Studio NurSind. Turno di notte. Meno infermieri ma si lavora come di giorno: aumento rischio errori
Nel turno di notte, il numero degli infermieri è sempre inferiore rispetto ai turni diurni e, questo perché si ritiene che le attività nel turno di notte implichino un carico lavorativo minore rispetto ai turni diurni. Ma è veramente così? Il NurSind, ha condotto uno studio, per valutare quale attività si svolgono di notte e le conseguenze tra la privazione del sonno e gli errori commessi dagli infermieri.
Secondo gli ultimi dati dichiarati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), sono almeno 134 milioni i pazienti che ogni anno sono vittime di eventi avversi che si verificano a causa della mancanza di sicurezza nelle prestazioni sanitarie e 2,6 milioni quelli muoiono per questo, ma la maggior parte di questi decessi sono evitabili.
Lo studio, condotto dalla dott.ssa Asta Maria Luisa e Dott.re Salvo Lo Presti, infermieri, per conto di NurSind, sindacato delle professioni infermieristiche, e pubblicato sulla rivista Professioni infermieristiche, aveva come l’obiettivo quello di indagare la relazione tra la privazione del sonno e gli errori nell’assistenza sanitaria al paziente, da parte del personale infermieristico che lavora nel turno di notte. Nel settore aeronautico ed in quello dei trasporti, gli studi condotti hanno rilevato come la privazione di sonno aumenti il rischio di errori. Poche le ricerche che hanno indagato l’assistenza notturna infermieristica.
Numero di ore e qualità del sonno hanno subito nel tempo delle trasformazioni, riflettendo i cambiamenti della società, oggi definita “Società 24 ore”: il sonno è diventato più breve, compatto e profondo. Alla brevità del sonno hanno contribuito, diverse sollecitazioni, tipiche di una società che non dorme mai. Una di queste sollecitazioni è costituita dal lavoro a turni e notturno, che spesso è organizzato secondo modalità che contrastano con le caratteristiche fisiologiche dell’uomo, determinando stanchezza, ma anche malattie e infortuni dei lavoratori.
Posto, che il turno notturno di lavoro, non può essere eliminato, è importante individuare le strategie per minimizzare le conseguenze negative di orari di lavoro e di vita innaturali.
Il turno di notte copre solo un terzo dell’assistenza globale ed è da sempre opinione comune che la notte implichi un carico lavorativo minore rispetto ai turni diurni, eppure dalla somministrazione della terapia, al disbrigo delle pratiche burocratiche, fino ai prelievi ematici mattutini, il turno notturno impegna il personale infermieristico, al quale si chiede una lucidità mentale e fisica, in linea con quella richiesta durante i turni diurni, ma con una differenza: lo stato psico- fisico di un infermiere che lavora di notte non è efficiente come quello di chi lavora di giorno.
In ambito sanitario, la sonnolenza del turno notturno produce tre grossi problemi di sicurezza:
(1)riduzione della vigilanza e aumento del rischio di sonno involontario con errori nella cura del paziente (Dorrian et al., 2006; Dorrian et al., 2008)
(2)aumento del rischio di infortuni sul lavoro e in itinere compresi gli incidenti automobilistici sul tragitto di ritorno a casa dal lavoro, (Folkard, Lombardi, & Spencer, 2006; Horwitz & McCall, 2004; Scott et al., 2007; Swanson, Drake,& Arnedt, 2012),
3) compromissione della salute dell’infermiere , assenze sul lavoro e aumento dei costi sanitari (Horwitz & McCall, 2004; Geiger-Brown, Lee, & Trinkoff, 2012; Geiger-Brown & Lipscomb, 2011).
Tre problematiche di grossa rilevanza, tanto che la stessa Joint commission ha espresso la sua preoccupazione per l’effetto che ha la fatica dell’infermiere sulla sicurezza del paziente, ed ha pubblicato un Sentinel Alert, in cui raccomanda a tutte le organizzazioni sanitarie di evitare il rischio di affaticamento notturno.
È stata condotta una ricerca della letteratura interrogando le banche dati PubMed e Cochrane limitando la selezione degli articoli agli ultimi 10 anni. Solo uno studio ha soddisfatto i parametri richiesti:“ Sleep Deprivation and Error in Nurses who Work the Night Shift” del 2014, di Arlene L. Johnson, il cui questionario è stato adattato alla realtà italiana e somministrato ad un campione di 41 mila infermieri, al quale hanno risposto in 3358.
RISULTATI
Il 94,7% dei rispondenti, durante il turno notturno, svolge attività ordinaria. Il 16,8 dei rispondenti ha commesso errori negli ultimi due turni notturni; nel 59,5 % dei casi è stato commesso un solo errore. La carenza di sonno (3-5 ore dormite nell’arco delle 24 ore del giorno che precede l’intervista) sembra determinare una maggiore frequenza di errori. Questa tendenza è particolarmente marcata presso gli infermieri impegnati nei reparti di area critica (23,9%). Anche il numero di notti, incide sulla propensione a commettere errori, con una frequenza di errore del 20,5%. La propensione a commettere errori è, piuttosto elevata per la classe di età più giovane (17,2%), tende a calare nella classe di età intermedia (15,8%), per poi aumentare di nuovo in corrispondenza della classe di età più anziana (17,6%).
Da quanto emerso, a commettere errori, sono stati solo il 16,8 % degli infermieri rispondenti. Un dato sicuramente sottostimato, che incontra il suo limite probabilmente nella reticenza ad ammettere di aver commesso degli errori, nonostante la totale anonimità dell’intervista. La sottostima del dato che si riferisce agli errori commessi assume maggiore valenza se analizziamo percezione e propensione degli infermieri rispondenti a commettere errori, che riguarda 7 infermieri su 10. Carenza di sonno, numero di notti, carena del personale e pianificazione del lavoro notturno tale da richiedere una lucidità mentale tipica delle ore diurne, concorrono ad aumentare propensione e percezione nel commettere errori.
In relazione agli effetti sulla salute e sulla performance lavorativa i turni incidono sul rischio di infortunio per il 15% nei turni pomeridiani e fino al 30% nei turni notturni. L'assistenza notturna è faticosa e impegnativa e può avere effetti negativi sulla qualità delle cure erogate, per questo le organizzazioni sanitarie dovrebbero sostenere gli infermieri sul piano dell'organizzazione dell'assistenza notturna, investendo su strategie per un'assistenza notturna sicura e di qualità, e che garantisca agli infermieri il minor impatto negativo possibile sulla qualità di vita e sulla sfera psico-fisica, aumentando il numero del personale infermieristico nel turno notturno - inoltre, concludono gli autori - servono precise strategie di age management, sostenute a livello direzionale, per contenere il più possibile gli effetti negativi del quadro generale attuale e a valorizzare le competenze che incrementano in quantità e in qualità con l’acquisizione dell’esperienza lavorativa, impiegandole come risorse preziose all’interno del sistema. La professione sanitaria in generale, e in particolare l’attività dell’infermiere, presenta alcune specificità: le attività comportano movimentazione manuale dei pazienti, dove spesso il rischio è significativo in ambito infortunistico, posture incongrue e fisse, prolungata e fissa stazione eretta, lavoro a turni e in orario notturno, in un contesto ad alta intensità emotiva dove lo stress e il deterioramento della capacità lavorativa sono sempre in agguato.
Asta, M. L., Lo Presti, S., Pasetti, P., & Bonazza, V. (2022). Il legame tra la privazione del sonno e gli errori commessi dagli infermieri durante il turno di notte. PROFESSIONI INFERMIERISTICHE, 75(2), 101–105. https://www.profinf.net/pro3/index.php/IN/article/view/1026
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