Sanità al bivio: troppi medici, pochi infermieri. Entro il 2035 ne mancheranno 78mila
In un contesto nazionale segnato da un invecchiamento della popolazione tra i più elevati al mondo e da un aumento delle patologie cronico-degenerative, la professione infermieristica in Italia si trova a fronteggiare criticità strutturali che richiedono un’attenzione immediata da parte delle istituzioni sanitarie e della politica.
Secondo il recente Rapporto AGENAS 2023, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) conta 277.138 infermieri dipendenti, ma con un tasso di copertura inferiore alla media europea: 6,86 infermieri ogni mille abitanti contro la media UE di 8,26. Il rapporto Agenas evidenzia che l’Italia dispone di un numero di medici superiore alla media europea (5,35 per 1.000 abitanti, contro una media Ue di 4,07); un dato che stride con la propaganda sul numero chiuso a medicina che tale è rimasto nonostante i proclami sulla sua abolizione che ha spostato l’attenzione dalla vera emergenza che è piuttosto infermieristica. Inoltre, il rapporto infermieri/medici è fortemente sbilanciato (1,3 contro 2,1 nella media OCSE), segno di un sistema sanitario che penalizza l’apporto essenziale degli infermieri nelle cure e assistenza. Il dato preoccupa, soprattutto considerando che da qui al 2035 circa 78 mila infermieri andranno in pensione.
La sostituzione non è garantita, poiché, nonostante l’aumento dei posti messi a bando dalle università, il numero delle domande continua a calare. La “gobba pensionistica” è un problema imminente: entro il 2035 si prevede il pensionamento di circa 78.000 infermieri, molti dei quali oggi hanno già oltre 50 anni. A ciò si accompagna un calo dell’attrattività dei corsi di laurea infermieristici, che non sembra sufficiente a garantire il ricambio generazionale necessario per coprire le uscite. Le proiezioni indicano un numero di nuovi laureati compreso tra 73.000 e 86.000 entro il 2029, con un evidente gap rispetto al fabbisogno.
Un altro aspetto cruciale riguarda il riconoscimento sociale e la progressione di carriera. Gli infermieri in Italia lamentano da tempo una discrepanza tra le responsabilità professionali sempre più complesse e le condizioni retributive e promozionali che non rispecchiano pienamente il loro ruolo. La recente pandemia da COVID-19 ha fornito una parziale valorizzazione dell’immagine pubblica della professione, ma rimangono ancora ampie fasce di insoddisfazione all’interno della categoria, soprattutto in ambito ospedaliero.
Dal punto di vista formativo, il Rapporto Agenas evidenzia un’età media dei nuovi laureati infermieri in progressivo abbassamento (circa 25 anni), con una percentuale crescente di studenti dai licei e una forte domanda verso le lauree magistrali. Questo indica una volontà di crescita professionale da parte delle nuove generazioni, che necessita però di essere accompagnata da politiche di supporto adeguate.
La presenza di infermieri in ruoli dirigenziali è comunque limitata e molto disomogenea sul territorio nazionale. Il rapporto mediamente è di 1,66 dirigenti ogni 1.000 infermieri, con regioni del Nord Italia che offrono maggiori opportunità rispetto a quelle del Sud. Aumentare la presenza infermieristica nei ruoli decisionali appare fondamentale per migliorare i processi assistenziali e valorizzare il contributo della professione.
Il Servizio Sanitario Nazionale deve urgentemente affrontare la sfida della carenza infermieristica attraverso politiche orientate a:
potenziare l’attrattività dei corsi di laurea e facilita il passaggio alle specializzazioni;
garantire una remunerazione e una progressione di carriera proporzionate alla complessità delle responsabilità;
promuovere il riconoscimento sociale della figura infermieristica;
rafforzare la partecipazione degli infermieri ai ruoli gestionali e decisionali.
Queste sono le priorità attraverso le quali sarà forse possibile evitare che la carenza di personale infermieristico diventi la prossima catastrofe della sanità italiana, garantendo un’assistenza di qualità e sostenibile per la crescente domanda di cure della popolazione. La carenza è già da tempo un’emergenza di cui il legislatore sembra essersi accorto solo ora proponendoci al momento solo un lista di intendimenti che di concreto hanno ancora ben poco.
Andrea Tirotto