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DAT, suicidio assistito ed eutanasia. Facciamo chiarezza su cosa è legale e cosa no

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 24/07/2025

Leggi e sentenzeProfessione e lavoro

 

Tra tutele individuali, vuoti normativi e battaglie civili, il quadro italiano sul fine vita è ancora parziale e disomogeneo. Ecco cosa è possibile fare legalmente, e cosa no.

 

In Italia, parlare di fine vita significa entrare in un campo dove diritto, medicina, etica e libertà personale si intrecciano. La recente vicenda della giornalista umbra Laura Santi ha riportato l’attenzione su una questione ancora poco definita e spesso controversa. Santi, 50 anni, affetta da una forma avanzata e progressiva di sclerosi multipla, ha scelto di ricorrere al suicidio assistito, autosomministrandosi un farmaco letale.

Ma al di là delle emozioni e delle opinioni, cosa dice la legge? Quali scelte può compiere oggi un cittadino che non vuole arrivare alla fine dei propri giorni privo di controllo, dignità o voce in capitolo?

Tre sono gli strumenti principali che toccano questo tema: le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT), il suicidio medicalmente assistito e la eutanasia attiva. Ma solo uno è pienamente regolato da una legge. Gli altri vivono in un limbo giuridico fatto di sentenze, interpretazioni e ostacoli burocratici.

Le DAT: libertà anticipata

L’unico strumento chiaramente normato è la DAT, introdotta dalla Legge 219 del 2017. Si tratta di un documento in cui ogni cittadino maggiorenne e capace di intendere e volere può mettere nero su bianco cosa accetta o rifiuta in termini di trattamenti sanitari futuri, per il caso in cui un giorno non sia più in grado di esprimersi.

Il modulo può includere il rifiuto di nutrizione artificiale, rianimazione, ventilazione meccanica, e anche indicazioni sulle cure palliative o convinzioni personali da rispettare. La DAT può essere redatta tramite atto notarile o depositata presso il Comune. È sempre modificabile o revocabile.

Si tratta di un importante strumento di autodeterminazione, anche se poco conosciuto: secondo dati ministeriali, meno del 2% della popolazione italiana ne ha redatta una.

 

1. Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT)

Status legale: pienamente legale in Italia

Normativa di riferimento

  • Legge n. 219/2017, art. 4: “Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento”.

Scopo

Permette a ogni persona maggiorenne, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, di esprimere per iscritto:

  • il proprio consenso o rifiuto a determinati trattamenti sanitari;

  • le proprie convinzioni e preferenze in materia di salute, cure, qualità della vita e fine vita;

  • l’indicazione di un fiduciario che ne rappresenti la volontà.

Come si redige

  • Deve essere in forma scritta, datata e sottoscritta.

  • Le modalità previste:

    1. Scrittura privata consegnata personalmente presso l’Ufficio di Stato Civile del Comune di residenza.

    2. Scrittura privata autenticata da notaio o pubblico ufficiale.

    3. Presso strutture sanitarie pubbliche (ove previsto a livello regionale).

    4. In caso di impossibilità fisica a firmare, si può usare un videomessaggio o dispositivi alternativi (previa convalida legale).

Contenuto possibile

  • Rifiuto di trattamenti come rianimazione, nutrizione e idratazione artificiale, ventilazione meccanica, dialisi.

  • Indicazioni sulle cure palliative.

  • Scelte religiose, etiche, culturali da rispettare.

Modifiche e revoca

  • Possono essere modificate o revocate in qualsiasi momento con le stesse modalità della redazione.

Limiti

  • I medici devono rispettarle, salvo casi eccezionali in cui:

    • emergano nuove terapie non prevedibili al momento della redazione;

    • vi siano motivi etici o clinici giustificati (che vanno comunque documentati).

Suicidio assistito: un diritto condizionato

Diversa la situazione per il suicidio medicalmente assistito, reso possibile da una sentenza della Corte Costituzionale (n. 242/2019), seguita dal caso noto come Cappato–Dj Fabo. La Corte ha stabilito che, in casi particolari, aiutare qualcuno a morire non è reato.

Per essere ammesso, il suicidio assistito richiede la contemporanea presenza di quattro condizioni:

  1. Il paziente deve essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.

  2. Deve soffrire di una patologia irreversibile.

  3. Deve sperimentare sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili.

  4. Deve essere capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

Il percorso prevede una richiesta alla ASL, la verifica medica dei requisiti, il parere di un Comitato Etico e l’organizzazione da parte del sistema sanitario per permettere l’assunzione autonoma del farmaco.

Il problema? Non esiste una legge nazionale che ne disciplini concretamente l’accesso. Alcune Regioni – tra cui Emilia-Romagna, Toscana e Marche – hanno introdotto procedure locali, mentre in molte altre aree del Paese l’iter si blocca per mancanza di risposte dai comitati etici o per obiezione di coscienza non regolamentata. Spesso serve l’intervento di un giudice.

 

Suicidio Medicalmente Assistito

Status legale: ammissibile in casi molto specifici

Normativa di riferimento

  • Sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale (caso Cappato-Dj Fabo).

  • Integrazione con sentenza n. 50/2022.

  • Art. 580 c.p. ("istigazione o aiuto al suicidio"): rimane valido, ma non si applica nei casi che rispettano i requisiti fissati dalla Corte.

Distinzione importante

  • Il suicidio assistito non è "eutanasia": il paziente assume autonomamente il farmaco letale, nessun altro somministra.

Requisiti stabiliti dalla Corte

Il paziente deve essere:

  1. Tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale (es. ventilazione, nutrizione artificiale, dialisi).

  2. Affetto da una patologia irreversibile.

  3. In condizioni di sofferenza fisica o psicologica intollerabile.

  4. Capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

Percorso operativo (basato su pronunce e linee guida regionali)

  1. Il paziente presenta richiesta formale al medico o alla ASL.

  2. Il medico acquisisce la documentazione clinica, valuta la presenza dei 4 requisiti.

  3. Se i requisiti sono presenti, si attiva il Comitato Etico Territoriale (entro 20 giorni).

  4. Il Comitato dà parere sulla procedura, che include:

    • consenso informato;

    • possibilità di cure palliative;

    • alternative terapeutiche.

  5. Se approvato, si organizza il percorso con il SSN per fornire il farmaco letale, da autoadministrare.

  6. Il tutto avviene senza responsabilità penale per medici, infermieri o chi supporta logisticamente.

Applicazione reale

  • Non esiste ancora una legge organica nazionale.

  • Alcune Regioni hanno adottato linee guida su ordine del TAR o su spinta civile:

    • Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte, Marche, Umbria, Abruzzo.

  • I tempi e le modalità possono variare da ASL ad ASL.

Ostacoli

  • In molte ASL i Comitati Etici non rispondono entro i termini.

  • Obiezione di coscienza non regolata chiaramente.

  • Spesso sono necessarie azioni legali per sbloccare l’iter.

Eutanasia attiva: il muro del Codice Penale

Ben più netto è il divieto sull’eutanasia attiva, ovvero quando un medico, su richiesta del paziente, somministra direttamente una sostanza letale. In Italia è tuttora vietata dall’articolo 579 del Codice Penale, che punisce con la reclusione da sei a quindici anni chi causa la morte di una persona, anche con il suo consenso.

Nel 2022 la Corte Costituzionale ha bloccato il referendum che puntava a depenalizzare parzialmente questo reato, giudicando troppo ampio il rischio di vuoti di tutela per le persone vulnerabili. Anche un tentativo parlamentare di regolamentare l’eutanasia si è arenato senza mai arrivare al voto finale.

 

3. Eutanasia attiva

Status legale: vietata

Normativa di riferimento

  • Articolo 579 c.p. – Omicidio del consenziente:

    • Punisce con la reclusione da 6 a 15 anni chi cagiona la morte di una persona con il suo consenso.

    • Non c’è esenzione, anche se la richiesta è lucida e reiterata.

Che cos’è l’eutanasia attiva

  • È l’atto medico diretto che provoca la morte del paziente (es. iniezione letale).

  • In Italia è equiparata all’omicidio, anche se il paziente chiede espressamente di morire.

Differenza chiave

Tipo Chi causa la morte Legale?
Suicidio assistito Il paziente In casi limitati
Eutanasia attiva Il medico Vietata

Tentativi di riforma bloccati

  • Referendum Eutanasia Legale (promosso nel 2021): dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale nel 2022 perché avrebbe cancellato anche tutele minime.

  • Proposta di legge in Parlamento (2022): mai votata in via definitiva.

 

 

Sintesi finale

Tema Legale? Base legale Accesso pratico
DAT Legge 219/2017 Atto scritto, Comune o notaio
Suicidio assistito Sì, ma solo con 4 requisiti Sent. Corte Cost. 242/2019 Medico → ASL → Comitato Etico
Eutanasia attiva No Art. 579 c.p. Punita come omicidio

Il nodo politico e civile

La questione del fine vita resta sospesa tra l’iniziativa delle Regioni, le battaglie di associazioni come l’Associazione Luca Coscioni, i ricorsi individuali e l’inerzia del Parlamento.

La Corte Costituzionale ha chiaramente indicato che serve una legge. Ma finora nessuna forza politica è riuscita – o ha voluto – raccogliere questa sfida. Nel frattempo, i malati che vogliono scegliere liberamente come e quando morire devono muoversi tra sentenze, burocrazia e, spesso, spese legali.

Un paese a metà

L’Italia, oggi, è un paese dove:

  • si può pianificare la fine vita in anticipo, con le DAT;

  • si può, in casi molto gravi, accedere al suicidio assistito, ma solo dopo un iter lungo e incerto;

  • non si può chiedere a un medico di porre direttamente fine alle proprie sofferenze, nemmeno se si è lucidi e consenzienti.

La libertà di morire con dignità resta un diritto ancora a geometria variabile, con troppe differenze tra territori, troppi silenzi legislativi e troppo spazio lasciato alle scelte individuali di singoli medici o comitati.

Nel frattempo, il tempo scorre. Per molti pazienti, troppo lentamente.