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Formare infermieri per curare la mente: la sfida dell’OMS

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 06/05/2025

Global Nurse

 

Una nuova guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità punta a integrare competenze di salute mentale, neurologica e delle dipendenze nei percorsi universitari di infermieri e medici. Una svolta necessaria e urgente.

La carenza globale di professionisti preparati ad affrontare disturbi mentali, neurologici e legati all’uso di sostanze (MNS) è uno dei grandi buchi neri dei sistemi sanitari moderni. Nonostante l’evidenza clinica dimostri l’efficacia di molti interventi, milioni di persone restano senza diagnosi o cura. A fronte di questo scenario, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato nel 2025 una guida operativa destinata alle università e ai formatori sanitari per includere le competenze MNS nei percorsi pre-servizio (PSE) di infermieri e medici.

L’infermiere come cardine del cambiamento

Gli infermieri costituiscono il 44% della forza lavoro globale in salute mentale. Eppure, sono ancora troppo pochi, spesso mal distribuiti (concentrati nei centri urbani), e raramente formati ad affrontare la salute mentale nei contesti di assistenza primaria e comunitaria. La guida OMS ribalta questo approccio: gli infermieri non devono essere visti solo come “supporto” allo specialista, ma come attori centrali per l’identificazione precoce, il supporto e il trattamento di base delle condizioni MNS.

Dodici competenze per una nuova generazione di infermieri

La guida definisce 12 competenze chiave che ogni studente infermiere dovrebbe acquisire durante il percorso universitario. Tra queste: il riconoscimento e la gestione delle emergenze psichiatriche, l’erogazione di supporto psicosociale, l’adattamento delle cure a persone vulnerabili (come donne in gravidanza, adolescenti o anziani), l’assistenza ai caregiver e l’auto-cura professionale. Le competenze sono articolate in termini di attitudini, conoscenze e abilità pratiche, con un forte richiamo alla cura centrata sulla persona e ai diritti umani.

Formazione sul campo, simulazioni, educazione digitale

Uno dei punti forti della guida è il richiamo all’apprendimento attivo. Basta teoria fine a sé stessa: servono simulazioni, contatti con pazienti reali, stage in contesti extra-ospedalieri, moduli digitali interattivi. Le esperienze con persone con esperienza diretta di MNS (come co-docenti) si sono rivelate fondamentali per ridurre lo stigma negli studenti. L’infermiere del futuro, secondo l’OMS, deve essere empatico, competente e pronto ad agire fin dal primo giorno di lavoro.

Le barriere: curricula sovraccarichi, stigma e mancanza di risorse

La guida affronta anche gli ostacoli al cambiamento. Tra i più citati: curricula già troppo densi, resistenze istituzionali, scarsità di docenti preparati e stigma culturale verso la salute mentale. Ma propone soluzioni concrete: cominciare con piccole modifiche, valorizzare le risorse esistenti, usare metodi flessibili e coinvolgere studenti e utenti nella progettazione dei corsi.

Un’opportunità per l’Italia

In un Paese come l’Italia, dove il modello della psichiatria di comunità ha radici storiche ma convive con forti diseguaglianze territoriali, questa guida offre una roadmap per rilanciare la formazione infermieristica. Integrare le competenze MNS nei corsi di laurea in infermieristica non è solo una questione educativa: è un investimento per la sostenibilità del sistema sanitario, per la dignità delle persone con sofferenze mentali e per il futuro stesso della professione infermieristica.

La guida dell’OMS è chiara: senza una formazione di base robusta su salute mentale, neurologia e dipendenze, infermieri e medici entreranno nel mondo del lavoro impreparati ad affrontare le sfide più comuni – e spesso più trascurate – della salute globale. Perché non basta formare specialisti. Serve una rete diffusa di professionisti preparati, e in prima linea ci sono – ancora una volta – gli infermieri.