Un successo Infermieristico italiano: la storia di Massimo e Francesco
Oggi vogliamo presentarvi una storia che non è solo il realizzarsi di un progetto importante per le prestazioni infermieristiche dedicate a chi necessità di terapie endovenose, ma è anche un messaggio per il futuro e un’ effusione di speranza; in questi tempi dove l’Infermieristica non naviga di certo col vento in poppa ci fa immenso piacere pubblicare una realtà fatta di amore e tenacia. Amore per la professione e determinazione nel portare avanti un disegno professionale, ingredienti fondamentali per ogni successo. Massimo e Francesco, il nome dei due protagonisti, sono i colleghi di cui oggi presentiamo il progetto, descritto per noi dal loro docente universitario dell’ epoca, Luca Tesone, che adesso si ritrova esso stesso ad essere….alunno degli Infermieri che ha contribuito a formare.
E’ con molto piacere che voglio poter raccontare una storia di riscatto del mondo infermieristico. Mondo che soprattutto nel sud Italia sembra dormire sonni profondi, schiacciato dal demansionamento, dai continui tagli alla sanità e dalle realtà locali spesso disagiate. Ed è proprio da una di queste realtà, Castel Volturno (in provincia di Caserta) tristemente nota per essere la terra dei fuochi, dell’immondizia, della Camorra, dello sfruttamento dell’immigrazione e della prostituzione che nasce una storia di speranza, per una volta non legata al volontariato che viene da fuori o al buon cuore dei tanti cittadini onesti che vi vivono, ma alla professionalità. Professionalità di colleghi che hanno a cuore la loro formazione e la salute dei loro pazienti e hanno saputo valorizzarla come meritano. Anni fa ho conosciuto Francesco Morrone (27 anni) e Massimo Bologna (26 anni), al tempo due studenti Infermieri del corso di laurea dell’ Università degli studi di Roma Tor Vergata; sede distaccata di Castel Volturno. Erano discenti al primo anno di corso attivato presso il Presidio Ospedaliero Pineta Grande ed io al mio primo incarico come docente; forse proprio il nostro essere tutti alla prima esperienza ci ha legato in una amicizia che ancora oggi conservo gelosamente. Francesco e Massimo sono gli ideatori ed i responsabili di un bel progetto diventato realtà a luglio scorso: Servizio/Ambulatorio Infermieristico di Posizionamento e gestione PICC (Peripherally Inserted Central Catheter) presso l’Ospedale Pineta Grande (struttura privata convenzionata con il SSN) e qualche giorno fa ho voluto raccogliere la loro storia.
Massimo come siete arrivati fin qui? Qual è stata la vostra formazione e la vostra esperienza di questi anni?
Entrambi, nel senso che siamo andati proprio insieme, abbiamo fatto 2 esperienze all’ estero nell’ ambito della Terapia Intensiva e Rianimazione, spinti dalla passione per l’emergenza e per il lavoro con pazienti con alta criticità. La prima esperienza l’abbiamo fatta durante il corso di laurea, con una borsa di studio ERASMUS siamo stati a Girona (Spagna) all’ Hospital Joseph Trueta. La seconda esperienza l’abbiamo fatta chiedendo l’aspettativa al nostro datore di lavoro e siamo andati a lavorare in una DoCC (Department of Critical Care) al Milton Keynes Hospital in Inghilterra. Ritornati dall’ Inghilterra abbiamo presentato una proposta operativa al proprietario della struttura che è stata accolta con piacere. Istituire un Servizio/Ambulatorio infermieristico di Posizionamento e gestione PICC.
Francesco come mai questa scelta?
La passione per questa materia ci ha spinto a frequentare un corso sugli Accessi Venosi Centrali a lungo termine presso il Policlinico Gemelli di Rome, ma soprattutto l’ispirazione ci viene dal nostro maestro, Vincenzo Faraone, Dottore in Infermieristica e Responsabile del PICC Team del Cardarelli di Napoli che da sempre si prodiga nel farci capire che il patrimonio venoso è da considerare un organo del nostro corpo, pertanto va tutelato nel migliore dei modi. Spesso questo nelle strutture sanitarie non avviene e ci ritroviamo a trattare pazienti con lesioni vasali e cutanee per stravasi o perché è stato infuso un farmaco con un catetere venoso periferico quando invece necessitava di un catetere venoso centrale. La cultura dei PICC e della scelta del giusto accesso venoso penso centri in pieno questa filosofia. Soddisfare un bisogno e dare ad un paziente una prospettiva di vita qualitativamente migliore credo sia impagabile per un infermiere oltre ad essere un suo chiaro obiettivo.
Massimo che tecnologie usate nel vostro servizio?
Ovviamente usiamo una metodica Eco-guidata per il reperimento della vena e, per accertarci del giusto posizionamento della punta del catetere nel terzo medio inferiore della cava superiore, non usiamo l’RX del torace, ma una metodica intra-procedurale: l’interpretazione dell’ECG endocavitario.
Una particolarità del loro Ambulatorio (probabilmente il primo in Campania) è quello di essere sia un servizio (gratuito) per i pazienti ricoverati sia un servizio (a pagamento) per pazienti esterni che hanno bisogno di un PICC e che possono prenotare una visita per una consulenza di Impianto/Gestione PICC.
Personalmente, sicuro di rappresentare la voce di molti Infermieri, auguro a questi giovani ragazzi (insieme alla redazione) una carriera professionale correlata di successo e crescita continua. E chissà che un domani non sentiremo parlare ancora dei loro nomi; magari su qualche importante testo scientifico di Infermieristica (italiana). Auguri per un radioso futuro.