di altra natura (es. redazione di un certificato in caso di morte), in un contesto, in cui, verosimilmente, è stato commesso un reato perseguibile d’ufficio.
Il referto, deve essere presentato, anche di fronte al solo sospetto che si possa trattare di un reato procedibile d’ufficio, in quanto spetterà alla magistratura verificarne la reale sussistenza. Il giudizio sulla possibilità, però, non va fatto in astratto, ma in concreto, tenendo conto di tutte le modalità e circostanze del caso singolo
Così, ad esempio, nell’ipotesi in cui un infermiere, durante una prestazione domiciliare di tipo libero professionale nei confronti di un minore, rilevi la presenza di lesioni traumatiche per le quali i genitori forniscano spiegazioni poco convincenti, e sussista dunque la concreta possibilità che il bambino sia vittima di maltrattamenti (delitto perseguibile d’ufficio), egli è tenuto a fare referto, anche senza avere certezza del fatto, purché, ovviamente, gli elementi di dubbio siano fondati; in caso di mancato invio del referto l’infermiere non sarebbe responsabile solo nel caso di errore in buona fede (art. 47 c.p.) o determinato dall’altrui inganno (art. 48 c.p.), che lo induca a valutazioni errate sulla causa del traumatismo.
Quando deve essere presentato il referto
Il referto va presentato entro 48 ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente, termine quest’ultimo riferito a quei casi in cui l’autorità giudiziaria deve intervenire senza indugio (ad esempio per interrogare la persona ferita, essendoci il rischio di un aggravamento delle sue condizioni cliniche con pericolo di morte). Il referto deve essere indirizzato al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui il sanitario ha prestato la propria opera o assistenza, ovvero, in loro mancanza, all’ufficiale di polizia giudiziaria più vicino (comma 1).
Cosa deve contenete il referto
Quanto al contenuto, il referto deve indicare la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze dell’intervento; inoltre deve fornire tutte le informazioni che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare (comma 2).
Se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto (comma 3).
Abbiamo sempre l’obbligo di redigere il referto?
L’obbligo del referto non è illimitato. Il secondo comma dell’art. 365 c.p., infatti, specifica che tale obbligo non sussiste quando il referto esporrebbe la persona assistita al procedimento penale. Si tratta, cioè, dei casi in cui l’assistito sia responsabile del reato che dovrebbe essere segnalato all’Autorità giudiziaria (ad esempio, ferimento nel corso di una rissa o di una rapina).
Con tale disposizione viene riconosciuta priorità alla tutela della salute dell’assistito, ritenuta prevalente rispetto all’interesse dello Stato di individuare e perseguire penalmente gli autori di un delitto. Il fine dell’esenzione è quello di evitare che una persona ferita o comunque bisognosa di cure decida di non ricorrere all’assistenza sanitaria necessaria, mettendo così a rischio la propria salute o vita, nel timore di dover rendere conto di un eventuale delitto compiuto.
Nel caso in cui, invece, il sanitario svolga la propria attività come pubblico dipendente, e, quindi, in veste giuridica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, gli articoli di riferimento del codice penale (artt. 361 e 362) dispongono che anche per tali soggetti sussiste l’obbligo di informare l’Autorità giudiziaria dell’esistenza di reati, mediante la trasmissione di un documento che prende il nome di denuncia di reato.
da studio legale De Lalla