Infermieri. Ecco il dispositivo che riduce la possibilità di sviluppare un tumore maligno maneggiando i farmaci antitumorali
Maneggiare farmaci antitumorali senza le corrette precauzioni aumenta il rischio di contrarre tumori e, ad essere più a rischio sono gli Infermieri.
È quanto emerso da un reportage commissionato da EBN European BiosafetyNetwork, che ha evidenziato come le condizioni igienico – sanitarie degli Ospedali Europei causino agli infermieri, ai farmacisti ed agli operatori sanitari, gravi problemi di salute.
Nonostante il loro effetto terapeutico, molti dei farmaci antineoplastici hanno proprietà mutageniche, teratogene o cancerogene.
Gli operatori che li manipolano risultano dunque professionalmente esposti e l'assorbimento può avvenire:
• per via inalatoria (polveri, aerosol, vapori), responsabile di fenomeni irritativi a carico delle mucose, in particolare orofaringee e nasali;
• per via cutanea, a contatto diretto con il farmaco; può causare iperpigmentazioni, eczemi, fino a vere e proprie necrosi dei tessuti molli cutanei e sottocutanei (in base al farmaco contaminante);
• congiuntive oculari: molto più rare, possono causare irritazione congiuntivale, eccessiva lacrimazione, fotofobia, danni più o meno importanti a carico dell’epitelio corneale;
• mucose orofaringee, via digestiva: vietato introdurre qualunque cibo all'interno dei laboratori, comprese caramelle e chewingum.
Negli ultimi dieci anni sono state rilasciate numerose linee guida per la gestione dei farmaci antineoplastici e sono stati pubblicati numerosi studi, condotti sia in Europa che negli Stati Uniti, con l’obiettivo di valutare l’esposizione del personale ospedaliero ai farmaci citotossici.
Questi studi comprendono misure di contaminazione ambientale e superficiale, oltre all’analisi della concentrazione di farmaci rilevabile nelle urine del personale coinvolto nella preparazione di farmaci citotossici e/o nella loro somministrazione ai pazienti.
Nonostante i miglioramenti delle politiche di sicurezza, alcune attività ripetute ogni giorno dagli operatori sanitari nelle farmacie e nelle aree cliniche sono ancora considerate nocive (es. la ricostituzione di farmaci in polvere o liofilizzati e la somministrazione di forme liquide di farmaci pericolosi).
L’esposizione del lavoratore a questi agenti è un problema persistente. È importante, perciò, conoscere l’esposizione occupazionale potenziale ai farmaci antineoplastici e, dato il loro alto livello di pericolosità sulla salute dei professionisti sanitari che li manipolano, compiere tutti gli sforzi possibili per ridurre o eliminare l’esposizione a questi farmaci.
Lo studio
Lo studio pubblicato sulla Rivista Bollettino Sifo ha valutato la riduzione di contaminazione residua di tre chemioterapici all’interno dell’Unità di Farmaci Antiblastici (UFA) dell’Ospedale Civico di Palermo dopo l’introduzione di un Dispositivo di Trasferimento a Circuito Chiuso (CSTD).
Ad essere valutati sono stati i livelli di cis-platino, ciclofosfamide, 5-fluorouracile in due fasi dello studio: prima, durante l’utilizzo di un sistema ventilato e, successivamente, con l’introduzione di un CSTD.
Dispositivo di Trasferimento a Circuito Chiuso (CSTD)
Un Dispositivo di Trasferimento a Circuito Chiuso è un dispositivo ermetico, a tenuta stagna, che meccanicamente impedisce la fuoriuscita di farmaci pericolosi e contaminanti nell’ambiente esterno, riducendo al minimo l’esposizione individuale e ambientale ai vapori contenenti farmaco, aerosol e sversamenti di liquido contaminante.
Nello studio è stato utilizzato un CSTD costituito da tre componenti principali:
- il Protector (che si aggancia al flacone del farmaco in maniera definitiva ed è provvisto di camera per equalizzare la pressione)
- l’Injector (che si aggancia alla siringa)
- il Connector o l’Infusion Adapter (per l’accesso alle sacche di soluzione salina o alla linea infusionale del paziente).
Tutte le componenti del sistema dispongono di un incastro a baionetta al cui interno è presente una membrana in elastomero termoplastico (TPE). Quando le membrane di due distinti componenti del sistema si combinano, formano una doppia membrana di connessione che crea un sistema completamente chiuso e asciutto alla disconnessione.
Risultati
Sono stati raccolti ed analizzati 52 campioni provenienti dalla UFA dell’Ospedale Civico di Palermo.
Con l’utilizzo di tecniche di preparazione standard, rispettivamente il 100%, 70% e 50% dei campioni analizzati sono risultati positivi per cis-platino, ciclofosfamide, 5-fluorouracile, mentre con l’uso di un CSTD sono risultati positivi rispettivamente il 40%, 0% e 0%. Da qui si evince che, dopo l’introduzione di un CSTD, è stata rilevata una riduzione significativa della contaminazione per tutti e tre i farmaci chemioterapici considerati in ogni superfice controllata.
Si evince, perciò, che l’utilizzo di Dispositivi di Trasferimento a Circuito Chiuso ridurrebbe notevolmente la contaminazione ambientale e, di conseguenza, la potenziale esposizione del personale sanitario a questa tipologia di farmaci.
È necessario, comunque, sottolineare i seguenti punti:
¦ I dispositivi di trasferimento del farmaco a circuito chiuso non sostituiscono le cappe.
¦ Esistono evidenze derivate da numerosi studi sulla possibile riduzione, grazie all’utilizzo di questi dispositivi, della contaminazione in fase di allestimento.
¦ Ulteriori evidenze, però, suggeriscono che, se usati in modo improprio, tali dispositivi possono diventare aperti rispetto all’ambiente; è quindi importate che tali strumenti siano utilizzati da personale specificatamente formato.
¦ Sono richiesti ulteriori studi per valutare questa possibilità.
da:
Sistema chiuso vs Sistema ventilato
per la protezione degli operatori sanitari:
l’esperienza dell’Ospedale Civico di Palermo
Paolo Amari,1 Silvana Bavetta,1 Grazia Maria Giovanna Palazzolo,1 Francesco Cimò,1 Patrizia Marrone2
1Dirigente Farmacista, Ospedale Civico di Palermo
2Direttore UOC Farmacia, Ospedale Civico di Palermo
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