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E' legittimo il licenziamento del dipendente che si rifiuta di indossare i DPI

Daniele Carboccidi
Daniele Carbocci
Pubblicato il: 07/12/2013

Leggi e sentenze

UnknownE' legittimo Il licenziamento del lavoratore che reiteratamente ha rifiutato di indossare gli 0cchiali di protezione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa all'interno del reparto produttivo, cosi come previsto dal documento di valutazione dei rischi e da specifica disposizione aziendale.

Cass., sez.lav., 12 novembre 2013, n. 25392

Pres. Maisano; Rel. Filabozzi

Secondo la S.C., infatti, mentre il datore di lavoro ha il dovere di effettuare la valutazione in collaborazione con le altre figure previste dal D.Lgs. n. 626/1994, ora D,Lgs. n. 81/2008, d'individuare le misure di prevenzione e protezione e di vigilare sull'osservanza delle stesse, il lavoratore è altresì tenuto al rispetto delle disposizioni aziendali in materia. Il documento di valutazione dei rischi, pertanto, è la fonte che legittima le prescrizioni datoriali ed è rimessa alla piena autonomia del giudice di merito stabilire se i suoi contenuti sono conformi o meno ai precetti normativi attraverso una indagine di fatto la cui valutazione è censurabile in Cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche.

 La sterminata casistica giurisprudenziale in materia di licenziamento si arricchisce con un nuovo orientamento espresso dalla Suprema Corte di cassazione: la fattispecie affrontata in effetti non ènuova in quanto riguarda la legittimità del provvedimento espulsivo da parte del datore di lavoro nell'ipotesi in cui il lavoratore ometta di utilizzare i dispositivi di protezione individuale (Dpi), ma in questa occasione il giudice di legittimità ha espresso anche alcuni interessanti indirizzi interpretativi sulla valutazione dei rischi, la partecipazione alla stessa delle diverse figure della prevenzione e la valenza del documento di valutazione (Dvr).

Occorre preliminarmente osservare che in questi ultimi mesi è la terza occasione in cui lo Suprema Corte si occupa della legittimità del licenziamento in tale ipotesi (1), confermando come vedremo un orientamento abbastanza rigido circa gli obblighi delle parti scaturenti dalle norme imperative in materia di sicurezza sul lavoro e, in particolare, del dovere del lavoratore di utilizzare i Dpi(2) secondo le direttive impartite dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori: e sotto questo profilo che, come accennato, la S.c. ha richiamato magistralmente alcuni principi del D.Lgs. n. 626/1994, ora trasfusi in modo pressoché pedissequo nel D.Lgs. n. 81/2008, che consentono di comprendere meglio l'ampiezza dei poteri datoriali e il loro collegamento con il documento di valutazione dei rischi (Dvr).

II fatto

Il caso affrontato dalla Suprema Carie riguarda la vicenda di un lavoratore licenziato per non aver indossato gli occhiali di protezione, il cui uso era stato prescritto dal datore di lavoro nello svolgimento della prestazione lavorativa; il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso del lavoratore cosi come la Corte di appello di Bologna, ritenendo quindi, legittimo il licenziamento.

A fondamento della decisione i giudici di appello qualificavano come ingiustificato il rifiuto del lavoratore in quanto il datore di lavoro avvalendosi nella valutazione dei rischi della collaborazione delle figure previste dalla legge come il medico competente e il rappresentante dei lavoratori (3) aveva redatto il documento di valutazione dei rischi dal quale emergeva che l'obbligo d'indossare gli occhiali di protezione non era circoscritto ad alcune specifiche operazioni come l'impiego di attrezzature ad aria compressa ma a tutta una serie di operazioni non circoscritte a determinate lavorazioni o postazioni di lavoro e distribuite lungo l'intero arco di durata della prestazione lavorativa.

Il lavoratore, invece, si era difeso sostenendo che in realtà sulla base di un parere espresso dall'organo di vigilanza (AusI) l'obbligo di utilizzare il predetto Dpi doveva ritenersi valido solo per lo svolgimento di mansioni che comportavano l'uso di aria compressa, ovvero nel caso in cui questa fosse utilizzata da altri dipendenti nelle immediate vicinanze.

Avverso la sentenza della Corte d'appello il lavoratore ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione censurando vari profili e denunciando la violazione di diversi articoli del D.Lgs. n. 626/1994 – in particolare l'articolo 23 in materia di vigilanza, l'articolo 17 relativo agli obblighi del medico competente e l'articolo 19 riguardante le attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza - nonché, tra l'altro, un vizio di motivazione, chiedendo alla Suprema Corte di stabilire se nella predisposizione e nell'interpretazione del Dvr il datore di lavoro è soggetto o meno alla vigilanza e alle direttive del servizio di protezione prevenzione costituito presso le Asl o altre strutture pubbliche.

Lo stesso ricorrente, inoltre, ha altresì lamentato la violazione dell'articolo 1460 c.c.. nocnhé vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale, affermando che l'eccezione di inadempimento sarebbe possibile solo per la tutela di immediate esigenze vitali, non avrebbe considerato che  l'insubordinazione è configurabile solo in relazione ad un comportamento che può essere legittimamente preteso e, nel caso all'esame, doveva invece essere esclusa per il solo fatto che il ricorrente si era adeguato alle prescrizioni del servizio di mediana preventiva della competente Ausl.

I motivi della decisione

Condotta omissiva reiterata del lavoratore e obbligazione di sicurezza del datore di lavoro.

Nella disamina operata dalla Suprema Corte di cassazione, che qui si riassume brevemente, quindi, il lavoratore è stato licenziato per aver tenuto una condotta omissiva reiterata in quanto in diverse occasioni ha rifiutato di indossare gli occhiali di protezione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa all'interno del reparto produttivo, cosi come previsto dal documento di valutazione dei rischi (Dvr) e da una specifica disposizione aziendale.

Sotto questo profilo la Suprema Corte ha, in primo luogo, condiviso il principio seguito dalla Corte territoriale in base al quale una parte può rendersi inadempiente ed invocare l'articolo 1460 c.c. Solo se è totalmente inadempiente l'altra parte e non, invece, se l'asserito inadempimento sia fatto dipendere da una non condivisa scelta organizzativa aziendale che, come tale, non può essere sindacata dal lavoratore ove non incida sulle sue immediate esigenze vitali.

Nel caso di specie, invece, il datore di lavoro ha esercitato correttamente il potere direttivo-organizzativo e, in particolare, prevedendo l'obbligo dell'impiego del dispositivo di protezione individuale (dpi) in questione e vigilando sul suo utilizzo, ha assolto l'obbligazione di sicurezza prevista a suo carico dall'articolo 2087 C.c. e

dall'articolo 4 del D.Lgs. n. 626/1994 - ora articolo 28 del D.Lgs. n.81/2008· in base al quale lo stesso è tenuto alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori e la redazione del relativo Dvr e, quindi,

all'adozione delle necessarie misure di prevenzione e protezione tra cui quella della fornitura del citato dpi e il controllo sull'utilizzo da parte degli stessi.

D'altro canto è necessario anche precisare che a fronte di tali doveri specifici del datore di lavoro anche il lavoratore ha l'obbligo di osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva e individuale e di utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a disposizione (articolo 5. D.Lgs. n. 626/1994, ora articolo 21, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008).

Il principio di compartecipazione alla valutazione dei rischi e gli strumenti probatori

Nella recente sentenza della Suprema Corte in commento emerge anche la rilevanza del principio di compartecipazione alla valutazione dei rischi da parte di altre figure della prevenzione.

Il datore di lavoro, infatti, da un lato ha l'obbligo non delegabile di compiere tale attività(4), mentre dall'altro deve avvalersi, come detto, anche della collaborazione delle altre figure della prevenzione - responsabile del servizio di prevenzione e protezione, medico competente e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza - che sulla base delle rispettive competenze esprimono il proprio parere circa la valutazione dei rischi e le misure da adottare; in tal senso. quindi la prova di tale collaborazione era stata accertata dalla Corte territoriale in quanto è emerso che gli stessi avevano partecipato alle riunioni periodiche sulla prevenzione protezione(5)  ed erano stati informati delle decisioni adottate in materia di sicurezza.

Legittimità della prescrizione dotoriale e documento di valutazione dei rischi

II rispetto, quindi, del citalo principio di compartecipazione ha conferito alla valutazione dei rischi e al Dvr un primo requisito (fondamentale) d'idoneità degli stessi in ordine al rispetto degli adempimenti procedurali e sostanziali del processo valutativo prescritti dal legislatore e, come sottolineato nella sentenza in conmento, la Corte d'Appello nel proprio giudizio di merito ha ritenuto come legittima la prescrizione fatta dal datore di lavoro di utilizzare gli occhiali di protezione in tutte le aree di produzione e che, correlativamente, fossero inadempienti i lavoratori che, come il ricorrente, si erano rifiutati reiteratamente di osservare quell'obbligo.

La fonte legittimante, pertanto, è il Dvr che prevedeva l'obbligo di indossare gli occhiali di protezione in tutte le aree di lavoro in ragione della costante presenza del rischio di proiezione di corpi estranei negli occhi, rischio quindi specifico presente in molteplici attività  in cui era impiegato il lavoratore correlato all'impiego di aria compressa nell'esecuzione di una serie di operazioni (di pulizia della zona di lavoro delle macchine) non circoscritte a determinate lavorazioni o postazioni di lavoro e distribuite lungo l'intero arco di durata della prestazione lavorativa, oltre che all'impiego di altri utensili o ad altre cause di dispersione dei residui di lavorazione nell'ambiente di lavoro

Accertamento giudiziale e valenza delle indicazioni degli organi ispettivi

La S.C. in virtù delle proprie competenze ovviamente non è entrata nel merito della decisione di secondo grado in ordine alla correttezza degli esiti della valutazione dei rischi ma, come si è visto, si è limitata ad affermare il principio che nel rapporto di lavoro la legittimità delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza discende da quanto stabilito nel Dvr; sotto questo profilo il fatto che l'organo di vigilanza (Ausl) avesse, invece, ritenuto che l'obbligo di utilizzare il dpi fosse circoscritto solo a determinate operazioni per la Suprema Corte non intacca la correttezza del giudizio espresso dei giudici di merito.

Infatti, per quanto riguarda l'interpretazione dei Dvr è rimesso alla piena autonomia del giudice stabilire se i suoi contenuti sono conformi o meno ai precetti normativi ben potendo, quindi, anche discostarsi dal parere espresso dagli organi di vigilanza; pertanto, sottolinea ancora la S.C., tale accertamento si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, la cui valutazione è censurabile in Cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche.

Considerazioni conclusive

La riforma epocale introdotta dal D.Lgs. n. 626/1994 e dal successivo D.Lgs. n. 81/2008 hanno rafforzato il principio che il lavoratore non è solo creditore ma anche debitore di sicurezza.

Si tratta, quindi, di una fase fondamentale del processo evolutivo della disciplina antinfortunistica che, come dimostrano le sempre più numerose sentenze della Cassazione sia penale che civile sono sfavorevoli al lavoratore che ha violato le disposizioni aziendali in materia.

Si sta passando, pertanto, da una fase storica in cui era per certi versi quasi tollerata l'eventuale condotta omissiva del lavoratore che rispetto alle norme di sicurezza aveva la “superficiale tentazione di trascurarle”(6)  a una diversa, più matura, in cui lo stesso è ritenuto pienamente responsabile al pari degli altri soggetti operanti in azienda qualora risultino inosservati gli obblighi che il legislatore ha posto a carico di ciascuno di essi.

(1) Cass., sez.lav., 7 maggio 2013, n. 10553; Cass.. sez..lav. 5 agosto 2013, n. 18615.

(2) Occorre osservare che per dpi s'intende qualsiasi attrezzatura (guanti. occhiali protettivi, scarpe antinfortunistiche, elmetto etc.) destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonchè ogni complemento e accessorio destinato a tale scopo (art. 74, comma. 1, D.Lgs. n. 81/2008).

(3) Si osserva che alla valutazione dei rischi deve collaborare anche il personale del servizio di prevenzione e protezione (cfr. artt. 28, 29 e 33 del D.Lgs. n. 81/2008)

(4) Cfr. art. 17. D.Lgs. n. 81/2008.

(5) Cfr. art 35. D.Lgs. n. 81/2008.

(6) Cfr. Cass.. sez.IV pen.. 3 giugno 1995. n. 6486.