Infermieri. Dimissioni: chi può non darle. Tutto quello che devi sapere se vuoi cambiare lavoro
Il Covid, ha per la prima volta, portato alla luce, il malessere vissuto dagli infermieri, la difficoltà a portare aventi una professione, diventata sempre più impegnativa e sempre meno retribuita, con carichi lavorativi importanti e grandi responsabilità.
Tutto questo ha fatto emergere un fenomeno fino a questo momento sconosciuto, quello delle Great Resignation, ovvero le grandi dimissioni, un vero e proprio esodo che ha aggravato ancora di più le carenze di organico decennali del nostro SSN.
In questo clima, anche la mobilità con la speranza di cambiare azienda, che si trovi più vicina a casa, è diventata una chimera; per questo gli infermieri sono sempre più costretti a dare la dimissioni
Vediamo quindi la normativa che le regole ed i termini di preavviso.
Sotto un profilo negoziale, le dimissioni hanno natura di atto unilaterale recettizio. Ciò significa che producono effetti dal momento in cui sono portate a conoscenza del destinatario, a prescindere dall’accettazione di quest’ultimo. Stante la natura recettizia, le dimissioni possono essere revocate dal dirigente solo se la parte che le ha ricevute, ossia l’azienda, accetta espressamente o tacitamente la relativa revoca, consentendo, quindi, l’eventuale prosecuzione del contratto.
Trattandosi di atto idoneo a estinguere il rapporto di lavoro, trova applicazione il principio generale di cui all’art. 2118 cod. civ. secondo cui le dimissioni volontarie, salvo che non ricorra una giusta causa, devono essere presentate rispettando un termine di preavviso stabilito dalla normativa contrattuale
Le dimissioni, nell’attuale contratto collettivo nazionale, sono regolate dall’articolo 72, che ne detta i termini di preavviso:
In tutti i casi in cui il presente contratto prevede la risoluzione del rapporto con preavviso o con corresponsione dell'indennità sostitutiva dello stesso i relativi termini sono fissati come segue:
a) 2 mesi per dipendenti con anzianità di servizio fino a 5 anni;
b) 3 mesi per dipendenti con anzianità di servizio fino a 10 anni;
c) 4 mesi per dipendenti con anzianità di servizio oltre 10 anni.
In caso di dimissioni del dipendente i termini di cui al comma 1 sono ridotti alla metà.
I termini di preavviso decorrono dal primo o dal sedicesimo giorno di ciascun mese.
La parte che risolve il rapporto di lavoro senza l’osservanza dei termini è tenuta a corrispondere all’altra parte un’indennità pari all’importo della retribuzione spettante per il periodo di mancato preavviso. L’Azienda o Ente ha diritto di trattenere su quanto eventualmente dovuto al dipendente, un importo corrispondente alla retribuzione per il periodo di preavviso da questi non dato, senza pregiudizio per l’esercizio di altre azioni dirette al recupero del credito.
E’ in facoltà della parte che riceve la comunicazione di risoluzione del rapporto di lavoro di risolvere il rapporto stesso, sia all’inizio, sia durante il periodo di preavviso, con il consenso dell’altra parte.
L’assegnazione delle ferie non può avvenire durante il periodo di preavviso.
Il periodo di preavviso è computato nell’anzianità a tutti gli effetti.
La normativa a tutela della maternità prevede un’eccezione alla regola generale del preavviso, stabilendo che la lavoratrice non è tenuta a fornire il preavviso se le dimissioni avvengono dopo l’inizio della gravidanza ed entro il primo anno di vita del bambino (v. art 55 del D.lgs. n. 151/2001). In tal caso, le dimissioni, per essere efficaci, dovranno essere convalidate presso l’ispettorato del lavoro territorialmente compente.
Ugualmente, non è necessario dare alcun preavviso, se il recesso dell’infermiere avviene una volta decorsa la metà del periodo di prova ed entro la scadenza di quest’ultimo (articolo 25 CCNL comparto sanità 2016-2018). In tale finestra temporale, infatti, le parti sono libere di recedere dal contratto senza dover rispettare alcuna tempistica.