Tra teoria, tirocinio e durate variabili: formazione assistente infermiere è già un puzzle regionale
Con l’entrata in vigore del DPCM del 28 febbraio 2025, che recepisce l’Accordo Stato-Regioni dello scorso ottobre, la nuova figura dell’“assistente infermiere” è diventata realtà. Ma l’avvio dei corsi e delle procedure di accreditamento ha aperto più domande che certezze, spingendo in Parlamento a chiedere un intervento diretto del Ministero della Salute.
Una formazione breve e frammentata
Il nuovo profilo è rivolto soprattutto agli operatori socio-sanitari (OSS) con esperienza e prevede un percorso minimo di 500 ore: 200 di teoria, 280 di tirocinio e 20 di esercitazioni pratiche. La durata può variare dai sei ai dodici mesi.
L’Accordo affida però alle Regioni la definizione dei fabbisogni, la struttura dei corsi e il riconoscimento di crediti formativi. Questo ha già prodotto percorsi diversi da territorio a territorio, con differenze nella durata, nei contenuti didattici e nelle modalità di tirocinio. Il rischio è quello di creare figure professionali non comparabili e una formazione non uniforme a livello nazionale.
Una carenza strutturale che la nuova figura non risolve
Alla base del problema c’è la grave carenza di personale infermieristico: oltre 60.000 professionisti mancanti secondo le stime di OCSE e FNOPI. L’Italia conta 5,8 infermieri ogni mille abitanti, ben al di sotto della media europea. Salari bassi, turni pesanti e scarse prospettive di carriera spingono molti a lavorare all’estero e scoraggiano le nuove iscrizioni ai corsi universitari.
Le richieste al Ministero
L'interrogazione presentata da Beatrice Lorenzin (PD) al Senato chiede al Ministro della Salute se sia a conoscenza delle criticità emerse e se intenda intervenire. Le richieste principali sono quattro:
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Linee guida nazionali vincolanti per garantire standard formativi uniformi.
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Una cabina di regia con Ministero, Regioni, FNOPI e sindacati per definire criteri comuni e monitorare l’attuazione dei corsi.
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Misure strutturali per rendere la professione infermieristica più attrattiva, migliorando retribuzioni, condizioni di lavoro e possibilità di carriera.
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Un piano nazionale di valorizzazione delle figure sanitarie di base, infermieri e OSS, evitando nuovi profili che possano creare confusione di ruoli.
Il nodo politico e la sfida dei prossimi mesi
Il provvedimento nasce con l’obiettivo di rispondere rapidamente alla carenza di personale, ma il rischio di percorsi troppo brevi e responsabilità poco definite resta alto. Il Ministero dovrà decidere se rafforzare le regole nazionali o lasciare piena autonomia alle Regioni.
Intanto il confronto tra professionisti, istituzioni e territori è destinato ad accendersi. A fare da prova dei fatti sarà la tenuta dei servizi, già oggi in forte affanno.
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