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Si finge infermiere: svolta per la professione

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 23/06/2022 vai ai commenti

AttualitàProfessione e lavoroPunto di Vista

Finalmente ci siamo!

E’ il momento della svolta, quello che aspettavamo dal 1994, forse anche da prima e che in quasi 30 anni di tentativi nessuno era ancora riuscito a compiere.

Una svolta tradita da tutti, dallo stato, dagli organi di informazione, dai collegi diventati nel frattempo ordine e dai quali ancora ci aspettiamo quello scatto che finalmente faccia essere orgogliosi di essere infermieri.

Un evento, un segnale che liberasse la professione dai soliti stereotipi, primo fra tutti quello dell’infermierina succube del medico di turno.

O peggio ancora quello dell’infermiere che prende ordini dal medico, il famoso infermiere professionale, meglio ancora se paramedico.

 

Qualcuno sostiene che il prestigio di una professione passa solo ed esclusivamente dal valore dello stipendio che si porta a casa. Purtroppo neanche questa voce ha subito in 30 anni quello scatto che avrebbe potuto farci guadagnare rispetto e ammirazione; nonostante qualche buon segnale dal nuovo contratto, gli stipendi degli infermieri italiani continuano ad essere fanalino di coda delle classifiche europee.

 

Si è provato con la cultura. Dapprima con la pubblicazione di libri, uno su tutti “Infermieri (lavori socialmente inutili) Di David Conati e Barbara Fortelli Sonda 2002” che otto anni dopo l’abolizione del mansionario, facevano un ritratto dissacrante e ironico su una professione ancora in cerca della propria identità. Il cinema, non ha aiutato molto da questo punto di vista e nemmeno le ultime fiction purtroppo, ancora ancorate ad elementi di sudditanza che invece non si sono visti in molte serie televisive di origine anglosassone una tra tutte E.R., comunque tradotta in Italia col titolo “medici in prima linea” anziché con l’originale “Emergency Room” o pronto soccorso (sia mai che il pubblico italiano cominciasse a credere che quelli potevano essere anche gli infermieri dei loro ospedali); il piccolo schermo ha comunque avuto il merito di cominciare a parlarne. Sui cartoni animati non commentiamo.

Si è proseguito con i talk e le inchieste all’interno dei quali, in qualche raro momento di verità, si è ospitata la voce degli infermieri. Ancora troppo poco però. Via di cronaca nera allora ma nessun mito ne è nato al contrario di tanti altri delinquenti.

 

La strage seguita alla pandemia e le facce di chi stremato, ha cercato di salvare la vita centinaia di migliaia di italiani, finalmente sembrava avesse fatto entrare l’infermiere nella classifica dei professionisti meritevoli di rispetto, ammirazione e riconosciuto per la prima volta un prestigio sociale. Tempo due giorni e tornavamo ad essere nullafacenti insensibili con la divisa sporca di sugo.

 

Insomma, nulla di nulla da poter considerare finalmente punto di svolta, il quid mancante per arrivare sul podio del prestigio e trasformare la professione in qualcosa di appetibile.

Tutto questo fino a ieri, giornata da segnare nella storia, quando i notiziari hanno battuto questa notizia:

FALSO INFERMIERE SULL’AMBULANZA DEL 118: ASSUNTO CON LAUREA E TESSERINO FASULLI

Devo confessare che a questa notizia ho davvero esultato come fossi allo stadio. Lotte infinite, fiumi di parole e di inchiostro, battaglie sotto la pioggia, giornate di contrattazione, scioperi e manifestazioni mi sono immediatamente apparse del tutto inutili (scherzo se no mi ripudiano) al cospetto di questo cinquantenne di cui non compare il nome e che vorrei profondamente ringraziare.

Ringraziarlo perché lui, per la prima volta nella storia, ha davvero dimostrato cosa sia l’attaccamento alla divisa. Si, lui falso e truffatore pur di indossare la divisa meno amata di tutte, pur di rincorrere il sogno di indossarla, ha fatto, carte false, come si dice. Mi ricorda tanto il mito di un altro truffatore, Franck Abbagnale Jr., brillantemente raccontato nel film “prova a prendermi” che ha raccontato di quanto lustro e prestigio sociale godessero alcune figure professionali.

 

Ecco, la truffa di questo sedicente infermiere, perché di truffa si tratta e anche grave avendo probabilmente messo in pericolo la vita della gente e rubato, nella speranza che nessun assistito abbia o abbia avuto conseguenze dalle manovre eseguite da questo abusivo, voglio intenderla in maniera romantica, un modo per poter dire con orgoglio di essere infermiere se c’è qualcuno disposto a rischiare la galera pur di diventarlo.

Andrea Tirotto