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Lesioni da pressione: esiti sensibili all’assistenza infermieristica o responsabilità organizzativa?

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 19/05/2025

Professione e lavoroStudi e analisi

 

Nel dibattito sulla qualità dell’assistenza infermieristica, le lesioni da pressione (LdP) continuano a essere al centro dell’attenzione. Ma oggi, alla luce dell’evoluzione clinica, organizzativa e tecnologica, è ancora corretto considerarle un esito sensibile all’assistenza infermieristica? A questa domanda cerca di rispondere lo studio firmato da Federica Riva-Rovedda, Elena Viottini, Elena Casabona, Chiara Bova, Daniela Berardinelli e Silvia Gonella, pubblicato nell’ambito del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università di Torino e del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’Università di Roma Tor Vergata.

Un indicatore sotto esame

Fin dagli anni Ottanta, le LdP sono state annoverate tra gli esiti sensibili all’assistenza infermieristica, vale a dire quelle condizioni cliniche che riflettono direttamente la qualità e l’efficacia delle cure infermieristiche. La logica è semplice: una mobilizzazione inadeguata, la mancata valutazione del rischio o l’assenza di interventi preventivi possono condurre allo sviluppo di LdP. Tuttavia, questa visione oggi appare riduttiva.

Fattori multifattoriali e responsabilità condivise

Le autrici evidenziano come le LdP siano il risultato di fattori complessi, sia intrinseci (età, comorbilità, malnutrizione) che estrinseci (attrito, umidità, presenza di dispositivi). In molti contesti, come la terapia intensiva, l’oncologia o l’ortopedia, il rischio è elevato a prescindere dalla qualità dell’assistenza, a causa della gravità clinica dei pazienti.

Il contributo infermieristico è centrale, ma non esclusivo. La prevenzione efficace richiede un’azione coordinata dell’intera équipe assistenziale: infermieri, OSS, fisioterapisti, medici, dietisti. Di fronte a un evento complesso, parlare solo di “esito infermieristico” rischia di semplificare eccessivamente la questione.

Incidenza, prevalenza e interpretazioni errate

Altro nodo critico sollevato dallo studio riguarda la misurazione: i dati di prevalenza non distinguono tra LdP presenti al ricovero e quelle insorte successivamente, mentre l’incidenza – se letta senza contestualizzare – può riflettere non solo un’assistenza carente, ma anche un’utenza a rischio più elevato. Per questo le autrici propongono di distinguere le lesioni da postura da quelle da device e adottare un approccio orientato al tracciamento dell’intero percorso assistenziale.

Evitabilità: un concetto chiave

Il punto di svolta dell’analisi è il concetto di evitabilità. Una LdP è evitabile se, a fronte di un rischio identificabile, non sono state attuate le pratiche raccomandate. Ma se il contesto clinico – come un intervento chirurgico prolungato, la pronazione obbligata o l’instabilità emodinamica – impedisce l’applicazione delle misure preventive, allora la lesione non può essere imputata alla sola assistenza infermieristica. Lo stesso vale per pazienti terminali o in condizioni gravemente compromesse.

Studi italiani citati nel lavoro mostrano che tra il 19% e il 76% delle LdP possono essere considerate inevitabili, un dato che mette in crisi l’equazione automatica tra comparsa di lesione e carenza assistenziale.

Dall’indicatore alla riflessione sistemica

Secondo Riva-Rovedda e colleghe, è tempo di superare le rilevazioni massive di prevalenza ospedaliera e adottare invece una logica di evento sentinella: ogni nuova LdP andrebbe analizzata in dettaglio, ricostruendo il processo assistenziale e valutando se siano state rispettate tutte le condizioni per una buona assistenza. In questo modo, si può determinare se la lesione sia davvero “sensibile” all’agire infermieristico o se indichi un problema più ampio, di tipo organizzativo o sistemico.

Un cambio di paradigma

Le autrici non negano il ruolo dell’infermiere nella prevenzione delle LdP, ma propongono un cambiamento di paradigma: per definire una LdP come esito sensibile all’assistenza, è necessario valutare se l’infermiere abbia avuto gli strumenti, il tempo e il supporto organizzativo per agire correttamente. Solo in queste condizioni, e in caso di omissioni, si potrà parlare di responsabilità infermieristica. In caso contrario, la lesione diventa un indicatore critico dell’intero sistema.

Un messaggio chiaro: non basta contare le lesioni. Bisogna capire perché accadono.

 

da: Riva-Rovedda F, Viottini E, Casabona E, Bova C, Berardinelli D, Gonella S. Le lesioni da pressione possono ancora essere considerate un esito sensibile all’assistenza infermieristica? Assist Inferm Ric2025;44(1):24-28. doi 10.1702/4470.44682