Stop al minutaggio per le prestazioni sanitarie. Sentenza storica del Tar del Lazio
Un anno fa il decreto “DCA n.U00052/2017. Piano di riorganizzazione, riqualificazione e sviluppo del Servizio Sanitario Regionale.Tempario regionale di riferimento delle prestazioni specialistiche ambulatoriali individividuate come critiche” emanato dal Commissario ad Acta della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, prevedeva tempi massimi predefiniti e rigorosi per 63 esami specialistici (ad esempio: Visita neurologia, 20 minuti; Elettromiografia semplice, 5 minuti; Elettrocardiogramma, 15 minuti; Visita oncologia: 20 minuti).
Il decreto mirava alla riduzione delle liste di attesa, attraverso il taglio del tempo previsto per ogni visita, in modo da poterne eseguire in numero maggiore in una giornata.
Oggi il Tar del Lazio con la sentenza pubblicata il 29 maggio 2018 lo annulla, e dà ragione al Sumai, Sindacato Unico della Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria.
I giudici hanno così motivato l’annullamento del decreto:
“la durata effettiva di ogni singola prestazione dipende da
tipologia e complessità del trattamento (esame o visita) da eseguire;
una siffatta valutazione (sulla durata, ossia, della singola prestazione) è riservata in via esclusiva allo “specialista ambulatoriale”. Aggiungendo che, “la lotta alle liste d’attesa potrebbe essere concretizzata “attraverso un (tanto auspicato) aumento delle risorse umane e strumentali da adibire ad un così delicato settore quale quello della pubblica sanità”.
Soddisfatta la Presidente Fnopi Barbara Mangiacavalli che, a proposito del “minutaggio” ha dichiarato: “No a qualsiasi tipo di tempario: l’essenza delle nostre professioni consiste anche in una dimensione umana che non può essere contingentata ai minuti che la burocrazia ci concede
“Dobbiamo disegnare e proporre insieme soluzioni per cambiare modelli ormai desueti che non valorizzano a sufficienza l’integrazione professionale – ha aggiunto Mangiacavalli. E questo non si fa con i “tempari” e i minutaggi”. Il nostro cammino comune è a vantaggio dell’organizzazione del Ssn e soprattutto delle persone. E in questo la sentenza del Tar ci dà ragione”.
da Quotidiano Sanità