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La nuova scienza del cibo: il potenziale terapeutico nascosto nelle molecole alimentari

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 07/07/2025

Professione e lavoroStudi e analisi

 7 luglio 2025

Le sostanze chimiche contenute negli alimenti possono modulare l’attività di migliaia di proteine umane: un potenziale terapeutico enorme, ancora in gran parte sconosciuto.

“Siamo ciò che mangiamo”, si dice. Ma quanto davvero conosciamo ciò che mangiamo?

Negli Stati Uniti, oltre mezzo milione di decessi ogni anno è attribuibile a una cattiva alimentazione. Un dato allarmante, che supera il numero di morti legati a molti altri fattori di rischio. Anche in Italia, l’epidemia di obesità è ormai una realtà e la nutrizione è riconosciuta come uno dei quattro pilastri dello stile di vita, insieme a fumo, alcol e attività fisica, in grado di influenzare il rischio di sviluppare malattie croniche come diabete, ipertensione, patologie cardiovascolari e tumori.

Proprio per approfondire il ruolo della dieta nella salute, il New England Journal of Medicine sta pubblicando una serie di revisioni dedicate alla nutrizione in medicina. L’ultimo contributo ha messo sotto la lente un tema affascinante e poco esplorato: la complessità chimica degli alimenti e le sue implicazioni terapeutiche. Una nuova prospettiva che cambia il modo di intendere la dieta non solo come fonte di energia, ma come veicolo di molecole bioattive capaci di influenzare profondamente l’organismo umano.

La genetica non basta: l’impatto degli alimenti sul rischio di malattia

Si stima che i geni contino per appena il 10% nel rischio complessivo di sviluppare una malattia. Il restante 90% dipende da fattori ambientali e dietetici. Ma cosa c’è esattamente dentro il cibo?

Gli alimenti contengono migliaia di sostanze chimiche diverse, molte delle quali ancora poco studiate, ma che potrebbero regolare l’attività di proteine umane e microbiche, influenzando il microbiota intestinale, il metabolismo cellulare e numerosi processi biologici. Per affrontare questa enorme complessità, è nata la libreria Nutrition Dark Matter (NDM): un database che raccoglie oltre 139.000 sostanze chimiche alimentari, documentandone struttura, proprietà e potenziali bersagli biologici.

Non solo carboidrati, proteine e vitamine: il cibo è molto di più

La classificazione tradizionale dei nutrienti (carboidrati, lipidi, proteine, vitamine, minerali e acqua) rappresenta solo una minima parte della reale composizione chimica degli alimenti. I cibi naturali – in particolare quelli vegetali – producono migliaia di metaboliti secondari, come polifenoli, terpenoidi, alcaloidi e composti organosulfurici, con effetti benefici sulla salute umana.

Ad esempio, l’aglio – da sempre utilizzato sia come alimento che come rimedio naturale – contiene oltre 6.800 molecole documentate. Tra queste l’allicina, l’ajoene e l’acido p-cumarico, noti per le loro proprietà antimicrobiche, antinfiammatorie e cardioprotettive. Tuttavia, questi composti non sono nemmeno tracciati nei normali database nutrizionali.

Quando il cibo cura: molecole alimentari come ispirazione per i farmaci

Una parte significativa dei farmaci attualmente in uso deriva da composti presenti negli alimenti. L’aspirina, la chinina, la lovastatina: tutte nate da molecole naturali. Eppure, solo l’1,3% delle sostanze presenti nella libreria NDM è attualmente utilizzato in ambito farmaceutico.

Di particolare interesse sono i polifenoli, che modulano le vie di segnalazione cellulare, interagiscono con il microbiota e hanno attività antiossidanti e antinfiammatorie. L’acido rosmarinico, ad esempio, mostra un’attività antitrombotica simile al clopidogrel, uno dei farmaci più usati per prevenire gli eventi cardiovascolari.

Le sfide: da una scienza della nutrizione descrittiva a una predittiva

Oggi, solo il 6,5% delle molecole NDM ha interazioni proteina-composto validate sperimentalmente. Comprendere meglio queste interazioni significherebbe poter sviluppare terapie alimentari personalizzate, capaci di agire su specifici processi patologici o proteggere l’organismo da malattie complesse come il cancro o le malattie neurodegenerative.

Grazie alla network medicine, un approccio che studia le malattie come sistemi interconnessi, e all’intelligenza artificiale, è ora possibile mappare il modo in cui le molecole alimentari influenzano le reti proteiche cellulari, aprendo scenari inediti per la prevenzione e la cura.

Una rivoluzione ancora tutta da scrivere

Nonostante gli sforzi – nel 2019 il NIH ha investito 1,9 miliardi di dollari nella ricerca nutrizionale – restiamo ancora lontani da una comprensione esaustiva del potenziale terapeutico degli alimenti. Solo 328 su 1.650 alimenti previsti sono stati finora mappati nei database molecolari.

Comprendere davvero “il linguaggio del cibo” significa spostare l’attenzione da calorie e macro-nutrienti a un universo chimico incredibilmente complesso, che potrebbe rivoluzionare la medicina. Perché dietro ogni piatto non c’è solo gusto, ma una farmacia naturale in continua evoluzione.

Per gli infermieri:
Promuovere la consapevolezza alimentare non significa solo educare a una “sana alimentazione”, ma comprendere e comunicare il valore clinico di ciò che mettiamo nel piatto. La conoscenza della “materia oscura” della nutrizione può diventare una risorsa preziosa per la prevenzione, l’empowerment dei pazienti e la promozione di percorsi terapeutici integrati.

La prossima rivoluzione medica potrebbe partire dalla cucina.

 

da: 

cura della Redazione A. Complessità degli alimenti e implicazioni per le terapie. Assist Inferm Ric 2025;44(2):86-89. doi 10.1702/4514.45121