Coronavirus. Ecco i farmaci per la cura del Covid, ad oggi conosciuti ed efficaci
Oltre ad una fondamentale vaccinazione della popolazione mondiale, l’altra parte della medaglia nella sconfitta del Coronavirus, sono le terapie farmacologiche a disposizione, tenendo bene a mente il concetto che l’uso dell’uno non deve escludere o sostituire l’altro.
Per i principali farmaci utilizzati contro Covid-19, presentiamo di seguito le informazioni aggiornate in ordine cronologico, per ricostruire il percorso delle scoperte mediante le prove di efficacia e sicurezza che si rendono a mano a mano disponibili.
Giugno 2021:
Favipiravir
Favipiravir è un antivirale usato in Giappone per trattare forme di influenza causate da virus influenzali nuovi o riemergenti, quando gli altri antivirali sono inefficaci. Per valutarne l'efficacia e la sicurezza nel trattamento di pazienti adulti con COVID-19 è stato autorizzato nel 2020 uno studio multicentrico e multinazionale, di fase 3, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo.
Favipiravir possiede un'elevata utilità per il trattamento di pazienti con COVID-19.
Per quanto riguarda l’efficacia e la sicurezza, è stata condotta una revisione sistematica degli studi pubblicati che riportano l'efficacia di favipiravir contro COVID-19.
Dalla ricerca è emerso che Favipiravir induce la clearance virale entro 7 giorni e contribuisce al miglioramento clinico entro 14 giorni. I risultati hanno indicato che favipiravir ha una forte possibilità per il trattamento di COVID-19, specialmente nei pazienti con malattia da lieve a moderata.
Tofacitinib:
Tra i pazienti ricoverati con polmonite da Covid-19, tofacitinib ha ridotto il rischio di morte o insufficienza respiratoria fino al giorno 28 rispetto al placebo.
E’ un medicinale per il trattamento di adulti affetti da artrite reumatoide, una malattia che causa l’infiammazione delle articolazioni, da moderata a grave e da artrite psoriasica.
Nello studio condotto su un totale di 289 pazienti randomizzati in 15 centri del Brasile. Complessivamente, l'89,3% dei pazienti ha ricevuto glucocorticoidi durante il ricovero. L'incidenza cumulativa di morte o insufficienza respiratoria fino al giorno 28 è stata del 18,1% nel gruppo tofacitinib e del 29,0% nel gruppo placebo (rapporto di rischio, 0,63; intervallo di confidenza al 95% [CI], da 0,41 a 0,97; P=0,04). La morte per qualsiasi causa fino al giorno 28 si è verificata nel 2,8% dei pazienti del gruppo tofacitinib e nel 5,5% di quelli del gruppo placebo (rapporto di rischio, 0,49; IC 95%, 0,15-1,63). Eventi avversi gravi si sono verificati in 20 pazienti (14,1%) nel gruppo tofacitinib e in 17 (12,0%) nel gruppo placebo. Tra i pazienti ricoverati con polmonite da Covid-19, tofacitinib ha ridotto il rischio di morte o insufficienza respiratoria fino al giorno 28 rispetto al placebo.
Tocilizumab (approvato da AIFA)
Tocilizumab è stato inserito nell’elenco dei farmaci di cui alla L. 648/96 per il trattamento di soggetti adulti ospedalizzati con COVID-19 grave e/o con livelli elevati degli indici di infiammazione sistemica, in condizioni cliniche rapidamente ingravescenti.
Il razionale di utilizzo del TCZ nei pazienti complessi con infezione da SARS-CoV-2 si basa sulla capacitaÌ€ di bloccare il recettore dell’IL-6 (IL-6R), impedendo cosiÌ€ gli effetti dell’attivazione della cascata pro- infiammatoria.
IL-6 rappresenta il target di una potenziale strategia terapeutica nel trattamento dei casi gravi e critici di pazienti affetti da COVID-19. L'infezione da SARS-CoV-2 induce una risposta immunitaria dell'ospite eccessiva e aberrante, associata a una sindrome da distress respiratorio acuto e, nella maggior parte dei pazienti critici, a una "tempesta di citochine" (aumento dei livelli plasmatici e tissutali di varie citochine che producono danno a lungo termine e fibrosi del tessuto polmonare). Numerosi studi hanno evidenziato una correlazione tra i livelli di IL-6 e una più veloce progressione della malattia da SARS-CoV-2 (Mojtabavi H et al. 2020). È stato ipotizzato che terapie che hanno come bersaglio le citochine coinvolte in questa aberrante risposta
infiammatoria (tra cui appunto IL-6) possano avere un importante ruolo terapeutico nel ritardare il danno polmonare nei pazienti affetti da infezione da SARS-CoV2.
In una meta-analisi prospettica di 27 studi randomizzati, pubblicata sulla rivista Jama, che include 10930 pazienti, di cui 2565 deceduti entro 28 giorni, è merso che la mortalità per tutte le cause a 28 giorni è stata inferiore tra i pazienti che hanno ricevuto antagonisti del recettore dell'IL-6 rispetto a quelli che hanno ricevuto le cure standard o placebo (somma degli odds ratio, 0,86). Gli odds ratio riassuntivi per l'associazione del trattamento con antagonisti dell'IL-6 con la mortalità per tutte le cause a 28 giorni erano 0,78 con somministrazione concomitante di corticosteroidi vs 1,09 senza somministrazione di corticosteroidi.
Luglio 2021
Sotrovimab: ok del Ministero al nuovo anticorpo monoclonale
In seguito alle valutazioni della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA sulle evidenze scientifiche, i profili di efficacia e di sicurezza, il Ministro della salute firma il decreto per l’autorizzazione alla temporanea distribuzione dell'anticorpo monoclonale Sotrovimab.
Bamlanivimab più Etesevimab per Covid-19
In uno studio di fase 3 che ha coinvolto 1035 pazienti ambulatoriali ad aumentato rischio di Covid-19 grave, coloro che hanno ricevuto i due anticorpi monoclonali diretti contro SARS-CoV-2 hanno avuto una significativa riduzione della carica virale e un'incidenza significativamente inferiore di progressione verso una malattia grave, rispetto a coloro che hanno ricevuto placebo.
Ivermectina nei pazienti con infezione SARS-CoV2 iniziale, asintomatica o paucisintomatica
Attualmente le prove sull'efficacia e la sicurezza dell'ivermectina per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 e il trattamento di COVID-19 sono contrastanti.
Lo studio Randomized, Double-blind, Multi Centre Phase II, Proof of Concept, Dose Finding Clinical Trial on Ivermectin for the early Treatment of COVID-19. COVER (COVid iVERmectin), di cui il promotere è IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Negrar di Valpolicella (Verona), ha come obiettivo valutare se l'ivermectina, somministrata alla dose di 600 mcg/kg o 1200 mcg/kg una volta al giorno per cinque giorni consecutivi è sicura nei pazienti con infezione SARS-CoV2 iniziale, asintomatica o paucisintomatica e se, somministrata al dosaggio trovato sicuro, riduce la carica virale di SARS-CoV2 al 7 ° giorno. L'ivermectina, un vecchio farmaco utilizzato per una vasta gamma di infezioni parassitarie e, in anni più recenti, con più ampie potenziali indicazioni, si è dimostrata efficace nel ridurre la carica virale del 99,98% in 48 ore in cellule coltivate in vitro infettate da SARS-CoV2.
Agosto 2021:
Sotrovimab – approvazione AIFA
Approvazione con autorizzazione alla temporanea distribuzione dell'anticorpo sotrovimab che ha dimostrato un favorevole rapporto beneficio/rischio anche nei confronti delle principali varianti circolanti di SARS-CoV-2. Questo anticorpo si aggiunge agli altri già disponibili (bamlanivamb/etesevimab e casirivimab/imdevimab).
Inoltre, sono stati valutati i risultati dello studio clinico internazionale RECOVERY che ha mostrato il beneficio in termini di mortalità e riduzione del rischio di progressione della malattia (ricorso alla ventilazione meccanica o morte) del trattamento con casirivimab e imdevimab nei pazienti adulti ospedalizzati per COVID-19, anche in ossigenoterapia convenzionale (non ad alti flussi e non in ventilazione meccanica), e con sierologia negativa per gli anticorpi IgG anti-Spike di SARS-CoV-2. L’Agenzia ha quindi deciso di estendere il possibile utilizzo della combinazione casirivimab/imdevimab in questa sottopopolazione.
Nel comunicato AIFA specifica che - in considerazione dello scenario epidemiologico di prevalenza delle varianti di SARS-CoV-2, rapidamente mutato nelle ultime settimane, si richiama l’attenzione sul fatto che gli anticorpi monoclonali anti-SARS-CoV-2 attualmente disponibili, pur presentando indicazioni d’uso sovrapponibili, si differenziano tra di loro, sulla base di recenti evidenze di letteratura, per capacità di neutralizzare le diverse varianti circolanti. Tutti gli anticorpi anti-SARS-CoV-2 disponibili in Italia (bamlanivamb/etesevimab, casirivimab/imdevimab e sotrovimab) mantengono una adeguata attività antivirale nei confronti delle varianti alfa (lignaggio B.1.1.7) e delta (lignaggio B.1.617.2), mentre l’attività neutralizzante della combinazione bamlanivamb/etesevimab, differentemente dagli altri anticorpi monoclonali disponibili (casirivimab/imdevimab e sotrovimab), è fortemente inibita nei confronti delle varianti beta (B.1.351) e gamma (P.1). Pertanto, nelle aree geografiche in cui è presente una circolazione delle varianti beta e gamma, si suggerisce di utilizzare gli anticorpi monoclonali (casirivimab/imdevimab e sotrovimab) efficaci contro tutte le varianti oppure far precedere l’inizio della terapia dalla genotipizzazione/sequenziamento.
Anakinra
Anakinra, è la forma ricombinante, prodotta con tecniche di biologia molecolare, di una molecola che tutti noi possediamo, detta antagonista recettoriale di interleuchina 1 (IL-1). Agisce in modo selettivo bloccando l'azione di IL-1, una piccola molecola che ha un importante effetto infiammatorio. Per causare l'infiammazione, IL-1 deve legarsi al suo recettore; Anakinra agisce impedendo il legame dell'IL-1 con il recettore.
La produzione di IL-1 aumenta nei pazienti affetti da svariate condizioni come le malattie autoinfiammatorie, fra cui le criopirinopatie, la febbre familiare mediterranea, la TRAPS (sindrome associata al recettore del fattore di necrosi tumorale), il deficit di mevalonatokinasi, l'artrite idiopatica giovanile sistemica, le pericarditi idiopatiche recidivanti.
Può rappresentare un'opzione di terapia antinfiammatoria sicura per ridurre il rischio di mortalità nei pazienti ricoverati in ospedale con polmonite COVID-19 da moderata a grave, specialmente in presenza di segni di iperinfiammazione come concentrazioni di CRP superiori a 100 mg/L.
Da una revisione sistematica è emerso che, la mortalità era significativamente inferiore nei pazienti trattati con anakinra (38 [11%] su 342) rispetto a quelli che ricevevano cure standard con o senza placebo (137 [25%] su 553). Il beneficio sulla mortalità era simile tra i sottogruppi indipendentemente dalle comorbilità (cioè diabete), dalle concentrazioni di ferritina o dalla PaO2/FiO2 al basale. In un'analisi di sottogruppi, anakinra è risultato più efficace nel ridurre la mortalità nei pazienti con concentrazioni di PCR superiori a 100 mg/L. Anakinra non è stato associato a un rischio significativamente aumentato di infezioni secondarie rispetto allo standard di cura.
AIFA, Bmj, Nemj, Cochrane, bliblioteca sanitaria Toscana, Jama, Ministero della Salute